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Muore Piovanelli, il cardinale cappellano

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Vatican Insider - pubblicato il 09/07/16
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È morto nella notte il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze dal 1983 al 2001. Era malato da tempo ed era stato sottoposto ad alcuni interventi chirurgici. Aveva 92 anni. Nato a Ronta di Mugello, figlio di un imbianchino e di una lavandaia, compagno di seminario di don Lorenzo Milani, ordinato prete nel 1947, aveva ricevuto come primo incarico dal cardinale Elia dalla Costa quello di vicario cooperatore di don Giulio Facibeni, il pievano di Rifredi, fondatore dell’opera della Divina Provvidenza «Madonnina del Grappa». Sono i primi anni del dopoguerra e Piovanelli si trova di fronte ai gravi problemi di una vasta e complessa comunità parrocchiale, nella periferia industriale di Firenze, che si stava sviluppando e strutturando intorno a due grandi fabbriche.

Nell’ottobre 1948 assume un incarico destinato a segnare la sua vita: a fianco di don Enrico Bartoletti, per dodici anni, come vice-Rettore del Seminario minore. Sono stati gli anni di Giorgio La Pira, di Nicola Pistelli, di don Raffaello Bensi, gli anni intensi e fecondi del pre-Concilio. Nel 1960 Piovanelli diventa preposto di Castelfiorentino, un grande centro dell’estrema periferia della diocesi, ai confini con Volterra e Siena, con una lunga tradizione di vigoroso impegno politico fortemente ideologizzato, dove, nell’immediato dopoguerra, tensioni violente e un risorgente anticlericalismo avevano provocato lacerazioni profonde nel tessuto sociale e religioso. Don Silvano riesce a sensibilizzare la comunità cristiana per fa sì che si assuma le proprie responsabilità. Nasce così nella diocesi di Firenze il primo esperimento di conduzione pastorale comunitaria: il primo consiglio pastorale parrocchiale che si occupa non solo di problemi pastorali specifici, ma anche di quelli amministrativi.

Nel 1979, il cardinale Giovanni Benelli, da due anni arcivescovo di Firenze, lo chiama in Curia affidandogli l’incarico di Pro-Vicario e poi di Vicario Generale. Nel maggio 1982 diventa vescovo ausiliare. Per Benelli, toscano di nascita ma vissuto nelle nunziature in giro per il mondo e poi lungamente in Vaticano, Piovanelli è un aiuto indispensabile nel rapporto con il clero diocesano. Nell’autunno 1982 Benelli muore quasi improvvisamente. Giovanni Paolo II decide di affidare al vicario del cardinale la guida della diocesi. Piovanelli riceverà la berretta rossa nel concistoro del 1985. Da arcivescovo di Firenze, non volle mai nominare vescovi ausiliari per la sua diocesi, perché, diceva «il padre è solo uno».
 
Dal 2001 ha vissuto ritirato a Cercina, nella parrocchia della pieve romanica di Sant’Andrea ai piedi del monte Morello facendo il cappellano e in qualche caso persino improvvisandosi autista del parroco. L’età avanzata non gli ha impedito di imparare ad usare le nuove tecnologie, come sanno bene le suore che lo invitavano a tenere gli esercizi spirituali vedendoselo arrivare con tanto di slide in power point e chiavette USB in omaggio con i testi delle sue meditazioni.

Due anni fa Vatican Insider l’aveva intervistato. Per lui, la «conversione pastorale» chiesta da Papa Francesco, e l’invito ai vescovi perché vivano in mezzo alla gente e non da vip, era già realtà quotidiana. Merito anche dei diciannove anni da parroco, che Piovanelli ha vissuto agli estremi confini della diocesi, in una delle zone più anticlericali, nel Comune «più rosso d’Italia», Castelfiorentino, dove si è reso conto che la Chiesa non può creare ostacoli e imporre pedaggi eccessivi a chi chiede i sacramenti, anche se sembrano persone dalla fede incerta e lacunosa.

«Quello che ho imparato, l’ho imparato in parrocchia», confidava allora il cardinale. «Fare il parroco aiuta enormemente anche a fare il vescovo. Per me è stata una cattedra importante, il contatto con la gente, la scoperta quotidiana di tanta gente buona e santa. E testimonianze confortanti anche da chi era lontano e non frequentava la chiesa. Ricordo che quando ci fu l’alluvione del 1966, a Castelfiorentino rimase isolata la casa di riposo. Appena le acque si ritirarono, andammo a prendere gli anziani ricoverati. L’unico modo per non mandarli via era di accoglierli nelle case. Mi ricordo di uno che non veniva mai in chiesa, ma che accolse una coppia di vecchietti facendola dormire nel proprio letto, mentre lui e la moglie si erano sistemati sul divano. Spero che a quest’uomo capiti quello di cui parla il Vangelo di Matteo al capitolo 25: “Ma quando mai, Signore, t’abbiamo fatto questo?”. “Quella volta che tu mi mettesti a letto, nel tuo letto, e tu e tua moglie andaste a dormire sul divano”».

Il rischio dei vescovi con la «mentalità del principe», denunciato da Bergoglio, per Piovanelli «esiste, perché a volte certi modelli dell’autorità nel mondo finiscono per riflettersi anche nel modo di vivere l’autorità religiosa. Questo però – insiste il cardinale – non è Vangelo. Il Papa ci insegna che non dobbiamo metterci al di sopra e neppure alla pari, ma al di sotto, come ha fatto Gesù lavando i piedi. Tutti dobbiamo metterci in discussione e imparare sempre più a servire, non a difendere la nostra autorità». 

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