Individualisti e privi di una conoscenza dell’Islam autentico. Ma uccidono in nome di Allah. Ecco chi sono i rampolli del terrore
TRE EVENTI DECISIVI
Per comprendere l’intreccio di questi due fenomeni occorre tornare al 2005, anno “cerniera” in cui si collocano tre eventi decisivi: le rivolte nelle banlieue in Francia, che segnano «l’irruzione della generazione uscita dall’immigrazione postcoloniale come attore politico centrale»; la pubblicazione online de “L’appello alla resistenza islamica mondiale”, un testo dell’ideologo qaidista Abu Mus’ab al-Suri che «teorizza il terrorismo sul suolo europeo come principale vettore della lotta contro l’Occidente e identifica nella gioventù ‘male integrata’ il suo strumento privilegiato»; la nascita di Youtube e del web 2.0, che introduce nella galassia jihadista nuove forme di comunicazione e reclutamento.
Per alcuni anni, gli effetti della convergenza di questi tre fattori – disagio dei giovani musulmani, mutamento ideologico e ambiente tecnologico – rimangono latenti, fino a quando nel marzo del 2012, un giovane franco-algerino, Mohamed Merah, attacca prima quattro militari francesi, uccidendone tre, e poi assassina a sangue freddo tre bambini e un insegnante di una scuola ebraica di Tolosa. Secondo Kepel, quello che all’epoca sembra un episodio isolato è in realtà soltanto il preludio dell’ondata jihadista a venire.