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Da spogliarellista ad assistente sociale

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Jeffrey Bruno

KAREE SANTOS - pubblicato il 30/06/16

"Ho avuto una vita molto difficile, ma le vittorie hanno preso il posto delle sconfitte". La storia di Ruth è di grande ispirazione

Ruth Lafortune, con i suoi occhi profondi e i capelli alla Beyonce, mi accoglie a casa sua con un forte abbraccio. Le sue bambine giocano tranquillamente sul tappeto mentre noi parliamo di Good Counsel Homes, un’associazione cattolica che ha aiutato Ruth quando lei era al settimo mese di gravidanza, sola e senza sapere a chi altri potersi rivolgere.

La vita di Ruth prima di Good Counsel Homes non è stata affatto tutta rose e fiori. È cresciuta in “una famiglia pentecostale estremamente conservatrice”, terza di cinque figli. Sua madre “la picchiava, la feriva e le provocava ustioni”. Suo zio ha abusato di lei dai 4 fino ai 15 anni. Per tutta la sua infanzia Ruth ha “sempre pensato che la cosa peggiore al mondo fosse nascere donna”.

Da questa situazione difficile è nata la sua ribellione, che è stata quindi considerata la pecora nera della famiglia. A 20 anni è rimasta incinta di un uomo che ha poi scoperto essere sposato. Suo padre le diede un ultimatum: “O abortisci, o ti sposi, oppure vai via di casa”. Quella stessa settimana ha abbandonato la casa dei genitori.

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È quindi andata a vivere con un altro ragazzo di cui – dopo la nascita della prima figlia, Divon Jade – è immediatamente rimasta incinta. Ma lui era diventato “opprimente e violento”, la picchiava e non le permetteva di uscire di casa senza di lui. “È stato in quel momento che ho iniziato a pregare: ‘Dio, dimmi cosa fare’. E Lui mi ha detto di lasciare quel ragazzo. Ma avevo paura”.

Nel novembre 2010, a sette mesi e mezzo di gravidanza, è andata presso la sede di Good Counsel Homes a Spring Valley (Stato di New York). Era senza un lavoro, senza assicurazione sanitaria e non aveva ricevuto alcuna assistenza prenatale. Il team del Good Counsel ha aiutato Ruth ad ottenere la copertura medica con una procedura d’urgenza, incoraggiandola a richiedere l’assegnazione di buoni pasto.

Per Ruth è stato difficile adattarsi all’impostazione del Good Counsel, fatta di incarichi da svolgere, programmi quotidiani molto intensi, coprifuoco dalle 18. Ma le lezioni su “maternità, cucina e spiritualità hanno aiutato molto”. Ed è stato proprio alla Good Counsel che Ruth ha potuto finalmente venire a patti con la sua infanzia fatta di violenze. Comprendendo che gli abusi “non possono definire chi sono, ma soltanto ciò che mi è successo”.

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Ruth ricorda con affetto Pauline, una delle operatrici del Good Counsel. “Mi ha insegnato come cucinare… e come tapparmi la bocca”, ha detto Ruth ridendo. Quando nel febbraio 2011 è nata Soleil, la seconda figlia di Ruth, Pauline è stata con lei in ospedale.

Dopo la nascita di Soleil, Ruth è tornata nel centro di Spring Valley. Le altre residenti l’hanno trattata “come una sorella”. Hanno fatto i turni per svegliarsi alle 5 di mattina e, quando una madre si faceva la doccia, le altre madri guardavano i suoi bambini. “Siamo state molto unite” e “ci siamo prese cura l’una dell’altra”. Il personale ha anche offerto asilo nido gratuito alle madri lavoratrici.

Nonostante la grande assistenza di Good Counsel, “nessuno ci trattava da bambine”. Ruth ha così iniziato a sviluppare un senso di responsabilità, maturando l’idea che fosse sua la colpa della condizione di “ragazza madre disoccupata e con due bambini”. “Ho pensato che sarei dovuta uscire da quella situazione”.

“Prima del Good Counsel non ero mai stata una persona ambiziosa”, ha detto Ruth, ma “il Good Counsel insegna molte cose sulla vita e sul mondo. Ti spinge a volere di più”. Quando Soleil ha compiuto 3 anni, Ruth ha lasciato il centro. Era stata assunta come commessa di Victoria’s Secret,  ma lo stipendio non era sufficiente per pagare l’affitto. Ha iniziato quindi a lavorare come spogliarellista e come escort. L’uomo che ha sposato nel 2013 era proprio un suo ex cliente, che le ha poi “fatto cambiare vita”.

Nell’autunno del 2014 Ruth è andata al Suffolk County Community College. Ha subito sentito la voce di Dio chiamarla ad “aiutare le persone”. La sua risposta è stata immediata: “Dio, stai parlando con la persona sbagliata! … Ma se questa è la chiamata per me, devi essere Tu a realizzarla”. Ha quindi cambiato corso, optando per “assistenza sociale”. I suoi voti sono stati tra i più alti del corso.

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Ha poi iniziato a prestare servizio al Good Counsel. Il pensiero “No, no, no, non ho tempo per farlo!” era ricorrente, ma sentiva l’urgenza di Dio di lavorare da volontaria per il prossimo. Sua sorella Sophonie ha raccontato: “È così che Dio opera, non segue le nostra convenienze”. La prima volta che Ruth è andata a parlare con le ragazze madri del Good Counsel ha “pianto tanto, e anche loro hanno pianto. Hanno detto che io le davo speranza, le davo l’idea che tutto sarebbe andato per il verso giusto”.

Tirando le somme della propria vita fino a questo momento, Ruth è arrivata ad una conclusione che è di grande ispirazione: “Ho fallito molte più volte di quante non abbia avuto successo, ma posso dire che le vittorie hanno preso il posto delle sconfitte”. E, come dice il suo versetto preferito della Bibbia, “alla sera sopraggiunge il pianto, e al mattino ecco la gioia” (Salmo 29:6).

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Fotografie di Jeffrey Bruno presso la Fairway Studios NYC. Un ringraziamento speciale a Sofia DeBenedicta e Frank Lettieri Jr.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

Tags:
testimonianze di vita e di fede
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