«Questo attentato si inserisce in una serie di attentati che hanno colpito la Turchia e anche l’Europa in diverse città di primo piano. Dunque, c’è certamente una strategia di destabilizzazione, c’è certamente una volontà di imporsi all’attenzione da parte di queste organizzazioni terroristiche. Il problema di fondo – a mio parere – è molto grave e si può affrontare soltanto se si vincono queste spinte alla divisione, alla contrapposizione. Dobbiamo controbattere alle voci che insegnano l’odio verso gli altri, da qualunque parte esse vengano». E’ il commento rilasciato da monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico di Anatolia, ai microfoni di Radio vaticana.
Perché proprio la Turchia? «Il paese – ha spiegato Bizzeti – è un crocevia, è una nazione che è stata anche molto ospitale, che ha accolto molti rifugiati. La Turchia è un luogo in cui ci sono tante presenze, la Turchia sicuramente si trova coinvolta nelle vicende del Medio Oriente, essendo in prima linea, essendo a contatto stretto. Poi, certamente, ci sono anche delle divisioni all’interno…».
«Dobbiamo stringerci ancora di più, con affetto, – ha proseguito il vicario apostolico – a questa nazione. La gente è smarrita, perché fino a ieri la Turchia è stato un Paese tranquillo e ormai da molti anni… Io credo, però, che le reazioni delle persone non siano diverse da quelle che si respirano a Bruxelles, a Parigi. Ovunque la gente è smarrita, perché vede innalzarsi di nuovo muri, vede di nuovo contrapposizioni, ascolta le parole di queste persone che predicano la divisione, l’odio e la contrapposizione. Allora, dobbiamo capire che le vie della pace passano, prima di tutto, attraverso le parole quotidiane che vengono diffuse: se vogliamo entrare in un reale processo di pace, dobbiamo mettere in un cantone tutti coloro che predicano l’intolleranza, che predicano la mancanza id rispetto degli altri. La gente normale, anche in questo Paese, è convinta che la pace sia possibile. Tuttavia, purtroppo, molti sono i fattori che si sono accumulati in questi anni e che hanno portato a questa situazione, che adesso è un po’ fuori controllo. D’altra parte, non ci si può aspettare, facendo la guerra in alcuni Paesi del Medio Oriente, che poi non ci siano delle conseguenze. E io penso che tutti siamo coinvolti, in vario modo e a vario titolo, nelle guerre che hanno insanguinato il Medio Oriente negli ultimi anni».
Quanto all’aspetto delle forti ripercussioni economiche per un Paese che ha sempre fatto del turismo una importantissima voce del suo bilancio e alla conseguente strategia del governo che non intende divulgare troppo le drammatiche immagini, Bizzeti osserva: «Io credo che le ripercussioni sul turismo, ormai da un anno, un anno e mezzo, siano molto gravi, lo vediamo anche noi riguardo ai pellegrinaggi dei cristiani, che praticamente sono scomparsi. Tuttavia, questa propaganda della paura, questo terrorismo mediatico, fa il gioco dei terroristi. Per cui, io ritengo che effettivamente dobbiamo rispondere al terrorismo continuando a vivere la nostra vita quotidiana con serietà, con impegno, perché queste persone cercano una grande pubblicità per poter esercitare la loro attrattiva. Noi dobbiamo, invece, spingerli in un angolo e far capire che sono persone che non esprimono la volontà della gente, la volontà dei popoli. Per cui, ritengo opportuno che si distingua tra le notizie e quel ricamare sulle notizie che diffonde la paura. Con la paura non si vince il terrorismo!».