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Chi non ama Madre Teresa non è una gran brava persona

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Foto: AFP Photo

O Catequista - pubblicato il 28/06/16

La toccante testimonianza di un uomo che ha deciso di lasciare tutto per dedicare la sua vita ad aiutare Madre Teresa di Calcutta

Una piccola suora lavorava come insegnante in una scuola cattolica per ragazzine ricche, fino al giorno in cui nelle vie di Calcutta sentì il grido del Cristo assetato, affamato e malato. Dopo molte insistenze ricevette l’autorizzazione per fondare un nuovo ordine, e, sola, lasciò una vita ragionevolmente confortevole e sicura per vivere tra i più poveri dei poveri.

A poco a poco si unirono a lei delle ex allieve, che divennero le prime Missionarie della Carità. Madre Teresa cercava Gesù nei luoghi in cui non Lo cercava nessuno: nelle discariche, dove andava quasi tutti i giorni a rovistare nella spazzatura e spesso raccoglieva persone malate, già rosicchiate dai topi, e perfino bambini, uno dei quali riuscì a “risuscitare” con la respirazione bocca a bocca (fatto ripreso dalle telecamere della BBC).

Sicuramente non era una donna perfetta, avrà avuto le sue pecche, ma nel cuore di milioni di persone, cattoliche e non, c’è una convizione: se quella donna mi vedesse in difficoltà, si commuoverebbe e mi aiuterebbe. Era una santa, tanto che il suo nome è diventato sinonimo di virtù e bontà.

Le sue rughe profonde erano come il letto di un fiume in cui scorrevano amore e sofferenza, ma lo scrittore ateo Christopher Hitchens non si è commosso davanti a questa donna; anzi, l’ha odiata. Ha scritto e prodotto un documentario “L’angelo dell’Inferno” ­ in cui afferma che Madre Teresa era “una fanatica, fondamentalista e fraudolenta”. In un programma televisivo l’ha anche insultata pesantemente.

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Come militante del socialismo, Hitchens non poteva proprio comprendere il bene che Madre Teresa faceva ai poveri. La sua visione materialista del mondo gli impediva di vedere al di là di quello che gli occhi riescono a percepire.

Hitchens accusava Madre Teresa di non aiutare i poveri a uscire dal loro stato di povertà. Di fatto, Madre Teresa non ha fondato una ONG, non svolgeva lavoro sociale; faceva CARITÀ, amando ogni povero come un figlio uscito dal proprio corpo. La stessa accusa che le è stata rivolta si potrebbe rivolgere a San Francesco d’Assisi: chi ha sentito dire che il santo abbia portato qualche povero all’ascesa sociale? E tuttavia era la più grande ricchezza dei poveri del suo tempo.

Alcuni lettori ci hanno chiesto di confutare il documentario “Angelo dell’inferno”.

Curiosamente, la BBC lascia disponibile il film su Youtube ma non lo splendido Something Beautiful For God, prodotto dalla stessa emittente nel 1969. L’interesse della BBC nel coprire le buone azioni di Madre Teresa e infangare la sua memoria è emerso in modo ancora più evidente quando l’emittente si è rifiutata di autorizzare la trasmissione del documentario del 1969 in un festival cinematografico gratuito svoltosi nel 2010 per celebrare il centenario della nascita di Madre Teresa (Fonte: The Hindu).

Alcuni dicono che Hitchens era ossessionato dalla figura di Madre Teresa. Personalmente, preferisco pensare che ne fosse affascinato ma si rivoltasse contro questo sentimento tentando di soffocarlo con furia. Furia e amarezza erano tutto ciò che aveva, visto che il suo libro e il suo documentario hanno delle basi piuttosto povere. Dio abbia misericordia della sua anima. Spero che anche se solo all’ultimo respiro si sia pentito dei suoi errori.

Invece di ribattere al documentario di Hitchens, in cui Madre Teresa è perfino accusata di combattere fortemente aborto e divorzio, preferiamo presentare in questa sede la testimonianza del nostro lettore Harun Salman, che ha imparato ad amare Gesù grazie alla suora di Calcutta.

“Madre Teresa non faceva proselitismo; evangelizzava”

Harun Salman

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Figlio di una famiglia cosmopolita, sono cresciuto tra il Sussex (Inghilterra) e Sringeri (India), con vacanze in Brasile. Un giorno ho sentito qualcuno dire che “il santo è la creatura umana pienamente realizzata”. Benissimo. Ho deciso di essere santo. I miei primi riferimenti sono stati Swami Chinmayananda, un leader induista, e Madre Teresa.

Ho vissuto con entrambi. Con Swami Chinmayananda ho imparato il sanscrito e la vedanta, con Madre Teresa ho imparato ad amare Gesù. Studiare con Swamiji (un modo affettuoso di chiamare Swami) è stato facile. Lui e i suoi discepoli insegnavano vicino casa. Lavorare con Madre Teresa è stato ben più complicato. Si recava in ambienti pericolosi, lavorava molto e non poteva perdere tempo catechizzando un moccioso con pretese di santità.

Ho dovuto aspettare l’autorizzazione dei miei genitori. Finalmente è arrivata. Era il 1979. Avevo studiato infermeria, parlavo hindi, sanscrito, tamil e malayalam ed ero l’allievo migliore della scuola, campione di matematica. Sembravo un ragazzino assennato. Ero un bravo attore. I miei genitori ci hanno creduto, e a 15 anni ho conosciuto la mia eroina.

Ero solo uno degli allievi di una grande classe di studenti inglesi che volevano “fare la propria parte”. Madre Teresa ci ha guardati con simpatia e gentilezza, ma non senza una certa contrarietà. All’inizio ci ha assegnato piccoli compiti: spazzare il dispensario, lavare il pavimento… A poco a poco, quelli che mostravano resistenza si guadagnavano altri compiti. La maggior parte desisteva. Di quella classe iniziale solo io ho perseverato.

Madre Teresa arrivava per la Messa e io ero lì. Testardo. Penso che abbia iniziato a trovarlo divertente. Ho ottenuto più responsabilità. Sono stato autorizzato a lavorare a Nirmal Hriday, un luogo fondato da lei perché le persone più derelitte (“i più poveri tra i poveri”) non agonizzassero come animali in strada, ma vivessero i loro ultimi momenti circondati dall’amore.

Madre Teresa non faceva proselitismo; evangelizzava. Ogni moribondo riceveva attenzione in base alla sua fede. Quando era necessario, chiamavamo sacerdoti induisti e pandit. Spesso non venivano, per questo ho memorizzato il “Garuda Purana”, un testo induista che parla del post­mortem, con l’equivalente induista del Paradiso, dell’Inferno e del Purgatorio. Un moribondo mi ha chiesto di recitarlo. L’ho fatto. Mi ha chiesto come lo conoscessi, e io ho detto che anche Gesù insegnava sullo Swarga (il Paradiso). “Chi è Gesù?”, ha chiesto, volendo evidentemente una risposta filosofica, visto che gli induisti sono molto introspettivi. Io ho risposto: “Gesù è l’inizio e la fine”. Lui ha sospirato: “Oh! Amo Gesù!”, ed è morto.

La maggior parte delle persone era lì per morire. Ho alzato gli occhi per chiamare qualcuno e mi sono trovato di fronte Madre Teresa. Devo aver fatto qualcosa di positivo, perché mi vennero affidati nuovi compiti. Aiutai a separare quelli che in realtà non stavano morendo ma avevano solo bisogno di assistenza medica. Non potevamo pagare i taxi (il denaro era sempre un problema), e quindi quando un paziente aveva bisogno di essere portato all’ospedale lo prendevo in braccio. Sono forte, non è mai stato un problema.

Il lavoro, che già era molto, aumentò. Venni autorizzato a lavorare a Shanti Nagar, una “città” fondata da Madre Teresa per ospitare i lebbrosi, sempre vittime di preconcetti (leggasi violenza). Amavo quel lavoro. Stremava, ma era appassionante! Mancavano le risorse, ma sovrabbondava l’amore! Madre Teresa aveva bisogno di essere in costante movimento, chiedendo aiuto per le risorse più elementari. Non sapevamo mai da dove sarebbe arrivato il cibo il giorno seguente, né se ci sarebbe stato. Vivevamo di Provvidenza, letteralmente. Per questo, vivevamo in preghiera.

Senza preghiera sarei andato in panne! Madre Teresa era gentilissima con tutti, ma non sentimentale. Era ferma, decisa, pratica. Le piaceva cantare e che le persone cantassero. Le piaceva molto sentirmi cantare “À la claire fontaine”, una canzone infantile, e “Teresina di Gesù”. Tradussi il testo per lei, e osservò che era un insegnamento sulla Santissima Trinità (“Accorsero tre cavalieri…”). E lo è davvero!

Lavorava più di qualsiasi altra persona che abbia conosciuto. In qualsiasi momento in cui qualcuno la guardava stava lavorando, senza uscire dallo stato di preghiera. Nel corso degli anni ho visto la sua salute declinare. Diventava impaziente quando la sua energia fisica non accompagnava la sua incredibile energia spirituale.

Quando ho perso la mia famiglia ho trovato conforto in lei. Quando i miei amici, la donna che amavo e tutta la sua famiglia sono stati assassinati in un terribile massacro, nel 1994, è stato in lei, ormai anziana e molto malata, che ho trovato conforto. Cos’ha detto? Niente. Era semplicemente lì.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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