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Specchio, specchio delle mie brame, chi giudico più duramente di tutti?

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Jim Jackson - CC

Judy Landrieu Klein - pubblicato il 23/06/16

Siamo capaci di vederci per come siamo realmente?

Gesù disse ai suoi discepoli: “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati” (Mt 7, 1­-2).

Seduta nel cortile di fronte alla nostra casa a meditare queste parole lunedì mattina, ho sentito chiaramente il Signore dirmi: “Smetti di giudicare te stessa”. È strano, ho pensato, perché se giudicare gli altri è una cosa che confesso regolarmente a un sacerdote, ho realizzato all’improvviso che prendo raramente in considerazione i duri giudizi con cui mi assalgo abitualmente. Poi mi sono chiesta quanti dei nostri giudizi su noi stessi diventino profezie autorealizzanti, e come la misura disamorevole con cui misuriamo noi stessipossa davvero tenerci aggrappati al peccato.

Un’ora dopo entravo alla Messa delle nove piuttosto in ritardo, e le prime parole di padre Mark che ho sentito entrando in chiesa sono state “Dobbiamo smettere di giudicare noi stessi” ­ non esattamente l’omelia che ci si aspetterebbe di sentire sull’insegnamento di Gesù relativo al giudizio.

“OK, Signore, me lo ricorderò”, mi sono detta.

Dopo la Messa, mi sono seduta nella cappella dell’adorazione per pregare e pensare un po’ al nuovo libro di Elizabeth Scalia, Little Sins Mean a Lot (I piccoli peccati significano molto). Mi sono quasi usciti gli occhi dalle orbite quando ho letto le parole che ha scritto al capitolo 9:

La denigrazione di sé smette di essere sana e inizia a diventare peccaminosa quando serve a creare una narrativa disprezzabile o pietosa a cui ci aggrappiamo, e a cui alla fine permettiamo di irretirci in caratterizzazioni che non riusciamo più a controllare o a emendare.

Ora avevo recepito il messaggio.

Quanti di noi vivono con una narrativa familiare di autocondanna, giudicandosi con parole come “Stupido”, “Indegno”, “Non amabile”, “Senza speranza”, “Grasso”, “Brutto”, “Pigro”? Quanti di noi restano intrappolati in un loop perpetuo di rifiuto di sé che non solo erige un muro che ci impedisce di ricevere l’amore di Dio, ma ci impedisce anche di amare in modo corretto noi stessi e gli altri? Quanti dei nostri giudizi degli altri sono in realtà proiezioni dell’odio che proviamo per noi stessi, che ci impedisce di partecipare pienamente all’unica realtà che Dio vuole per noi, ovvero l’amore?

L’omelia di papa Francesco di questo lunedì ci ha sfidati a guardarci allo specchio quando siamo tentati di giudicare. Il pontefice ha detto:

Tu giudichi continuamente gli altri, con la stessa misura tu sarai giudicato. Il Signore ci chiede dunque di guardarci allo specchio. Guardati allo specchio, ma non per truccarti, perché non si vedano le rughe. No, no, no, quello non è il consiglio! Guardati allo specchio per guardare te, come tu sei.

Credo che le parole del papa fossero corrette, ma fanno emergere anche un’altra domanda. Quando ci guardiamo allo specchio, siamo capaci di vederci come siamo davvero, come peccatori redenti e infinitamente amati da un Padre misericordioso che ci vede non come rifiuti senza valore ma come figli preziosi? O i nostri specchi sono crepati, curvati e annebbiati, e ostacolano la nostra capacità di vedere come vede Dio?

Perché tu sei prezioso ai miei occhi… Ti si chiamerà con un nome nuovo che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te Isaia 43, 4; 62, 2-­4

Più confidiamo nell’amore di Dio per noi, meno siamo proni a rifituare sia noi stessi che gli altri. Abbandonare il nostro disordinato giudizio di noi stessi può essere l’atto di virtù che ci permette di smettere di giudicare gli altri, come sperimentare l’amore e la misericordia di Dio ci rende più capaci di estendere l’amore e la misericordia agli altri.

Preghiamo che il Signore rimuova la trave dai nostri occhi e illumini gli occhi della nostra mente (cfr. Ef 1, 18), perché possiamo vedere come Egli vede e quindi amare come Egli ama.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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