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Adottati, non “sfigati”: storie di personaggi famosi

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Pixabay.com/Public Domain/ © Foundry

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 23/06/16

Il dialogo immaginario fra due adolescenti adottati che si rispecchiano nei percorsi di chi, in condizioni analoghe, è arrivato alla celebrità

“Adottato anche tu? Allora siamo in due… o forse di più!” (Àncora editrice) di Sara Petoletti e Sonia Negri è un libro che parla di adozione. I protagonisti della narrazione sono Ilaria e Gabriel due adolescenti che si scambiano mail raccontandosi il proprio vissuto e confrontandosi con le domande che l’essere stati adottati ha generato in loro. Mail dopo mail “scoprono” che sono tanti i personaggi famosi adottati e attraverso le loro storie imparano da ognuno qualcosa, prima fra tutti: sentirsi meno soli.

Scrivono le autrici nella premessa: «Il nostro interesse per l’adozione è nato in posti e modi diversi. Le nostre esperienze di vita, associative e professionali, si sono incontrate molti anni fa grazie al C.T.A. – Centro di Terapia dell’Adolescenza di Milano, con cui oggi entrambe collaboriamo. Nel nostro lavoro sperimentiamo costantemente quanto l’adozione assuma per i bambini un valore terapeutico, poiché fornisce loro un ambiente accogliente e affettivo a cui poter appartenere per sempre, accompagnandoli nel processo di elaborazione della propria storia. È un percorso complesso, che dura tutta la vita, e che vede nell’adolescenza uno dei periodi cruciali per la costruzione della propria identità e del proprio benessere. In questa fase della vita è importante affrontare insieme a qualcun altro le paure e le difficoltà legate all’adozione, condividendo anche tutte le emozioni e i sogni che quest’età sa regalare. Questo libro alterna biografie di persone adottate famose del passato, racconti di storie di adozione contemporanee e interviste a chi la sua storia ha scelto di raccontarla in prima persona. Il tutto è inserito in un coinvolgente scambio di e-mail tra due ragazzi adottati, Ilaria e Gabriel, che si confrontano ogni giorno con le domande che l’adozione porta con sé».

Lily e Gabri iniziano a conoscersi attraverso le parole dei loro messaggi e a ricercare le storie di personaggi famosi adottati: Mosè, Steve Jobs, Michael Bay, Marilyn Monroe, Edgar Allan Poe, Mario Balotelli, John Lennon, Nelson Mandela e molti altri.

Brevi passaggi della biografia di alcuni di questi personaggi famosi ci aiutano a comprendere più profondamente la complessa realtà dell’adozione, come avviene per Lily e Gabri che, rispecchiandosi in queste storie arrivano a sentirsi meno soli e a non considerare la loro condizione come assolutamente svantaggiata, ma responsabili innanzitutto verso se stessi del futuro della loro vita.

Steve Jobs: La strada del successo tracciata dalla madre biologica

«(…) È cominciato tutto prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa di college non sposata, e decise di lasciarmi in adozione. Riteneva con determinazione che avrei dovuto essere adottato da laureati, e fece in modo che tutto fosse organizzato per farmi adottare fin dalla nascita da un avvocato e sua moglie. Però quando arrivai io, loro decisero all’ultimo minuto che avrebbero voluto adottare una bambina. Così, quelli che poi sono diventati i miei genitori adottivi, e che erano in lista d’attesa, ricevettero una chiamata nel bel mezzo della notte che gli diceva: «C’è un bambino, un maschietto, non previsto. Lo volete voi?». Loro risposero: «Certamente». Più tardi la mia madre biologica scoprì che mia madre non si era mai laureata al college e che mio padre non aveva neanche finito il liceo. Rifiutò di firmare le ultime carte per l’adozione. Poi accettò di farlo, mesi dopo, solo quando i miei genitori adottivi promisero formalmente che un giorno io sarei andato al college. (…) Nell’attimo in cui mollai il college, potei anche smettere di seguire i corsi che non mi interessavano e cominciai invece a capitare nelle classi che trovavo più interessanti. Non è stato tutto rose e fiori, però. (…) Ma tutto quel che ho trovato seguendo la mia curiosità e la mia intuizione è risultato essere senza prezzo, dopo. (…) Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito la classe di calligrafia per imparare a scrivere così. (…) dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile. E lo utilizzammo tutto per il Mac. È stato il primo computer dotato di una meravigliosa capacità tipografica».

Michael Bay: I genitori sono quelli che ti crescono ma rimane tanta la voglia di trovare le proprie radici!

“È il regista di Armageddon e Transformers (…)Michael Bay è nato a Los Angeles il 17 febbraio 1965 ed è stato cresciuto da genitori adottivi. Sin da giovane ha cercato di scoprire chi fossero i suoi genitori biologici a partire dalla madre. «Era solo curiosità» ha detto Michael in un’intervista. «È bastata una semplice ricerca e l’ho trovata in tre giorni. Per lei è stato un grande shock». Per quanto riguarda il padre, Bay per lungo tempo ha creduto di essere figlio biologico di John Frankenheimer, regista di Hollywood, ma tale paternità non è stata confermata dai test genetici. (…)Michael Bay, regista di successo, capace di cogliere nel segno con i suoi action movies dagli straordinari effetti speciali, ha impiegato tante energie nella ricerca dei suoi genitori biologici, senza riuscire ancora a trovare il padre. Una cosa però gli è chiara: «Sono sicuramente uno di quelli che crede che i genitori sono quelli che ti crescono!»”.

Mario Balotelli: Le sue reazioni di “pancia” vengono da molto, molto lontano…

«Mario Balotelli è nato a Palermo il 12 agosto del 1990 da una coppia di origine ghanese. È nato con una malformazione intestinale e nei primissimi anni di vita ha passato più tempo in ospedale che a casa. In più era molto vivace e i suoi genitori non volevano tenerlo con sé. A due anni è stato accolto in casa di Silvia e Franco Balotelli con una forma di affido che non si è mai legalmente trasformato in adozione vera e propria. Mario però da allora si sente loro figlio a tutti gli effetti. Con un’operazione è guarito dal megacolon, con le cure e l’amore è passato dal sentirsi rifiutato all’essere accolto. «I miei mi hanno raccontato la mia storia quando avevo 12-13 anni. Prima sapevo il come e il perché fossi arrivato da loro, ma non così bene. Ho fatto mille domande ogni giorno. Volevo essere rassicurato sul fatto che mamma e papà mi avevano voluto davvero e che mi avrebbero tenuto per sempre». Ha tre fratelli biologici che vede qualche volta l’anno e tre fratelli adottivi figli di Silvia e Franco».


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John Ronald Reuel Tolkien: da orfano a scrittore di successo e marito innamorato fino alla morte

«John Ronald Reuel Tolkien nacque nel 1892 in Sudafrica, da genitori inglesi. Dopo la morte del padre, all’età di soli tre anni, ritornò a vivere con la madre e il fratello a Birmingham, in Inghilterra. Nel 1904 morì anche la madre, dalla quale il giovane Tolkien aveva nel frattempo ereditato l’amore per le lingue, le antiche leggende e le fiabe. Assieme al fratello viene affidato ad un sacerdote cattolico degli Oratoriani, padre Francis Xavier Morgan. (…)Fin da giovane cominciò a comporre testi poetici e racconti fantastici e a ideare le basi della lingua delle fate, che perfezionò nel tempo. Dopo gli anni difficili dell’infanzia, Tolkien condusse un’esistenza tranquilla. Si innamorò e sposò Edith Bratt, da cui ebbe tre figli. (…)Nel 1937 venne dato alle stampe Lo Hobbit, prima opera narrativa compiuta dello scrittore. Il successo ottenuto spinse Tolkien a proseguire nella produzione narrativa. Tra il 1954 e il 1955 furono pubblicate le tre parti de Il Signore degli Anelli. Dopo il ritiro dall’insegnamento Tolkien si dedicò alla stesura del Silmarillion, il suo principale corpus mitologico, cominciato fin dal 1917 e che non riuscirà a concludere. La sua amata moglie Edith morì ottantaduenne nel novembre del 1971 e lo scrittore la seguì poco dopo, il 2 settembre 1973, all’età di ottantun anni. Sono sepolti insieme vicino a Oxford. Tolkien decise di far scolpire sulle loro tombe i nomi di Beren e Lúthien, i due amanti protagonisti dell’omonimo racconto del Silmarillion».

In questa frase della postfazione di Francesco Vadilonga, direttore del Centro di Terapia dell’Adolescenza di Milano troviamo sinteticamente illustrato e sottolineato il senso del dialogo tra i due adolescenti che costituisce la trama del libro.

«La chiave del successo per Ilaria e Gabriel è trovare il proprio posto nel mondo, integrando il passato con il presente, mettendo insieme i diversi pezzi della loro vita, facendo i conti con i vissuti dolorosi, di rabbia, di abbandono, e trovando delle risposte a domande sul senso della loro storia».

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