Il senegalese Moses Ndione, 57 anni, è il nuovo “padre moderatore” (responsabile) per i prossimi 4 anni della rete dei 78 Foyer de Charité sparsi nel mondo. Lo ha eletto l’assemblea mondiale che si chiude oggi e ha visto radunarsi a Châteauneuf-de-Galaure, in Francia, 250 delegati, tra sacerdoti e laici, provenienti da tutto il mondo.
I Foyer de Charité sono realtà laicali ispirate alla figura di Marthe Robin, una delle più importanti mistiche del secolo scorso. È morta nel 1981, all’età di 78 anni, dopo aver trascorso tutta la sua esistenza paralizzata, a letto. Nonostante questo grave impedimento, dalla sua casa, nelle campagne nella valle del Rodano, è stato calcolato che siano passate, negli anni, oltre 100 mila persone che hanno ricevuto dalla Robin consigli e conforto spirituale. Tra questi il filosofo Jean Guitton, che si è recato da lei decine di volte e ne ha scritto una memorabile biografia.
L’elezione di padre Ndione inaugura una nuova modalità di governo della realtà dei Foyer de Charitè. Fino ad oggi, il padre del Foyer di Châteuneuf de Galaure (il primo della serie, fondato 80 anni fa, nel 1936 da Marthe Robin e padre Georges Finet) è stato di fatto capo anche della rete dei Foyers de Charité, come nel caso dell’uscente, padre Bernard Michon, in carica dal 2000 al 2016. Queste due responsabilità sono ora separate, per far sì che venga coordinato al meglio il lavoro di sviluppo internazionale della comunità. Tale decisione, unita all’elezione di un africano a capo della rete, dice del processo di forte “globalizzazione” della comunità spirituale ispirata alla Robin: non più una realtà (solo) “francese”, ma davvero internazionale.
Parallelamente a questo, procede la causa di beatificazione della Robin, aperta 20 anni fa: nel novembre del 2014 la mistica è stata proclamata venerabile. E lo scorso anno in Francia è uscito un libro che testimonia il continuo interesse su questa figura: si intitola Ciò che Marthe ha detto loro. Conversazioni inedite (Editions de l’Emmanuel – Ed. Foyer de Charité). L’hanno curato padre Bernard Peyrous e di Marie-Thérèse Gille, postulatore e vice-postulatrice della causa di beatificazione ed è una raccolta di stralci di conversazioni spesso non datate, tratti da testimonianze conservate negli archivi della mistica, di cui è responsabile la co-autrice del volume.
La figura di Marthe Robin è a dir poco singolare nel panorama della spiritualità del XX secolo. Una volta lei stessa disse «Quando il Signore vuole servirsi di qualcuno, comincia spesso per ridurlo a uno zero». Non poteva fare miglior autoritratto: per l’intera esistenza, infatti, Marthe ha vissuto nel segno della più totale vulnerabilità e, tuttavia, ha dato origine, in maniera sorprendente e inspiegabile, a una fraternità spirituale che – a 35 anni dalla sua morte – appare più viva che mai.
Colpita nel 1918 da una grave malattia neurologica, Marthe sin da giovane rimase in coma per lunghi mesi, dopo di che finì paralizzata. Il 25 marzo 1921 ebbe una prima apparizione mariana. Colpita dalla santità di Teresa di Lisieux, avrebbe voluto farsi crmelitana, ma le sue condizioni di salute non glielo consentirono. Il 15 ottobre 1925, nello stesso giorno in cui papa Pio XI canonizzò Teresa di Lisieux, Marthe Robin consacrò la sua vita a Dio.
Dal 25 marzo 1928, quasi completamente paralizzata, non fu più in grado di assumere cibo e si limitò a prendere ogni giorno soltanto l’ostia consacrata; inoltre non dormiva più e doveva restare al buio in quanto ipersensibile alla luce. Queste condizioni durarono per oltre cinquant’anni, fino alla morte. A partire dal 1930, dopo aver ricevuto le stigmate, rivisse nell’anima ogni venerdì la Passione di Gesù. Le sofferenze della mistica, le estasi, come pure le vessazioni diaboliche, sono descritti nei suoi quaderni.
Con la collaborazione dell’abate Finet, sacerdote lionese, fondò i Foyers de Charité (Focolari della Carità), un’associazione laicale sul modello delle prime comunità cristiane, dedite alla preghiera e alla solidarietà: oggi sono diffuse oggi in una quarantina di Paesi, Italia compresa (in Val d’Aosta e a Ronciglione, tra Roma e Viterbo). Frutto maturo della spiritualità conciliare, i gruppi sono dediti all’accoglienza e alla preparazione di ritiri spirituali, in un clima di familiarità e semplicità. Del resto, è stata la stessa Robin a dire: «In un Foyer, la cucina è importante quanto la cappella. Voi preparate un pasto fraterno d’amicizia, di carità e tutti questi fornelli sono per voi degli altari».