«Non bisogna dimenticare che il diritto inviolabile alla vita, dono di Dio, appartiene anche al criminale». Lo afferma papa Francesco nel videomessaggio in spagnolo inviato al «VI Congresso mondiale contro la pena di morte» che si svolge da oggi a giovedì a Oslo (Norvegia). Per Francesco, la giustizia penale deve essere «aperta alla speranza del reinserimento del colpevole nella società» perché «una pena fine a se stessa, che non dà luogo alla speranza, è una tortura, non una pena».
«Saluto gli organizzatori di questo congresso mondiale contro la pena di morte, il gruppo di paesi che lo sostengono, specialmente la Norvegia, paese che lo ospita, e tutti i partecipanti: rappresentanti di governi, delle organizzazioni internazionali e della società civile», afferma Jorge Mario Bergoglio. «Desidero anche esprimere il mio personale apprezzamento, e anche quello degli uomini di buona volontà, per il vostro impegno per un mondo libero dalla pena di morte».
«Un segno di speranza è che l’opinione pubblica sta sviluppando una crescente opposizione alla pena di morte, anche quando è usata come mezzo di legittima difesa sociale. Infatti oggi la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il crimine della persona condannata. È un’offesa alla inviolabilità della vita e alla dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo e la società e la sua giustizia misericordiosa. Non rende giustizia alla vittime, ma fomenta la vendetta. Il comandamento “non uccidere” ha un valore assoluto e riguarda tanto gli innocenti che i colpevoli», sottolinea il Papa, che prosegue: «Il Giubileo straordinario della misericordia è un’occasione propizia per promuovere nel mondo forme ogni volta più mature di rispetto della vita e della dignità di ogni persona. Non bisogna dimenticare che il diritto inviolabile alla vita, dono di Dio, appartiene anche al criminale».
«Oggi – dice ancora il Pontefice – desidero incoraggiare tutti coloro che lavorano non solo per l’abolizione della pena di morte, ma anche per migliorare le condizioni di reclusione affinché rispettino pienamente la dignità umana delle persone private di libertà. “Fare giustizia” non significa perseguire il castigo fine a se stesso, ma assicurare che la finalità fondamentale delle pene sia la riabilitazione del delinquente. La questione deve essere inquadrata nell’ottica di una giustizia penale che sia aperta alla speranza del reinserimento del colpevole nella società. Non può esserci pena valida senza speranza! Una pena fine a se stessa, che non dà luogo alla speranza, è una tortura, non una pena. Spero – conclude il Papa – che questo congresso possa dare un nuovo impulso all’impegno per l’abolizione della pena capitale. Per questo, incoraggio tutti i partecipanti a continuare con questa grande iniziativa e li assicuro delle mie preghiere».
Il VI Congresso mondiale contro la pena di morte è promosso dalla ong francese Ensemble contre la peine de mort e dalla World Coalition Against Death Penalty, di cui fanno parte circa 140 organizzazioni da tutto il mondo. L’incontro avviene ogni tre anni. La prima edizione si è svolta a Strasburgo nel 2001. In base ai dati di Amnesty International 140 paesi hanno abolito la pena di morte, da ultimo, nel 2015, Repubblica Democratica del Congo, le Fiji, il Madagascar e il Suriname. L’anno scorso almeno 1634 persone sono state giustiziate in 25 paesi.