Il Papa incontrerà alcuni discendenti di sopravvissuti al «Metz Yeghern», lo sradicamento sanguinoso subito dagli armeni nell’impero ottomano nel 1915, o «genocidio» con un termine contestato dalla Turchia, che furono accolti a Castel Gandolfo da Benedetto XV, nel corso della sua visita al memoriale Tzitzernakaberd che visiterà a Yerevan in occasione del suo viaggio in Armenia da venerdì 24 a domenica 26 giugno prossimi.
L’Armenia è il 22esimo paese visitato dal Papa e il viaggio va visto in continuità con il viaggio in Georgia e Azerbaigian già programmato da Francesco per fine settembre: «Il Papa – ha spiegato padre Lombardi nel corso di un briefing – visita tre paesi del Caucaso partendo dall’Armenia: per diversi motivi si sono dovute separare le due tappe, tra gli altri motivi perché il patriarca georgiano doveva essere a Creta in questi giorni» dove è in corso un concilio ortodosso al quale, peraltro, lo stesso esponente della Georgia ha dato forfait all’ultimo insieme ai rappresentanti di Russia, Antiochia e Bulgaria. Tra i motivi del viaggio indicati da padre Lombardi, restituire la visita che il Catholicos armeno ha fatto al Papa, incoraggiare la locale comunità cattolica, manifestare a tutto il popolo armeno il suo sostegno e la sua amicizia. Monsignor Antranig Ayvazian, capo della eparchia cattolico-armena di Qamishli intervenuto al briefing, ha peraltro sottolineato che nello scegliere la tempistica del suo viaggio, «il Santo Padre voleva essere vicino al popolo armeno ad aprile». Seguiranno l’evento seicento giornalisti. Tra di essi vi sarà anche Evangelina Himitian, figlia di un armeno pastore evangelico amico di Jorge Mario Bergoglio nonché autrice della biografia «Il Papa della gente». I suoi nonni, ha sottolineato Lombardi, furono testimoni e vittime della persecuzione ottomana e si salvarono grazie ad alcuni contadini turchi che li protessero.
Il Papa arriverà il pomeriggio di venerdì 24 nella capitale Yerevan alle 15. Subito la preghiera alla cattedrale apostolica di Etchmiadzin con il saluto al Catholicos Karekin II, quindi l’incontro con il presidente Serz Sargsyan, che aveva ricevuto a Roma l’anno scorso, e le autorità civili e il discorso al corpo diplomatico.
La mattina di sabato 25, come aveva già fatto Giovanni Paolo II, il Papa visiterà il memoriale del «Metz Yeghern», ha spiegato Lombardi, il Tzitzernakaberd Memorial Complex, «la fortezza delle rondini», luogo dove «tutti i grandi ospiti del popolo armeno devono naturalmente passare», ha spiegato il Portavoce vaticano. Il Papa, affiancato dal Catholicos, incontrerà un gruppo di bambini che portano ricordi del 1915, poi entrerà nella camera centrale dove si trova la fiamma perenne, e lì Francesco reciterà una preghiera di intercessione in italiano, poi insieme agli altri il «padre nostro». Viene poi piantata e annaffiata una pianta e infine Francesco incontrerà «una decina di discendenti da perseguitati armeni a suo tempo accolti a Castel Gandolfo da Benedetto XV»: «Gli armeni – ha sottolineato il Gesuita – hanno conservato sempre memoria di Benedetto XV, uno dei pochi sostenitori espliciti al tempo della tragedia di un secolo fa». Come si legge nel messale dell’evento, peraltro, già pubblicato online, un vescovo armeno userà esplicitamente il termine «genocidio».
Lo stesso Portavoce vaticano ha peraltro accennato nel corso del briefing alla cerimonia presieduta a San Pietro il 12 aprile 2015. In quell’occasione, nel centenario del «Metz Yeghern» armeno nell’impero ottomano, papa Francesco, citando la dichiarazione comune firmata a Etchmiadzin nel 2001 da Giovanni Paolo II e Karekin II, parlò del «primo genocidio del XX secolo», usando un termine, «genocidio» appunto, contestato dalla Turchia, che in seguito richiamò per diversi mesi ad Ankara il proprio ambasciatore presso la Santa Sede. Lombardi, che nell’incontro con la stampa ha usato più frequentemente il termina «Metz Yeghern» che «genocidio», ha spiegato: «Rispondo con quello che mi ha detto un mio amico armeno, che la parola Metz Yeghern è anche più forte di quello che dice la parola genocidio, e io preferisco usare questa parola proprio per non essere intrappolato dalle domande che non fanno che ruotare attorno all’uso di una parola. Nessuno di noi nega che ci siano stati massacri orribili, lo sappiamo molto bene e lo riconosciamo, e andiamo al memoriale per ricordarlo, ma non vogliamo fare di questo una trappola di discussione politico-sociologico perché andiamo alla sostanza». Antranig Ayvazian, da parte sua, è intervenuto per precisare: «Io come armeno ho perso tutta la mia famiglia, è rimasto solo mio padre che è diventato musulmano, e quando parliamo del genocidio usiamo il termine Metz Yeghern, che significa un grande sradicamento della popolazione nel sangue». L’esponente armeno ha ribadito che il Paese si attende dalla Turchia di «riconoscere questo sbaglio storico», ed ha poi sottolineato che «la Santa Sede ha una presenza universale e deve essere neutrale verso tutte le popolazioni, anche che sono nemiche tra di loro, così potrà essere portatrice di pace e di convivenza tra i popoli, che è la sua missione. Il punto, dunque, non è la parola genocidio, che peraltro la Santa Sede ha più volte usato, ma che non c’è bisogno sempre di ripetere».
La giornata di sabato proseguirà con il viaggio di Francesco in aereo a Gymuri, seconda città più popolosa in Armenia colpita da un violento sisma a fine anni Ottanta, dove il Papa celebrerà la Messa – l’unica messa pubblica del viaggio – visiterà un orfanotrofio e pranzerà con le suore che lo gestiscono, e nel pomeriggio visiterà la cattedrale armeno apostolica delle Sette Piaghe e la cattedrale armeno cattolica dei Santi Martiri. In serata, di nuovo a Yerevan, l’incontro ecumenico e la preghiera per la pace, l’evento per il quale è prevista la maggiore partecipazione, con diverse decine di migliaia di persone.
Domenica 26 giugno, terzo e ultimo giorno della visita, l’incontro del Papa con i 14 vescovi cattolici armeni nel Palazzo apostolico ad Etchmiadzin e la partecipazione alla divina liturgia nella Cattedrale armeno apostolica. Dopo il pranzo, l’incontro con i delegati e benefattori della Chiesa armena apostolica. Nel programma attualmente «non è prevista firma di una dichiarazione congiunta», ha detto oggi Lombardi. Prima del rientro in Vaticano il Papa pregherà nel monastero di Khor Virap, luogo del pozzo in cui, secondo la tradizione, fu tenuto imprigionato per 12 anni Gregorio l’Illuminatore, fondatore del cristianesimo in Armenia. Qui Francesco libererà delle colombe in direzione del monte Ararat. A chi domandava se inizialmente ci fosse nel programma l’intenzione del Papa di recarsi al confine con la Turchia, Lombardi ha sottolineato che in quest’ultima tappa il Papa sarà «vicinissimo al confine con la Turchia» e liberare le colombe «in direzione del monte Ararat» è «un messaggio che ha significato». In serata, infine, la cerimonia di congedo e alle 20,45 l’arrivo previsto a Roma.