Importante e pieno di significati, ma al contempo singolare, il viaggio che Papa Francesco compirà in Armenia tra venerdì 24 e domenica 26 prossimi, dove farà visita alla capitale Erevan, a Gyumri, la seconda città armena e quella con la più folta comunità cattolica e infine Khor Virap, monastero ameno-apostolico, culla del cristianesimo armeno, a pochi chilometri dal confine turco. Questo 14.mo Pellegrinaggio internazionale di Francesco, 50 ore circa nella settima nazione asiatica visitata dopo Giordania, Palestina, Israele, Corea del Sud, Filippine e Sri Lanka, è solo la prima tappa di un Viaggio nel Caucaso che include una seconda tappa: Georgia e Azerbaigian, dal 30 settembre al 2 ottobre. Non si tratta di una precisazione marginale. Il Papa, infatti, ritiene che la sua presenza e missione pastorali hanno senso compiuto se portano la sua vicinanza e sollecitudine alle chiese e ai popoli protagonisti della storia, odierna e passata, dell’intera regione caucasica, cerniera tra l’Asia e l’Europa. Così, tra l’altro è stato rilevato nel comunicato ufficiale della Sala stampa vaticana che annunciò ufficialmente le due tappe allo stesso tempo sebbene che tra le due trasferte ci sia un «intermezzo» di due mesi. Nel testo si diceva: «Accogliendo gli inviti di Sua Santità Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni, delle Autorità civili e della Chiesa Cattolica, Sua Santità Francesco si recherà in Armenia dal 24 al 26 giugno 2016. Allo stesso tempo, accogliendo gli inviti di Sua Santità e Beatitudine Ilia II, Catholicos Patriarca di tutta la Georgia, e delle Autorità civili e religiose della Georgia e dell’Azerbaigian, il Santo Padre completerà il Suo viaggio apostolico nel Caucaso, visitando questi due Paesi dal 30 settembre al 2 ottobre 2016».
L’espressione «completerà» evidenzia che il Pellegrinaggio è stato concepito e organizzato includendo in una sola dimensione il magistero itinerante nel Caucaso.
In questi viaggi Papa Francesco farà visita a Paesi che insieme hanno 17 milioni di abitanti circa. I cattolici complessivamente sono il 3,6% dei credenti e, in pratica, sono presenti solo in Armenia e Georgia. Sono questi tre Paesi le principali entità statali del Caucaso insieme con i territori caucasici della Federazione Russa. La situazione della regione è molto complessa dal punto di vista geopolitico e la sua storia è molto travagliata, con momenti di feroce violenza. Francesco si recherà quindi nuovamente in una regione del mondo che fa parte di quella periferia dove numerosi equilibri politici, delicati e precari, s’intrecciano con interessi economici di grande rilievo non solo per la regione ma anche per l’Europa Centro Orientale e per il Medio Oriente. Si tratta di una zona sì periferica, ponte tra Europa e Asia, che però non deve essere ritenuta marginale, quasi superflua o ininfluente. Come nei Paesi africani visitati nel novembre 2015, come a Lesbo e a Lampedusa, si tratta di aree-crocevia; zone, piccole o grandi, in cui si articolano interessi economici, geopolitici e culturali nonché situazioni di crisi che – pur non godendo spesso di una adeguata copertura mediatica – hanno dei riflessi non secondari tanto in Occidente quanto in Oriente.
In questo contesto acquistano particolare rilevanza alcuni eventi del programma attraverso i quali la missione pastorale di Francesco desidera essere chiara ed eloquente oltre alle parole. Tra questi momenti si devono sottolineare gli Incontri con i vescovi della Chiesa armeno apostolica e in particolare con il Catholicos Karekin II, del quale il Pontefice sarà ospite nel Palazzo di Etchmiadzin, l’unica Celebrazione Eucaristica a Gyumri sulla Piazza Vartanants, la Visita e Preghiera ecumenica per la pace al memoriale del genocidio armeno (Tzitzernakaberd).
All’esterno del Memoriale il Papa Francesco deporrà una corona di fiori. Sul luogo vi saranno gruppi di bimbi e ragazzi e alcuni discendenti dei 400 bambini che dal 1919, per diversi mesi, furono ospitati e accuditi nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo ai tempi di Papa Benedetto XV e Papa Pio XI. Nella Camera della Fiamma Perenne si svolgerà una breve cerimonia religiosa con canti e letture. Seguirà prima la Preghiera del Catholicos in lingua armena e poi quella del Santo Padre in italiano. Infine, altri canti e la recita del Padre Nostro precederanno la Benedizione congiunta. Una simile Preghiera ecumenica per la Pace sarà presieduta poi ad Erevan, sulla Piazza della Repubblica con due discorsi: del Catholicos e di Francesco. Infine, a pochi chilometri dal confine turco, di fronte al Monte Ararat, il Pontefice e Karekin II, insieme si recheranno al Monastero Khor Virap e insieme scenderanno nella Sala del Pozzo di s. Gregorio l’Illuminatore dove Francesco accenderà una candela recandosi poi in processione alla vicina piccola Cappella. In questo luogo il Catholicos consegnerà al Santo Padre una fiaccola. Da parte sua il Santo Padre offrirà un suo dono al Monastero. Seguirà una Preghiera per la pace in armeno e in italiano. Al termine, dal terrazzo del belvedere, il Santo Padre e il Catholicos libereranno due colombe bianche.
Il Caucaso, mediaticamente, è molto visibile periodicamente a causa del conflitto per la regione chiamata l’Alto Karabakh (Nagorno-Karabach), tra Armenia e Azerbaigian, ma ci sono altre situazioni di tensione: l’Abcasia, l’Ossezia, nonché altre minori, ma sempre insidiose. Dopo una lunga relativa calma che dura dal 1994, nella regione, attraversata da oleodotti e gasdotti, lo scorso aprile si è riaperta la questione del Nagorno-Karabach e dopo alcuni scontri – con almeno 12 morti – i Presidenti dei due Paesi (Serž Sargsyan e İlham Əliyev, rispettivamente) a Vienna, sotto l’egida dell’ONU hanno firmato una tregua, il 16 maggio scorso, che momentaneamente regge.
Questo conflitto ebbe inizio nel 1923 quando l’enclave popolata in prevalenza da armeni cristiani fu assegnata all’Azerbaigian musulmano. La guerra si prolungò fino al 1994 e fu definita il primo conflitto etnico-religioso nel regime sovietico che si vantava invece di aver vinto i nazionalismi. I morti furono oltre 30mila. Dall’Armenia furono espulsi migliaia di azeri e dall’Azerbaigian migliaia di armeni. Dal 1994 sono in corso negoziati, promossi dal Gruppo di Minsk (creato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – Osce – per monitorare il cessate il fuoco, guidato da Francia, Russia e Stati Uniti). Formalmente l’enclave resta azera, di fatto è indipendente, con forti legami però con l’Armenia. L’Armenia è sostenuta, in questa sua lotta politica, dal suo numeroso popolo sparso in tutto il mondo dopo il genocidio del 1915 e dalla Russia. L’Azerbaigian è sostenuto soprattutto dalla Turchia.