C’è chi l’ha definito un avvenimento «storico», certo si tratta di un altro passo significativo nella direzione di quella collegialità episcopale fortemente voluta da papa Francesco. Per la prima volta i vescovi europei pubblicano un documento congiunto con i loro confratelli degli Stati Uniti su un tema di carattere eminentemente politico-economico.
L’oggetto del testo rilasciato ieri è il Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip, il Partenariato trans-atlantico per il Commercio e gli Investimenti), un argomento su cui da mesi si concentra l’attenzione degli esperti di economia e finanza, politica, imprese e commercio. Un tema di primaria importanza per i cittadini di entrambe le sponde dell’Atlantico – che avrà un impatto diretto sulla vita di quasi un miliardo di persone, oltre a quello indiretto a livello globale – sul quale i vescovi accreditati presso l’Unione Europea avevano discusso in occasione dell’assemblea plenaria di ottobre 2015 lanciando un ponte ai colleghi americani.
Non entrano nel merito del discorso tecnico i vescovi, ma, com’è tradizione Comece, si limitano a suggerire un quadro normativo di valori e principi etici cui ispirarsi.
«Prima del risultato finale delle trattative e della ratifica della bozza di Trattato di liberalizzazione commerciale trans-atlantica (Ttip) è essenziale procedere ad una analisi approfondita del rapporto costi/benefici dal punto di vista sociale e ambientale», scrivono l’arcivescovo di Monaco di Baviera, Reinhard Marx, e quello di Luoisville, Joseph Edward Kurtz, due presidenti rispettivamente della Comece e della Conferenza episcopale degli Stati Uniti.
Un’analisi preventiva che dovrà prendere in considerazione, nelle intenzioni dei vescovi, oltre agli aspetti strettamente economici, anche i risvolti reali per tutti i cittadini, delle nostre società europea e americana, e del mondo intero. Perché è l’impatto dell’accordo sui bisogni elementari di ciascun abitante del pianeta quello che sta loro a cuore, in linea con i principi della Dottrina sociale, con la Laudato si’ di papa Francesco e la Caritas in Veritate di Benedetto XVI «per funzionare correttamente l’economia ha bisogno dell’etica» (CV 45).
Sono parole che non lasciano adito a interpretazioni di sorta: la validità politica del Ttip si gioca nel suo contribuire al ben-essere di tutti i cittadini, nessuno escluso, nella direzione di un mondo più sicuro e rappacificato, lontano da tensioni economiche o politiche. Fermo restando che ciascun uomo ha diritto di prender parte alle decisioni che lo coinvolgono, gli eventuali vantaggi dovranno essere equamente ripartiti al fine di non perpetuare drammatiche disuguaglianze.
A tal fine vengono richiamate le parole di papa Francesco contenute nel Messaggio inviato al premier inglese Cameron in occasione del G8 2013 in Irlanda del Nord: «L’obiettivo dell’economia e della politica è quello di servire l’umanità, a partire dai più poveri e vulnerabili». Su questo obiettivo dovrà essere fondata ogni decisione di natura politica ed economica: solo in questo modo sarà garantito il raggiungimento, condiviso, del bene comune, nel rispetto della difesa della vita e della dignità di ciascuno, della salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica, alla base della promozione della giustizia e della pace.
I vescovi offrono poi quella che nel sito Comece viene definita una «cassetta degli attrezzi» per orientare le decisioni: nove principi etici direttamente derivati dalla Dottrina sociale.
Sostenibilità e precauzione: per autorizzare un prodotto o un processo valutare eventuali rischi per il presente e il futuro a persone e ambiente; protezione del lavoro (che significa sicurezza sui luoghi di lavoro in aiuto ai lavoratori e alle loro famiglie, ma anche garanzia dei tempi di riposo …); salvaguardia delle comunità locali, troppo spesso esautorate dalle risorse naturali e dalle potenzialità delle terre dei loro avi sono tre criteri iniziali cui fanno ne fanno seguito altri di stretta attualità.
In testa il problema dei migranti: «La Chiesa cattolica difende da tempo il diritto degli esseri umani di spostarsi quando le condizioni del paese d’origine non sono più sicure o quando si rende difficile rispondere ai bisogni personali o della propria famiglia e ogni accordo commerciale dovrà far sì che venga ridotta la necessità di emigrare».
Non fanno mancare il discorso agricolo e quello sullo sviluppo sostenibile per la salvaguardia del Creato: i vescovi si schierano in difesa dei piccoli produttori agricoli e dell’ambiente sottolineando come troppo spesso nel mondo le popolazioni in via di sviluppo necessitino di un aiuto da parte dei paesi industrializzati per sopperire alla mancanza di conoscenze e tecnologie adeguate.
Fondamentale anche la salvaguardia dei diritti di proprietà intellettuale di prodotti farmaceutici o agricoli e il loro accesso liberalizzato (in particolare medicinali a disposizione di coloro che sono fuori dal giro degli interessi delle multinazionali, i più poveri, i più giovani e le persone anziane).
Nella conclusione il testo pone sul tappeto la richiesta di un arbitrato internazionale per la difesa dei diritti di ciascuno, in particolare di chi non ha voce perché «gli interessi particolari non devono mai oscurare il bene comune». Per questo è di essenziale importanza la partecipazione e la trasparenza delle decisioni, attraverso forum e dibattiti, perché nessuno si senta escluso dalle trattative in corso.
? ? ?