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Confessarsi con un uomo? Io mi confesso con Dio e basta

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Götz Keller-cc

Encuentra.com - pubblicato il 17/06/16

Risposta a vari dubbi sulla confessione

Gesù ha comunicato ai suoi apostoli il potere di perdonare i peccati. Ha affidato l’esercizio del potere di assoluzione solo ai suoi apostoli. Voleva che la riconciliazione con Dio passasse per la via della riconciliazione con la Chiesa.

Confessarsi con un uomo?

Giorni fa, parlando della confessione qualcuno mi ha detto: “Com’è possibile che io vada a confessarmi con un peccatore come me? Io mi confesso con Dio e basta. Entro nella mia stanza, prego con fervore e Dio mi perdona”. Gli ho risposto che la questione non è così semplice. Spesso accomodiamo la religione, la adattiamo a modo nostro, e questo vale anche per la confessione. La confessione non è solo “peccare, pregare e via”. Bisogna cercare un sacerdote. Compiere un grande atto di umiltà. Raccontare i propri peccati. E poi ricevere una correzione fraterna e l’assoluzione del sacerdote della Chiesa. Non è una cosa inventata dai sacerdoti. Nella Bibbia ci sono chiare indicazioni sulla confessione davanti a un ministro della Chiesa.

Cari fratelli cattolici, in questo testo vorrei spiegarvi in primo luogo cosa ci insegna la Bibbia sul perdono dei peccati, e poi rispondere ad alcuni dubbi sulla confessione che alcuni fratelli di altre religioni mi hanno posto. Molti cattolici senza una profonda formazione religiosa si lasciano influenzare facilmente da queste inquietudini, e senza rendersene conto si lasciano sfuggire i grandi tesori che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. Con questo testo non voglio offendere nessuno. Quello che mi spinge a scrivere queste righe è l’amore per la verità, visto che solo “la verità ci farà liberi” (Gv 8, 32).

Cosa ci insegna la Bibbia sul perdono dei peccati?

1. Gesù perdona i peccati

Nell’Antico Testamento il perdono dei peccati era un diritto solo di Dio. Nessun profeta e nessun sacerdote dell’Antico Testamento ha pronunciato un’assoluzione dei peccati. Solo Dio perdonava il peccato.

Nel Nuovo Testamento, per la prima volta appare qualcuno, accanto a Dio Padre, che perdona i peccati: Gesù. Il Figlio di Dio ha detto di sé: “Il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati” (Mc 2, 10).

Gesù ha esercitato davvero il suo potere divino: “Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: ‘Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati’” (Mc 2, 5).

Di fronte a una donna peccatrice ha detto: “Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato” (Lc 7, 47).

E sulla croce si è rivolto a un criminale pentito: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43).


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2. Gesù ha comunicato il potere di perdonare i peccati ai suoi apostoli

Gesù ha voluto che tutti i suoi discepoli, sia nella preghiera che nella vita e nelle opere, fossero segno e strumento di perdono, e ha chiesto ai suoi discepoli di perdonarsi sempre le offese reciproche (Mt 18, 15-17).

Gesù ha tuttavia affidato l’esercizio del potere di assoluzione solo ai suoi apostoli. Voleva che la riconciliazione con Dio passasse per la via della riconciliazione con la Chiesa. Lo ha espresso particolarmente nelle parole solenni rivolte a Simon Pietro: “A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16, 19). Questa stessa autorità di “legare” e “sciogliere” l’hanno ricevuta poi tutti gli apostoli (Mt 18, 18). Le parole “legare” e “sciogliere” significano: “Chiunque escluderete dalla vostra comunione sarà escluso dalla comunione con Dio”, ovvero la riconciliazione con Dio passa inseparabilmente per la riconciliazione con la Chiesa.

Lo stesso giorno della resurrezione, Gesù è apparso agli apostoli, ha soffiato sulla loro testa e ha detto loro: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20, 22-23).

Nella Chiesa delle origini già esisteva il ministero della riconciliazione, come dice l’apostolo Paolo: “Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18).

3. Gli apostoli comunicarono il potere divino di perdonare i peccati ai loro successori

Le parole di Gesù sul perdono dei peccati non valevano solo per i dodici apostoli, ma per tutti i loro successori. Gli apostoli le hanno comunicate con l’imposizione delle mani. Scrive l’apostolo Paolo all’amico Timoteo: “Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani” (2 Tm 1, 6).
Gli apostoli erano consapevoli del fatto che Gesù aveva una chiara intenzione di provvedere al futuro della Chiesa; erano convinti che Gesù volesse un’istituzione che non potesse scomparire con la morte degli apostoli. Il Maestro aveva detto loro: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20), e “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). Le promesse di Gesù a Pietro e agli apostoli non valgono solo quindi per la loro persona, ma anche per i loro legittimi successori.

Come conclusione possiamo dire che Cristo ha affidato ai suoi apostoli il ministero della riconciliazione (Gv 20, 23; 2 Cor 5, 18). I vescovi, o successori degli apostoli, e i presbiteri, collaboratori dei vescovi, continuano a esercitare questo ministero. Hanno il potere di perdonare i peccati “nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo”.

Dubbi che le altre Chiese pongono sulla confessione

1. Su cosa si basano i cattolici per dire che i sacerdoti possono perdonare i peccati?

La Chiesa cattolica legge con attenzione tutta la Bibbia e accetta l’autorità divina che Gesù ha lasciato nelle mani dei dodici apostoli e dei loro legittimi successori. Questo è già stato spiegato. Il potere divino di perdonare i peccati è espresso chiaramente in quello che Gesù ha fatto e detto davanti ai suoi apostoli: “Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi’” (Gv 20, 22-23).

Gli apostoli sono morti, e visto che Cristo voleva che questo dono arrivasse a tutte le persone di tutti i tempi, ha dato loro questo potere di modo che fosse trasmissibile, ovvero che potessero trasmetterlo ai loro successori. E così i successori degli apostoli, i vescovi, lo hanno delegato a “presbiteri”, ovvero ai sacerdoti. Questi hanno oggi il potere che Gesù ha dato ai suoi apostoli, e non ringrazieremo mai abbastanza per questo dono di Dio che ci restituisce la sua grazia e la sua amicizia.

2. Perché raccontare i peccati a un sacerdote se Gesù semplicemente li perdonava?

È vero che Gesù perdonava i peccati senza ascoltare una confessione, ma il Maestro divino leggeva chiaramente nel cuore della gente, e sapeva perfettamente chi era disposto a ricevere il perdono e chi no. Gesù non aveva bisogno di questa confessione dei peccati. Visto che il peccato tocca Dio, la comunità e tutta la Chiesa di Cristo, per questo Gesù voleva che il cammino della riconciliazione passasse per la Chiesa, che è rappresentata dai suoi vescovi e sacerdoti. E visto che i vescovi e i sacerdoti non leggono nel cuore dei peccatori, è logico che il peccatore debba esprimere i peccati. Non basta una preghiera a Dio nel silenzio della nostra intimità.

Oltre a questo, l’uomo è fatto in modo tale da sentire la necessità di dire i suoi peccati, di confessare le proprie colpe, anche se al momento gli costa. Il sacerdote deve avere una conoscenza sufficiente della situazione di colpevolezza e di pentimento del peccatore.

Poi il sacerdote, guidato dallo spirito di Gesù che perdona sempre, giudicherà e pronuncerà l’assoluzione: “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo”. L’assoluzione è un giudizio che si pronuncia sul peccatore pentito. È molto più di un sentirsi liberati dai propri peccati. Ciò vuol dire che agli occhi di Dio quei peccati non esistono più. È davvero giustificato. E come conseguenza logica, vista la delicatezza e la grandezza di questo mistero del perdono, il sacerdote è costretto a mantenere un segreto assoluto sui peccati dei suoi penitenti.

3. “Ma il sacerdote è peccatore come noi”, diranno alcuni

E io rispondo: anche i dodici apostoli erano peccatori, e tuttavia Gesù ha dato loro il potere di perdonare i peccati. Il sacerdote è umano e dice tutti i giorni “Io peccatore”, e la Scrittura dice: “Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1 Gv 1, 8). L’unico motivo che chiarisce tutto è questo: Gesù ha voluto così e punto. Gesù ha fondato la Chiesa su Pietro sapendo che anche Pietro era peccatore. E ha dato il potere di perdonare, di consacrare il suo Corpo e di annunciare la sua Parola a uomini peccatori, proprio perché apparissero maggiormente la sua bontà e la sua misericordia nei confronti di tutti gli uomini. A ragione noi sacerdoti riconosciamo che portiamo questo tesoro in vasi d’argilla e sentiamo il dovere di crescere ogni giorno in santità per essere meno indegni di questo ministero.

Il sacerdote perdona i peccati per un’unica ragione: perché ha ricevuto da Gesù Cristo il potere di farlo. Durante la confessione, inoltre, approfitta per compiere una correzione fraterna e per incoraggiare il penitente. Il confessore non è il padrone, ma il servitore del perdono di Dio.

Un altro punto importante è il fatto che il sacerdote concede il perdono “in persona Christi”, e quando dice “Io ti perdono” non si riferisce alla persona del sacerdote, ma alla persona di Cristo che agisce in lui. Chi si scandalizza e dice “Com’è possibile che un sacerdote, che è un uomo, possa perdonare un altro uomo?” non capisce nulla di questo.


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Quali altre differenze ci sono tra cattolici e protestanti circa la confessione?

Il protestante commette peccati, prega Dio, chiede perdono e dice che Dio lo perdona, ma come sa che Dio lo ha effettivamente perdonato? È molto difficile che possa essere sicuro di essere stato perdonato.

Il cattolico, invece, dopo una confessione ben fatta, quando il sacerdote alza la mano consacrata e gli dice “Io ti assolvo nel nome del Padre…”, è sicuro di essere stato perdonato e ha una grande pace nell’anima che non trova in nient’altro.

Per questo un non cattolico diceva: “Io invidio i cattolici. Quando io pecco, chiedo perdono a Dio, ma non sono sicuro di essere stato perdonato o meno. Il cattolico, invece, è così sicuro del perdono che non ho riscontrato quella pace in alcun’altra religione”. La confessione è il rimedio migliore per ottenere la pace dell’anima.

Il cattolico sa che non si tratta semplicemente di “peccare, pregare e punto”. Facciamo un esempio: una donna cattolica commette un aborto. Non può andare a casa, pregare e dire che è tutto sistemato. No. Deve andare da un sacerdote e confessare il suo peccato. E il sacerdote le farà vedere quanto sia stato grave, essendo un peccato che porta alla scomunica nella Chiesa. Il sacerdote le consiglierà una penitenza forte. Lei forse piangerà in quel momento, e prima di abortire di nuovo ci penserà parecchio… E quell’uomo che compra cose rubate? E quella ragazza che non si fa rispettare dal fidanzato? E quella donna che sparla degli altri? E quell’ubriaco? Confessando i loro peccati, troveranno qualcuno che parla loro in nome di Dio e li fa riflettere e cambiare vita.

Cari fratelli, concludo questo testo con una grande speranza nel fatto che noi cattolici siamo capaci di riscoprire il grande tesoro della confessione.

Quante migliaia di persone hanno migliorato la propria vita solo facendo una buona confessione! Un grande psicologo diceva: “Non conosco alcun metodo tanto buono per migliorare la vita come la confessione dei cattolici”. Spero che questo “grande tesoro” che Gesù ha lasciato nella sua Chiesa sia anche fruttuoso per la crescita della nostra vita spirituale.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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