Il cardinale, Prefetto per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, lo ha detto a Zagabria durante la messa in onore della Madonna della porta di pietradi Guido Villa
Il 31 maggio di ogni anno, in occasione della Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria a santa Elisabetta, la Chiesa di Zagabria celebra la sua protettrice, la Madonna della porta di pietra, rappresentata con Gesù bambino in un quadro che sovrastava una delle porte di ingresso, la Porta di pietra, appunto, della cittadina di Gradec, oggi città alta di Zagabria, e che rimase intatto dopo un incendio scoppiato il 31 maggio 1731 – miracolo che il popolo ha da sempre interpretato come un segno che il Maligno, in questo caso rappresentato dalla furia distruttiva delle fiamme, non ha alcun potere sull’Immacolata Concezione.
In ricordo di tale avvenimento, ogni anno questo quadro miracoloso viene esposto alla venerazione dei fedeli per tutta la giornata in cattedrale. Seguono una solenne celebrazione eucaristica e una processione che dalla cattedrale, che si erge sulla collinetta di Kaptol posta di fronte a Gradec, scende nella piazza principale della città, Trg bana Jelačića, per poi salire nuovamente verso Gradec. Alla Porta di pietra, dopo una solenne benedizione, il quadro viene riposto in una nicchia che è meta, ogni giorno, di numerosi fedeli.
Quest’anno, la Messa e la processione sono state presiedute dal cardinale Robert Sarah, Prefetto per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
Nella sua omelia, il porporato ha notato anzitutto come nell’immagine rappresentata dal quadro miracoloso la Vergine Maria non tenga in braccio Gesù bambino, bensì «con la sua mano lo indica, proprio per dire che siamo invitati a guardare a Gesù, poiché “Lui è la Via, La Verità e la Vita”». La Madonna, quindi, «è in particolar modo colei che indica la strada, quella vera, che è Gesù Cristo. Amando la Vergine Maria … si riesce a stabilire un vero rapporto personale di amicizia con Gesù, vero Dio e vero uomo, il solo che riesce a dare senso a tutta la nostra esistenza».
Ciò che colpisce nel brano di Vangelo dell’Annunciazione e della Visitazione, afferma il Prefetto per il Culto divino, è la parola “in fretta”: «Il Vangelo mette sempre fretta, spinge ad uscire dalle proprie abitudini, dalle proprie preoccupazioni e dai propri pensieri…esso ci fa alzare dalle nostre comodità e ci spinge a essere accanto a chi soffre o comunque a chi ha bisogno di un aiuto materiale o spirituale, come l’anziana Elisabetta che stava affrontando una difficile maternità».
La gioia di Maria, la prima discepola del vangelo, si esprime nel canto del Magnificat. Un canto «che manifesta la gioia di una umile e povera ragazza di uno sperduto villaggio della Galilea nel vedere che il Signore del cielo e della terra si è chinato su di lei, sua povera serva». Maria non si reputa degna di considerazione, ella sa «che tutto le viene da Dio, e da Dio è la sua grandezza e la sua forza; quello stesso Dio, che ha liberato Israele, che ha protetto i poveri e i piccoli, che ha umiliato i superbi e che ha ricolmato di beni gli affamati, si è chinato su di lei e l’ha amata». Maria l’ha accolto nel suo cuore, e da quel giorno, attraverso di lei, Dio ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini.
Con Gesù nel suo grembo, Maria si apre alla carità andando a prestare aiuto all’anziana cugina. Tuttavia, per il cardinale Sarah, l’aiuto da prestare ai poveri non si riduce al livello materiale: «Anche noi, come Maria, siamo chiamati a portare Gesù Cristo agli altri. Con il nostro battesimo abbiamo accolto con fede Gesù e il suo vangelo e pertanto è nostro dovere comunicarlo agli altri».
Chi è incaricato dell’annuncio del Vangelo deve viverlo personalmente, poiché «non si tratta di propagandare una dottrina o un’ideologia, ma di rivelare e comunicare una vita. Il cristiano deve rendere presente, attraverso la sua parola e la sua stessa vita, Gesù stesso». Per fare questo, non è necessaria alcuna particolare specializzazione: «Chiunque accoglie Gesù nel proprio cuore e lo segue, non a parole, ma con i fatti, è suo testimone ovunque si trovi: a casa, in ufficio, in strada, al lavoro. Tutto ciò che siamo, tutto ciò che facciamo, incluse le nostre capacita e le nostre forze nell’annuncio del Vangelo, sono doni di Dio».
È il Signore l’autore della nostra vita, per questo motivo, noi non invidiamo i ricchi e i potenti, perché non siamo più del mondo, ma siamo di Dio. Afferma il cardinale Sarah: «Ecco perché il Magnificat è un canto profetico, perché ci fa comprendere, così com’è, la realtà degli uomini. Senza il perdono di Dio, senza l’esperienza del Signore, la nostra vita è perduta. Se non viene la Madonna ad abitare la nostra casa, se non viene la Madonna a donarci il suo figlio Gesù Cristo che ci viene a portare la vita che ci salva, noi resteremo nella morte».
Nei suoi tempi più bui, il popolo croato ha fatto esperienza di come il Signore renda ricchi i poveri con la fede. Le donne e gli uomini di fede, i cristiani che vivono l’esperienza di Dio, infatti, sono immersi nella contemplazione del Signore Nostro Dio, sono cittadini della città celeste. Un esempio dell’essere cittadini di questa città celeste, ha proseguito il Prefetto della Congregazione per il culto divino, è rappresentato dal beato cardinale Stepinac. Egli era «follemente innamorato della Vergine Maria», e rafforzato da questo legame, ha donato tutta la sua esistenza al servizio di Dio e dei fratelli, soprattutto gli ultimi e gli abbandonati.
Il beato cardinale Stepinac è un esempio e un modello per tutti i pastori, in quanto, ha affermato il porporato guineiano, «da sacerdote e da vescovo …non ha mai abbandonato i fedeli a lui affidati, ma anche a costo della vita li ha difesi dal sopruso dei potenti. Non ha temuto di essere ucciso, ma con coraggio ha denunciato le azioni malvagie del sistema politico del tempo». Da uomo di fede qual era, il beato Stepinac «ha suscitato timore e paura ai ricchi e ai potenti di questa terra», ed essendo un uomo di Dio, e ha parlato in favore degli uomini. Egli «non si è inchinato dinanzi ai potenti di questo mondo, ma a nome di Dio e per la difesa della Fede, la sua parola era chiara, limpida e senza ambiguità, né compromessi». Questa è la fede che ci rende forti e coraggiosi. Al tempo della sua prigionia, da grande uomo di fede, non si è abbattuto, perché la sua fiducia era riposta solo nel Signore. Si è lasciato uccidere ma non ha ripudiato la sua fede cattolica.
Il cardinale Sarah si è chiesto «quanti cristiani, oggi, come il beato Alojzije torneranno a dire “io sono cristiano” dinanzi a tutto ciò che si oppone alla nostra fede. I martiri, una Chiesa di Martiri, è una Chiesa viva, che genera fiducia in questo marasma, in questa confusione del nostro tempo». Con la loro fede i martiri testimoniano di appartenere a Cristo: «Anche i tanti cristiani martirizzati in Nigeria, in Egitto, in Pakistan, in Medio Oriente e in tanti altri paesi del mondo, ci testimoniano che sono di Cristo e per Lui sono disposti a dare la vita».
Il Prefetto della Congregazione per il culto divino ha concluso la sua omelia invitando i fedeli a vivere con coraggio questi tempi difficili: «Non scoraggiamoci mai davanti alle ideologie e alle loro strategie diaboliche per distruggere la Chiesa, il matrimonio, la famiglia e gli insegnamenti dottrinali e morali e i comandamenti di Dio, poiché la Madonna sempre ci accompagna e ci sostiene nei momenti di prova. La Vergine Maria sempre accompagna i santi nella loro vita. Il nostro amato beato cardinale Stepinac, infatti, è voluto morire in compagnia della Vergine Maria, pregando il Santo Rosario e ricevendo i sacramenti. La Madonna, dunque, è la custode della nostra santità. Sia la Madonna anche per voi, per ciascuno di noi, la compagna sulle vie di questo mondo per conseguire il Paradiso. In fondo è il Paradiso, lo stare sempre in compagnia del Signore, la cosa più bella alla quale possiamo tendere e aspirare».