Un invito alla «reciproca collaborazione» tra vescovi e nuovi movimenti o aggregazioni, superando «ogni sterile contrapposizione o giustapposizione», è contenuta nella lettera Iuvenescit Ecclesia (La Chiesa ringiovanisce), approvata da Papa Francesco e pubblicata oggi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede del cardinale Gerhard Ludwig Mueller. Un documento, per usare le parole del teologo Piero Coda, che ha preso parte alla conferenza stampa di presentazione in Vaticano, che affonda le radici nel Concilio vaticano II ma assume un carattere di particolare attualità in un frangente storico nel quale Joseph Ratzinger ha preso il nome di Benedetto da Norcia e il gesuita Jorge Mario Bergoglio, che invita cattolici ad una rinnovata missionarietà, ha assunto quello del Poverello d’Assisi, «segni di un’inedita e promettente presa di coscienza – sin dai vertici della Chiesa – della reciprocità tra doni gerarchici e doni carismatici».
«Nella stagione post-conciliare abbiamo assistito ad un fiorire inatteso e dirompente di tante di queste realtà, favorendo anche il diffondersi di una riflessione sui carismi, come mai vi è stata prima nella storia della Chiesa», ha detto in conferenza stampa il cardinale Mueller, che con il segretario del dicastero, l’arcivescovo Luis Ladaria, ha firmato questo documento rivolto ai vescovi. «Il presente testo, giunto ormai ad una sua fisionomia definitiva dopo tanti anni di rielaborazione – lo studio iniziò nell’anno 2000 – intende infatti inserirsi all’interno di tale considerazione dei carismi, come momento autorevole che traccia alcune linee fondamentali, per rilanciarne in modo corretto ed adeguato la riflessione. In particolare, è parso necessario offrire ai Pastori ed ai fedeli una sicura ed incoraggiante considerazione della relazione fra questi doni, che ha vivacizzato la vita della Chiesa, specialmente con il sorgere, nel passato recente, dei “movimenti” e delle nuove comunità ecclesiali. Scopo del presente documento – ha sottolineato il porporato tedesco – è quello di favorire, attraverso una approfondita consapevolezza degli elementi essenziali relativi a doni gerarchici e carismatici, e al di là di ogni sterile contrapposizione o giustapposizione, una loro ordinata comunione, relazione e sinergia, in vista di un rinnovato slancio missionario ecclesiale e di quella “conversione pastorale” a cui in continuazione ci chiama Papa Francesco». Il testo è stato approvato da Papa Francesco in una udienza del 14 marzo scorso ed è firmato 15 maggio 2016, solennità di Pentecoste.
La lettera sottolinea che «l’antitesi tra una Chiesa istituzionale di tipo giudeo-cristiano e una Chiesa carismatica di tipo paolino, affermata da certe interpretazioni ecclesiologiche riduttive, non trova in realtà un fondamento adeguato nei brani del Nuovo Testamento. Lungi dal situare i carismi da una parte e le realtà istituzionali dall’altra, o dall’opporre una Chiesa “della carità” ad una Chiesa “dell’istituzione”, Paolo raccoglie in un unico elenco coloro che sono portatori di carismi di autorità e insegnamento, di carismi che giovano alla vita ordinaria della comunità e di carismi più clamorosi». Dopo aver citato i Papi Giovanni Paolo II «che ha coniato il concetto di “coessenzialità” tra doni della Chiesa), Benedetto XVI e Francesco, «è dunque possibile – sottolinea il documento – riconoscere una convergenza del recente Magistero ecclesiale sulla coessenzialità tra doni gerarchici e carismatici. Una loro contrapposizione, come anche una loro giustapposizione, sarebbe sintomo di una erronea o insufficiente comprensione dell’azione dello Spirito Santo nella vita e nella missione della Chiesa». In questo senso, «la nascita di eventuali tensioni esige da parte di tutti la prassi di una carità più grande, in vista di una comunione e di un’unità ecclesiali sempre più profonde». Nel testo, peraltro, si sottolinea che «anche il celibato, richiesto ai presbiteri nella venerabile tradizione latina, è chiaramente nella linea del dono carismatico; esso non è primariamente funzionale, ma “rappresenta una speciale conformazione allo stile di vita di Cristo stesso”, in cui si realizza la piena dedizione di sé in riferimento alla missione conferita mediante il sacramento dell’Ordine».
E’ necessario «evitare che si concepisca come contropotere rispetto ai vescovi», ha sottolineato da parte sua il cardinale Marc Ouellet, prefetto della congregazione dei Vescovi, «il testo chiarisce, teologicamente e a partire della Sacra Scrittura e della vita della Chiesa, che integrare meglio la dimensione carismatica abbracciando le nuove forme e le forme antiche o tradizionali». A chi domandava se Papa Francesco sia troppo carismatico e troppo poco gerarchico, il porporato canadese ha risposto che il Pontefice «con il suo modo di essere pastore aiuta tutti i vescovi ad essere più acuti nel discernere, nell’accompagnare e nell’accogliere, rispondendo ad un bisogno della Chiesa nel seguire la realtà della fede così come è vissuta nei nostri giorni con le difficoltà dottrinali, disciplinari, sacramentali».
Con questo documento la Congregazione per la Dottrina della fede, ha sottolineato da parte sua monsignor Piero Coda, membro della Commissione Teologica Internazionale, «mostra la qualità di dicastero che offre chiarificazioni teologiche che nutrono il cammino della Chiesa: c’è una sinergia costitutiva nel mistero della Chiesa tra doni gerarchici e la continua, multiforme e variegata irruzione carismatica, che non si può codificare perché è in mano diretta dello Spirito santo, e risponde, di tempo in tempo, alle necessità e alle istanze del popolo di Dio, guardano all’umanità intera, alle sue ferite, richieste e interrogativi». Il teologo ha ricordato un intervento del 1998 nel quale l’allora cardinale Ratzinger parlava di quelle «ondate di movimenti, che rivalorizzano di continuo l’aspetto universalistico della missione apostolica e la radicalità del Vangelo, e proprio per questo servono ad assicurare vitalità e verità spirituali alle Chiese locali». Monignor Coda ha infine citato don Divo Barsotti, mistico fiorentino che auspicava il sorgere nella Chiesa di un movimento religioso di inusitata «potenza d’amore» che, egli diceva, «deve sorgere dai laici. Benedetto e Francesco erano laici. Il compito della gerarchia, cui spetta legiferare, è di un controllo perché l’assistenza divina, indubbia, preserva la Chiesa dal cadere nell’errore, ma il movimento non è realizzato dalla gerarchia». Nella stagione attuale, ha poi concluso, «c’è forse qualcosa di inedito e questo documento lo attesta: Papa Ratzinger che ha voluto riprendere il nome di Benedetto da Norcia, e Papa Bergoglio, un figlio spirituale di Sant’Ignazio, che – primo Papa nella storia – ha assunto il nome del Poverello d’Assisi, son forse segni di un’inedita e promettente presa di coscienza – sin dai vertici della Chiesa – della reciprocità tra doni gerarchici e doni carismatici. Ciò che il presente documento auspica, a tutti i livelli, per l’intero Popolo di Dio».
Alla conferenza stampa ha offerto la sua testimonianza anche Carmen Aparicio Valls, docente alla facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana e membro dell’Istituzione Teresiana. Ad una domanda in merito alla recente idea, prospettata da Papa Francesco, di una commissione di studio sulle diaconesse, il card. Mueller si è limitato a rispondere che si tratta di un «tema storico» sul quale ha riflettuto dieci anni fa la Commissione teologica internazionale e al quale egli stesso ha già dedicato tre libri.