Il concilio di Creta in programma dal 19 al 26 giugno, per svolgersi nelle date previste – e stabilite per decisione unanime di tutti – se si terrà vedrà la partecipazione di dieci delle quattordici Chiese ortodosse. Non vi prenderà infatti parte la Chiesa russa, con il patriarca di Mosca Kirill, che da solo ha giurisdizione su oltre la metà dei cristiani dell’ortodossia. L’annuncio è arrivato la sera di lunedì 13 giugno da Mosca. Il Sinodo straordinario della Chiesa ortodossa russa si è riunito e ha deciso il da farsi dopo le defezioni degli ultimi giorni, aderendo alla richiesta di rinvio già presentate da altri. In mancanza di questo rinvio, i russi non prenderanno parte al concilio.
«Tutte le Chiese devono partecipare al concilio panortodosso – ha dichiarato il metropolita Hilarion Alfeyev, capo del Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato russo – e solo in questo caso le decisione prese dal concilio saranno legittimate». Il metropolita ha cercato però di minimizzare le difficoltà: «La situazione non è catastrofica, è una situazione regolare».
È noto che la tendenza della Chiesa di Mosca fosse questa, cioè la richiesta di rinviare il concilio, il primo di tutte le Chiese ortodosse dopo oltre mille anni, in preparazione da oltre cinquant’anni. Il metropolita Hilarion, già domenica 12 giugno dopo la liturgia aveva detto che «è meglio rimandare» l’appuntamento piuttosto che «fare le cose di fretta».
«Nel corso di 55 anni di preparazione del Concilio panortodosso, abbiamo parlato del fatto che questo deve essere un fattore di unità della Chiesa, e in ogni caso non dovrebbe causare divisioni», ha sottolineato Hilarion. «Se riteniamo che la preparazione non è completata e che alcuni problemi non sono ancora stati chiariti, è meglio rimandare questo Concilio che fare le cose di fretta, e in particolare senza la partecipazione di numerose chiese locali. Non vi può essere un Concilio panortodosso, se non partecipa l’una o l’altra Chiesa locale», ha poi avvertito.
La prima defezione al Concilio era stata annunciata dalla Chiesa bulgara a cui si sono unite anche quella serba – poi rientrata – e il Patriarcato di Antiochia, quest’ultimo a motivo di un’annosa questione che lo divide da quello di Gerusalemme per la giurisdizione territoriale sul Qatar. La Chiesa georgiana ha parlato di «ostacoli» alla sua partecipazione, mentre è nota anche la contrarietà dei monaci del monte Athos. I malumori si concentrano sui testi di alcuni documenti che il concilio dovrà discutere e promulgare, tra cui quello relativo al rapporto degli ortodossi con le altre confessioni cristiane. I critici ne chiedono delle modifiche e il rinvio del concilio stesso, ipotesi che ha trovato l’opposizione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, responsabile dell’organizzazione dell’evento a Creta.
In realtà le defezioni hanno rappresentato una sorpresa, dato che, com’è usanza nelle Chiese ortodosse, ogni decisione in merito al concilio, alle date, alle modalità di svolgimento e ai testi da discutere, tutte le decisioni erano state sempre prese unanimemente dai leader o dai rappresentanti delle Chiese. Perché il calendario è stato prima approvato da tutti e poi messo in discussione? A che cosa si devono, allora, i ripensamenti, che hanno contribuito a mostrare al mondo un volto dell’ortodossia come una realtà molto divisa al suo interno? Non è escluso che un ruolo significativo lo possa aver giocato proprio il patriarcato di Mosca.
La Chiesa numericamente, economicamente e strutturalmente più forte ha anche una forte caratterizzazione nazionale e un legame di ferro con la presidenza russa. Lo stesso si può dire di altre Chiese ora dubbiose in merito alla partecipazione, che comunque mantengono legami solidi con quella russa. Non è escluso che a Mosca non si sia voluto dare troppa importanza al ruolo di Bartolomeo, il patriarca ecumenico di Costantinopoli, che vanta un primato d’onore su tutta l’ortodossia ma che è numericamente debole e soprattutto vive in una realtà di cristianesimo minoritario nel grande paese islamico che è oggi la Turchia. Eppure proprio in questa sua debolezza sta la forza del patriarcato di Costantinpoli, che con figure luminose, come Atenagora negli anni Cinquanta e Sessanta ha dato un impulso straordinario al cammino ecumenico dei cristiani, eredità continuata oggi da Bartolomeo, sotto la cui guida il patriarcato ha saputo parlare al mondo e assumere un ruolo di autorità morale riconosciuto.
Domenica Hilarion aveva anche detto che la decisione russa era «molto importante e da questa dipenderà in gran parte il destino della Chiesa ortodossa: o vivremo in pace e concordia con le altre Chiese locali o vivremo in conflitti, dispute e discussioni». «Sappiamo che nella storia della Chiesa ha sempre agito e agirà lo Spirito Santo – aveva concluso – e crediamo che lo Spirito Santo ci indicherà la giusta decisione». Alla fine la decisione è stata per il no. Hanno vinto i conflitti, le dispute e i ripensamenti. Mentre Bartolomeo auspicava che tutti i dubbi, i contrasti e le discussioni fossero portate dentro il dibattito conciliare.
Bisognerà attendere sviluppi per sapere che cosa accadrà ora. Da Costantinopoli viene comunicato che l’appuntamento del 19 giugno a Creta rimane fissato: essendo un incontro stabilito da tutti non può essere soltanto il patriarca Bartolomeo a deciderne il rinvio. Sarà un inizio di discussione e di lavoro, l’inizio di un processo e di un percorso lungo, con la speranza che le Chiese decise oggi a non parteciparvi possano in futuro rivedere le loro posizioni.
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