Il fronte britannico filo-Ue gioca tutte le cartucce e schiera anche l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, massimo dignitario ecclesiastico della gerarchia anglicana, con un’esplicita dichiarazione di voto in vista del referendum del 23 giugno. «Io voto per restare», annuncia Welby dalla prima pagina del Mail on Sunday. Far parte dell’Ue vuol dire «costruire ponti, non barriere», sottolinea poi in un’intervista nella quale riecheggia tra l’altro gli allarmi dello schieramento anti-Brexit sul rischio che un divorzio da Bruxelles possa significare tagli alle pensioni e alla sanità, ma anche alla difesa nel regno. Timori analoghi a quelli rilanciati oggi stesso dal premier David Cameron e rivolti apparentemente in particolare all’elettorato maturo e anziano: il più euroscettico, ma anche il più sensibile – in genere – alle raccomandazioni del primate della Chiesa d’Inghilterra.
In una lettera aperta, annuncia intanto di votare per l’Ue anche Samantha Cameron, consorte di solito riservatissima di David. Mentre un appello forte all’elettorato di sinistra arriva dal leader del Labour, Jeremy Corbyn, finora accusato da alcuni di essere stato piuttosto tiepido nella campagna referendaria, che al Sunday Mirror scrive: «Ho visto con i miei occhi come l’appartenenza all’Ue abbia aiutato ad assicurare ai lavoratori più occupazione, investimenti, diritti e protezione dell’ambiente. Ed è per questo che, a dispetto di tutti i suoi errori, io credo che sia meglio votare per rimanere in Europa e lavorare dal di dentro con i nostri amici per promuovere i cambiamenti di cui ha bisogno».