Uno studio ne rivela le caratteristiche tutt’altro che reazionarieÈ istruito e svolge professioni di medio o alto rango. Non è attirato da un cattolicesimo cupo con tentazioni millenariste, né al contrario da un sincretismo religioso post-moderno e nemmeno dal miracolismo con retrogusto vagamente magico. Va in pellegrinaggio, ci ritorna volentieri e afferma che la visita in quel luogo gli ha cambiato la vita.
Di Medjugorje, il piccolo paese dell’Erzegovina dove agli inizi degli Anni 80 alcuni bambini e ragazzi dissero di aver visto la Madonna e ancora oggi molti di loro diventati adulti continuano ad avere le apparizioni, si è sempre parlato molto. Ma quasi nessuno aveva studiato la tipologia del pellegrino che vi si reca. L’ha fatto il sociologo dell’Università Cattolica di Milano Luca Pesenti. La sua ricerca è pubblicata nel volume «La mia vita è cambiata a Medjugorje», curato dal giornalista Gerolamo Fazzini (Edizioni Ares, pag. 264, 14 euro).
IL CAMPIONE
Pesenti, che non nasconde la sua «freddezza» rispetto al fenomeno, ha analizzato un campione di 1049 questionari, compilati da pellegrini che Rusconi Viaggi ha portato a Medjugorje tra l’aprile e l’ottobre 2015 in autobus o in aereo. Il 77,4% del campione proviene dalla Lombardia, quasi il 13,3% dal Piemonte. Pellegrini del Nord-Ovest italiano e in particolare da contesti di provincia: da Milano arriva infatti poco più del 12% dei lombardi, da Torino poco più dell’11% dei piemontesi. La maggioranza abita dunque in centri di piccole dimensioni, inferiori ai 20 mila abitanti.
Si tratta di una popolazione a marcata prevalenza femminile (68,8%), con un’età media piuttosto elevata: meno del 28% del campione è infatti composto da «under 50», mentre il 34% è rappresentato da persone con più di 65 anni. Ben il 44% degli intervistati sono pensionati. Chi svolge una professione (483 individui, il 46% del campione, tolti religiosi, studenti, casalinghe e disoccupati) mostra uno status significativo: 4 persone su 10 svolgono lavori di elevato profilo: imprenditori, dirigenti, liberi professionisti o docenti universitari. A questi si aggiungono poi, in proporzione quasi identica, i rappresentanti tipici del ceto medio: insegnanti, piccoli professionisti, impiegati e artigiani.
Uno spaccato sui generis motivato anche dai costi del pellegrinaggio, che però rompe un cliché consolidato nell’immaginario collettivo sulla tipologia del pellegrino. Nel campione i praticanti, coloro che vanno a messa, sono circa il 75%, più del doppio della media italiana. Pochi sono separati o divorziati (49 casi in tutto) oppure conviventi (15 casi).
LE MOTIVAZIONI
Queste le motivazioni che spingono al pellegrinaggio: per il 38% la ricerca di un conforto spirituale, per il 23% la richiesta specifica di grazie per sé o per altri, per l’11,7 % il ringraziamento per grazie ricevute, fino al 17,7% per una necessità di contatto con il sacro o per il 15% a motivo di un invito. I semplici curiosi sono il 5,6%.
I pellegrini sono credenti che mettono in cima alle priorità ideali quelle legate all’incontro con i bisogni dell’altro (53,3%) e alla difesa e rispetto della vita in tutte le sue forme (51,4%). Le attitudini di orientamento comunitario sono invece meno diffuse: partecipare alla vita parrocchiale (22%), far parte di associazioni o gruppi (10,9%) e impegnarsi in politica per difendere il bene comune (solo 4,5%) sono minoritarie.
Quasi la metà del campione (48,8%) era già stato in precedenza a Medjugorje e nei due terzi di questi ultimi casi siamo di fronte a una sorta di pellegrinaggio «seriale». Per il 39% è stato il primo luogo di pellegrinaggio in assoluto, mentre per l’8% è stato il primo pellegrinaggio mariano.
Da prima a dopo il viaggio cambia il giudizio sulle apparizioni: la sicurezza moderata dell’inizio, segnalata dal 70%, supera l’85% al termine del viaggio, con una certezza «assoluta» raggiunta dal 59% (rispetto al 41% dichiarato alla partenza). «Si tratta – commenta Pesenti – di un effetto di spostamento molto rilevante, che conseguentemente abbatte l’area del dubbio e dello scetticismo sotto il 9% rispetto al 22% di partenza». Solo il 5% degli intervistati è tornato a casa con un giudizio deludente.
La grande maggioranza di quelli che fanno ritorno a Medjugorje segnalano un cambiamento di vita. Il 48,8% dichiara che «qualcosa» è cambiato dopo la prima visita e che «molto» è cambiato per un ulteriore 30,4%, fino al cambiamento radicale segnalato dal 14,5% dei casi. L’effetto Medjugorje porta a un aumento di frequenza nelle pratica religiosa, ai sacramenti e alla preghiera.
Questo articolo è stato pubblicato nell’edizione odierna del quotidiano La Stampa