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Vuoi tenere segreto il nome del bambino che aspetti?

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Kathleen Torrey - pubblicato il 09/06/16

All'inizio io e mio marito non lo volevamo dire per proteggerci da commenti negativi, ma poi abbiamo capito che ci stavamo perdendo qualcosa...

Annunciare il nome di un bambino che sta per nascere è sempre stato un momento di gioia e significato religioso. Nell’ebraismo, ad esempio, il patto di circoncisione incorpora un rituale in cui il padre legge dalla Torah e dà formalmente il nome al figlio. Nel Medioevo si tenevano spesso cerimonie simili anche per dare il nome alle bambine. Nella cerimonia dell’Hollekreisch, i bambini ebrei tedeschi e svizzeri dicevano “Holle, Holle, quale sarà il nome della bambina?” tre volte mentre alzavano la sua culla.

Per quanto mi riguarda, a tre mesi di gravidanza ho annunciato il nome di mia figlia a spazzolini da denti e saponette, scrivendolo in continuazione sulla porta della doccia invasa dal vapore. Bellissimo sia in corsivo che in stampatello, il suo nome è tanto elegante quanto forte. Riprende il nome di due santi e due membri della famiglia (entrambi chiamati così per riprendere il nome di altri parenti), ma ha anche un aspetto extra tutto suo.

All’epoca non sapevo che avrei avuto una bambina, e così ho aggiunto il nome che avevamo scelto nel caso in cui fosse stato un maschietto. Anche quello è un bel nome, ma non mi suonava vero come quello da femminuccia che avevamo scelto. Le gocce di acqua calda scendevano giù, ponendo fine alla mia cerimonia e cancellando il mio annuncio.

Il nome della nostra bambina è stato qualcosa che mio marito ed io abbiamo portato nella preghiera non appena abbiamo saputo che eravamo in attesa. Il nome è il primo dono che i genitori fanno al proprio figlio. Significa qualcosa su una persona per tutti quelli che incontrerà nella vita, e volevamo scegliere qualcosa che avrebbe onorato Dio.

Nei primi giorni della mia gravidanza, abbiamo condiviso emozionati la nostra breve lista di nomi con qualche amico e familiare. Ci sono state offerte opinioni più varie di quelle che avremmo voluto, e allora abbiamo deciso di rimanere in silenzio da quel momento in poi, riservando a noi due la discussione Sylvia contro Helen e Luke contro Alexander.

Se altre coppie che conosciamo hanno scelto di tenere segreto il nome del proprio bambino per mantenere un po’ di sorpresa o mistero, la nostra decisione si è basata sul tentativo di difenderci da tutte le opinioni negative e dai commenti strani e noncuranti che avremmo potuto ricevere. Volevamo anche evitare qualsiasi tentativo di persuaderci ad abbandonare i nomi che avevamo già scelto.

Ora sappiamo prima chi sia il nostro bambino, ma questo non elimina il mistero

Al giorno d’oggi sappiamo più cose fondamentali relative ai nostri bambini ancora nel grembo di quelle che conoscevano tutte le generazioni precedenti. Riusciamo a testare problemi genetici. Riusciamo a sapere il sesso del bambino. Riusciamo a ottenere immagini in 3D. Quando si è trattato di conoscere il sesso del bambino, all’inizio non volevamo saperlo, ma man mano che passavano le settimane ci siamo stancati di riferirci tutto il tempo a nostro figlio come a “lui o lei”, e dopo averne parlato abbiamo deciso di conoscere il sesso del nostro piccolo a 20 settimane anziché a 40. Anche se avrebbe sicuramente cambiato il momento della sorpresa, non ci avrebbe privati del mistero. Sapere che avremmo avuto una bambina ci ha riempiti di stupore e di gioia.

Tutte le cose che riusciamo a sapere sui nostri piccoli al giorno d’oggi – il sesso, le misure e le immagini – non devono rendere per forza l’esperienza meno intima o meno splendidamente misteriosa. Per me, queste informazioni sono semplicemente uno strumento. La vita è e sarà sempre un mistero.

Quando è nato mio nipote, i suoi genitori hanno mandato a tutti un testo che includeva le sue misure e il suo nome, che abbiamo saputo per la prima volta. L’annuncio ha fatto scalpore, senza dubbio. La sua presenza fisica tra di noi, insieme al nome con cui viene chiamato ora, hanno fornito una certa definitività. Nella comunità esteriore, la sua vita era ormai formalizzata.

Ma la vita è qui e ora, già nel grembo. Mia figlia non è “potenzialmente” un membro della mia famiglia. Lei è già tutte quelle cose, che mi rendono davvero mamma e rendono mia madre davvero nonna già da adesso. E quindi lei merita di essere conosciuta! Per me e mio marito scoprire il sesso della nostra bambina è stata una parte di quel processo conoscitivo. In parte, penso che sia stata la nostra fiducia nei nomi che avevamo scelto per la nostra bambina a spingerci a riesaminare la nostra decisione sul fatto di conoscerne il sesso. Ci sentivamo già pronti per lei.

Offrire il nome è come offrire un ramo d’ulivo

Anche se mia figlia non può essere vista dal mondo esterno tranne che nel gonfiore della mia pancia, la sento muoversi continuamente. Ha modificato il mio corpo e le mie esperienze quotidiane. In una cultura che spesso considera i più giovani e i più vulnerabili come articoli usa e getta o meno di una persona, abbiamo anche provato un senso di protezione offrendo alla nostra bambina un nome prima che nascesse (indipendentemente dalle persone, se ce n’erano, con cui abbiamo scelto di condividerlo).

Di recente mio marito ed io abbiamo deciso di condividere il nome che abbiamo scelto con una ristretta cerchia di persone. Dire ora il nome di mia figlia a familiari e amici è come un ramo d’ulivo, che estende a loro il mio rapporto e quello di mio marito con la nostra bambina. La gente apprezza quando le vengono affidate cose preziose. La maggior parte di quelli a cui l’abbiamo rivelato ha solo riflesso la nostra gioia. Non abbiamo ricevuto reazioni negative dalle persone a noi più vicine.

Il suo nome sarà pronunciato nella comunità dei fedeli in occasione del suo Battesimo, e il significato religioso del suo nome esprimerà allora la sua appartenenza a Dio. Ma come noi già preghiamo perché lei glorifichi Dio in tutte le sue azioni, è confortante poter pronunciare fin d’ora il nome con cui lo farà.


Kathleen Torreyvive in Virginia (Stati Uniti) con il marito e aspetta la sua prima figlia. Scrive di cattolicesimo, miti, sofferenza ed educazione. Sta anche scrivendo un libro di favole e una raccolta di poesie.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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