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Cosa c’entrano gli angeli con il Sacro Cuore di Gesù?

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padre Antonio María Cárdenas - pubblicato il 08/06/16

Aiutano a comprendere, tra le altre cose, il vero significato della mitezza

Come cristiani, abbiamo grandi ricchezze e tesori che a volte non conosciamo e pensiamo siano qualcosa di “normale” o “superfluo”, e tuttavia sono grandi grazie che Dio ci offre perché il nostro cuore ami come Lui e trovi la pace, la verità e la bellezza che provengono solo da Lui.

Tra questi tesori spicca il culto al Sacro Cuore di Gesù. Già papa Pio XII, nell’enciclica Haurietis Aquas del 15 maggio 1956, diceva che “questo culto, considerato nella sua propria essenza, è un atto eccellentissimo della virtù di religione, cioè un atto di assoluta e incondizionata sottomissione e consacrazione da parte nostra all’amore del Redentore Divino, di cui è indice e simbolo quanto mai espressivo il suo Cuore trafitto”.

Come affermava San Giovanni Paolo II, il cuore ardente di Gesù è la fonte della vita d’amore dei santi, degli angeli e degli uomini. Il Cuore Divino, continuava, è lo spazio vitale dei beati, il luogo in cui rimangono nell’Amore (Gv 15, 9), traendo da Lui la gioia perenne e senza limiti (cfr. Angelus del 12/11/1989).

Visto che è proprio dell’amore donarsi, gli angeli escono da questo “spazio vitale”, o, secondo la descrizione di Giacobbe, salgono e scendono da questo Sacro Cuore e vengono da noi uomini per accenderci in questo Amore Divino. Queste creature spirituali ci aiutano quindi a crescere nella conoscenza di questo amore che sboccia dal Cuore Divino e a rimanere in Lui.

Questo aiuto che ci prestano i santi angeli deriva dal fuoco d’amore del Cuore di Gesù. Avendo come “spazio vitale” questo Cuore Divino, gli angeli contemplano la pienezza dell’amore misericordioso dell’Amore del Redentore nei confronti degli uomini.

Gli angeli vedono in primo luogo il loro Signore, contemplano il suo Cuore trafitto da ogni uomo e si stupiscono vedendo il cuore umano-­Divino del Signore.

È da questo cuore mite e umile (cfr. Mt 11, 29) che ci contemplano gli angeli, e davanti a questo restano ammirati vedendo il cuore umano del Figlio di Dio e l’amore estremo con cui Egli ha amato ciascuno di noi.

Gli angeli, però, capiscono che questo Cuore di Gesù, Redentore e Signore della Creazione, è un cuore mite e umile, e per questo cercano di far sì che anche il nostro abbia queste caratteristiche.

La mitezza, ha detto Giovanni Paolo II, consiste nel vivere in Dio. “Non si tratta di codardia, ma dell’autentico valore spirituale di colui che sa porsi di fronte al mondo ostile non con ira, non con violenza, ma con benignità e amabilità; vincendo il male col bene, cercando ciò che unisce e non ciò che divide, il positivo e non il negativo, per ‘possedere così la terra’ e costruire in essa la ‘civiltà dell’amore’” (cfr. omelia del 2/2/1985).

Gli angeli ci portano a questo amore, a vivere con Lui, dentro di Lui, e a dare testimonianza di questo amore mediante un amore senza egoismo, senza orgoglio né desideri di vendetta, ma un amore puro e benevolo. Un amore capace di avere compassione e di essere misericordioso con i fratelli.

I santi angeli contemplano questo Amore Divino, lo adorano e si stupiscono davanti a questo grande mistero, ma vanno oltre: ci contemplano all’interno di questo Amore Divino e ci aiutano a fare memoria dell’amore con cui ciascuno di noi è stato acquistato.

Tutto questo per far sì che abbiamo un cuore come quello di Gesù: mite e umile.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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