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Domenicani alla riscossa!

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Kathryn Jean Lopez - pubblicato il 07/06/16
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L’autore Kevin Vost parla di questo Ordine che festeggia 800 anni e di come sta influendo sul XXI secolo“I Domenicani salveranno il mondo”, ha commentato un amico mentre aspettavamo la prima benedizione di un sacerdote appena ordinato sabato. Non è la prima volta che sento dire una cosa del genere – il più delle volte come commento alle immagini di fratelli e sacerdoti giovani, stimolanti e pii che affollano la Dominican House of Studies (DHS) di Washington, D.C., o del fatto che quella che una volta era una residenza per sacerdoti anziani e problematici ora ospiti i Domenicani all’inizio del cammino, il cui numero eccede la capacità della DHS.

L’Ordine domenicano, fondato da San Domenico, compie 800 anni quest’anno. Quale occasione migliore per la Provincia Orientale di St. Joseph per assistere alla più numerosa sessione di ordinazione in 45 anni? Undici uomini sono stati ordinati due settimane fa dall’arcivescovo Augustine DiNoia, anche lui domenicano, nella basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington, D.C., nei mesi scorsi teatro della Messa papale e del funerale del giudice Antonin Scalia. L’arcivescovo DiNoia, attualmente lo statunitense più influente in Vaticano, ha definito questi uomini una risposta alle preghiere. Pregate per loro e pregate perché ce ne siano di più.

Kevin Vost è l’autore di Hounds of the Lord: Great Dominican Saints Every Catholic Should Know (Cani del Signore: grandi santi domenicani che ogni cattolico dovrebbe conoscere), una sorta di guida pratica per l’800° anniversario dell’Ordine domenicano. Lo abbiamo intervistato.

Lei ha scritto che “un modo per contrastare le pressioni moderne a conformarsi al mondo e ignorare Dio è abbracciare la via domenicana”. Cosa c’è di così speciale in questa via? C’è qualche “ricetta base” da seguire?

C’è un vecchio detto che dice “Sei hai conosciuto un domenicano, hai conosciuto un domenicano”, che suggerisce il fatto che c’è sicuramente più di una “via domenicana”, considerando il modo in cui si esprime attraverso la personalità e i talenti di ogni individuo. Ci sono tuttavia vari denominatori comuni tra i Domenicani che forniscono la “ricetta base” per “cucinare” un domenicano. Uno dei loro motti dichiara la loro missione attiva: “Lodare, benedire, predicare”. I tradizionali “quattro pilastri” della vita domenicana sono la preghiera, lo studio, la vita comunitaria e la predicazione. Forse l’ingrediente più essenziale che compare in entrambi i casi è la predicazione. E cosa predicano? Il loro motto più conciso è semplicemente “Veritas” (“Verità”).

Perché quando si parla di San Domenico e dei Domenicani si nominano spesso i cani?

San Domenico viene spesso raffigurato con accanto un cane con una torcia in bocca perché sua madre, la beata Giovanna d’Aza, ebbe una visione prima della sua nascita in base alla quale avrebbe partorito un cane che sarebbe andato con una torcia in bocca a illuminare il mondo. Il suo Ordine è chiamato ufficialmente Ordine dei Predicatori, ma è noto come Ordine domenicano per via del nome del fondatore. I Domenicani sono stati a lungo chiamati cani o segugi del Signore per via di un gioco di parole relativo al termine latino riferito a loro, visto che Domini significa “del Signore” e canis “cane”. I Domenicani sono quindi i “cani del Signore”.

Cosa intende Tommaso d’Aquino quando dice che la preghiera è una cosa assai razionale? Alla maggior parte delle persone sembra che lo sia di più il fatto di servire. Non sempre la preghiera sembra la cosa più razionale. Ad alcuni può sembrare perfino una perdita di tempo.

La preghiera può essere vista come una perdita di tempo se viene considerata un tentativo di adulare o persuadere Dio, di fargli cambiare idea di modo che gli eventi intorno a noi si conformino alla nostra volontà. Tommaso, però, vede la preghiera come qualcosa che eleva il nostro cuore e la nostra mente a Dio. Attraverso la preghiera chiediamo a Dio di garantirci le sue benedizioni, ma tenendo a mente che Dio sa molto meglio di noi ciò che andrà davvero a nostro beneficio. Secondo San Tommaso, il ringraziamento è una parte essenziale della preghiera. Come esseri umani, siamo capaci di essere consapevoli di tutte le grandi benedizioni che riceviamo da Dio, inclusa la nostra stessa esistenza. La gratitudine è davvero una virtù grande e nobile, e la preghiera è uno degli atti religiosi in cui rendiamo grazie a Dio. Con un atteggiamento di gratitudine, è molto più probabile che impieghiamo meno tempo a lamentarci e più tempo a lodare, benedire e predicare. I Domenicani ricorderanno anche che la preghiera è uno di quei quattro grandi pilastri, e lo stesso San Tommaso faceva precedere la preghiera allo studio. Fino ad oggi, infatti, abbiamo portato avanti la sua splendida preghiera Ante Studium, Prima dello Studio. La preghiera precede anche ogni tipo di servizio, di modo che questo servizio venga eseguito e ispirato da e per la gloria di Dio.

Scrivendo su Santa Caterina da Siena, lei afferma che “Dio, nella sua Provvidenza, ha disposto il mondo in modo tale che dai vizi in alcuni sboccino le virtù in altri; dalla contrizione per il peccato sbocci la misericordia illimitata; dalla sofferenza terrena sbocci la gioia celeste”. In che modo Caterina – o altri modelli domenicani – ci può aiutare ad avere una vita e una cultura più virtuose?

Santa Caterina ha sottolineato che Dio ci ha dato gli uni agli altri perché potessimo dimostrare il nostro amore nei Suoi confronti attraverso l’amore per il prossimo. E allora come possiamo diventare pazienti se non incontriamo persone che mettono alla prova la nostra pazienza? Come possiamo mostrare misericordia nei confronti degli altri se noi stessi a volte – forse molte, molte volte – non siamo caduti nel peccato? Molti santi domenicani hanno scritto di queste virtù con istruzioni specifiche su come crescere in esse. Tutti i santi domenicani le hanno modellate per noi nella loro vita.

Lei ha scritto un intero libro sulle virtù. Perché sono così importanti? Devono subire un “revival”? E come può essere possibile?

Il mio libro sulle virtù si intitolava Unearthing Your Ten Talents (Dissotterrare i tuoi dieci talenti) e mi sono concentrato su dieci virtù. Le virtù devono subire un “revival” in grande stile, perché sono perfezioni dei poteri umani che Dio ha dato a ciascuno di noi. Scommetto che la maggior parte delle persone rimarrebbe sorpresa da quanta profondità ci sia nel concetto di virtù.

C’è qualcosa che i Domenicani sottolineano o accentuano in modo unico circa le virtù?

Sì. Condividono con tutti i cattolici il riconoscimento del fatto che le virtù più elevate eccedono i tipi di virtù naturali che possiamo costruire attraverso i nostri sforzi. Le virtù più elevate sono quelle soprannaturali della fede, della speranza e della carità, infuse nel nostro cuore da Dio stesso, e come ci ha detto San Paolo la più elevata di queste è la carità, o amore (1 Cor 13, 13). Sono queste le virtù che Dio usa per riportarci a casa da Lui, e dovrebbero guidare e dirigere tutti gli altri tipi di virtù. Sono un dono offerto gratuitamente, ma dobbiamo scegliere di accettarle e di condividerle con gli altri.

E poi c’è un aspetto tipicamente domenicano, condividere con gli altri i frutti della nostra contemplazione. Il mondo ci dice non di essere pensatori, il cui motto è la verità, ma opinatori, per così dire, con il diritto di esprimere le nostre opinioni ma senza il dovere di essere sicuri che queste opinioni siano basate sulla verità. Ci viene detto di essere non persone che fanno le cose per Dio, ma spettatori che guardano su schermi luccicanti di varie dimensioni gli altri che fanno qualcosa per intrattenerci, che sia o meno per la Sua gloria (e spesso, purtroppo, non lo è).

Ci viene detto non di essere persone che amano e donano, ma persone che ricevono e che si chiedono su qualsiasi cosa “Che vantaggio posso trarne?” I Domenicani, invece, ci avvertono e ci mostrano come conoscere Dio in modo più chiaro, come amarlo più teneramente e come seguirlo più da vicino.

 

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Kathryn Jean Lopez è senior fellow presso il National Review Institute ed editor-at-large del National Review Online. È coautrice, insieme ad Austen Ivereigh, della nuova edizione riveduta e corretta di How to Defend the Faith Without Raising Your Voice.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]