Il Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa non può naufragare nel momento in cui sta prendendo il largo. Esso va celebrato secondo le modalità predisposte nella fase preparatoria, con decisione presa all’unanimità da tutti i capi delle Chiese ortodosse o dai loro rappresentanti delegati, e «nessuna cornice istituzionale consente di riconsiderare il processo sinodale» già avviato, invocando sospensioni o rinvii. È un intervento dai toni perentori, quello realizzato ieri dal Santo Sinodo del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli per provare a disperdere le nubi che si addensano intorno alla grande assise dell’Ortodossia a pochi giorni dal suo inizio, annunciato per il prossimo 19 giugno nell’isola di Creta, solennità di Pentecoste per le Chiese che seguono il calendario giuliano.
Nelle scorse settimane, a chiedere un rinvio del grande appuntamento ecclesiale – e a minacciare forfait nel caso la richiesta non fosse stata accolta – era stata la Chiesa ortodossa di Bulgaria, e sulla stessa linea d’onda era apparsa sintonizzata la Chiesa ortodossa della Giorgia. Un pressing motivato con la richiesta di emendare i testi di lavoro di alcuni dei documenti che il Concilio dovrebbe promulgare. A sollevare le riserve e i distinguo più tenaci sono il documento sul sacramento del matrimonio, quello sulle relazioni con le altre confessioni cristiane e quello sui rapporti con il mondo contemporaneo. Davanti a questi e ad altri segnali di tensione, il Patriarcato di Mosca ha provato a ricavarsi un ruolo di mediazione, proponendo di organizzare un incontro preliminare alla celebrazione del Concilio per appianare le difficoltà ed evitare fratture. Nel suo pronunciamento di ieri, il Sinodo del Patriarcato ecumenico ha fatto sapere di considerare impraticabile tale ipotesi: è già stato messo in conto – si sottolinea nel comunicato sinodale – che i Primati delle Chiese ortodosse potranno emendare, correggere e integrare i testi dei documenti sinodali – approvati con consenso unanime nel corso degli incontri pre-conciliari – nel corso dei lavori della stessa assise conciliare, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, secondo quanto stabilito dalle procedure sinodali approvate nella fase preparatoria.
Quello del Sinodo del Patriarcato ecumenico non è ovviamente un pronunciamento canonicamente vincolante per le altre Chiese ortodosse. Ma si pone comunque come un forte richiamo rivolto a tutti i capi delle Chiese ortodosse per una condivisa assunzione di responsabilità. La Sede costantinopolitana continua a considerare fondamentale che il Concilio panortodosso atteso da secoli si realizzi, come gesto eloquente dell’unità ortodossa da confessare davanti al mondo e ai suoi problemi. Anche la possibilità riaffermata di emendare e modificare durante i lavori conciliari i testi già predisposti nella fase preparatoria prefigura un Concilio da vivere non come rito ecclesiastico pre-confezionato a uso dei media, ma come momento reale di confronto sinodale tra posizioni differenziate, da comporre nel reciproco ascolto e nella discussione franca, anche passando per possibili discussioni animate. Così anche il Concilio panortodosso potrebbe attestare che l’unità in Cristo non si produce meccanicamente con unanimismi imposti da apparati, ma fiorisce come dono dello Spirito Santo, anche accettando di passare per aggiustamenti «di compromesso» su testi e pronunciamenti conciliari, per venire incontro a settori e realtà ecclesiali più condizionati da rigorismi e paure riguardo alla condizione delle Chiese e alla loro missione nel tempo presente.
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