Eccellenza, Vaticano, Conferenza episcopale italiana (Cei) e Governo stanno lavorando a una riforma dell’assistenza spirituale agli uomini e alle donne delle Forze armate: ce la può spiegare?
«Si svilupperà, probabilmente, secondo le seguenti prospettive: il cappellano militare è un sacerdote cattolico a tutti gli effetti e il suo stato giuridico è il medesimo degli altri sacerdoti cattolici in servizio nelle diocesi. Il cappellano militare è appartenente alle Forze armate in forma peculiare, cioè è assimilato di rango a un ufficiale: non è estraneo all’ambiente militare, come può essere considerato il parroco del luogo; non è un militare in forma “belligerante”, come richiesto ai militari operativi. Egli è assimilato di rango a un grado militare di ufficiale, che gli garantisce l’appartenenza, di fatto, a un ambiente di servizio che è il suo, ma, al tempo stesso, non è vincolato da obblighi, restrizioni o condizionamenti, di natura militare, che gli impediscano il pieno svolgimento della sua missione religiosa. È ovvio che le regole di convivenza all’interno degli ambienti militari sono specifiche e proprie, ma così è anche per i cappellani della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e delle carceri, degli ospedali e di altri ambienti che hanno diverse e altrettante peculiarità. Aggiungerei che anche tutti i parroci del mondo, ogni altro sacerdote e ogni ecclesiastico (maschio o femmina) sono tenuti a vivere il loro ministero rispettando le regole della convivenza civile ove vengono chiamati e mandati a operare: tutti sono tenuti a osservare le leggi e le consuetudini dei paesi e degli ambienti nei quali vivono il loro ministero!
La previsione per il nuovo ordinamento, probabilmente, si assesterà intorno a queste prospettive: una drastica riduzione della assimilazione ai gradi considerati dirigenti, cioè il passaggio da 14 posizioni tabellari a 12. Saranno sospese tutte le assimilazioni al grado di colonnello (nove unità) e tutte le assimilazioni al grado di brigadier generale (tre unità), conservando unicamente le figure dell’ordinario militare e del vicario generale militare. Una sensibile riduzione di tutti gli altri sacerdoti cappellani militari assimilati ai gradi considerati non dirigenti, cioè dal grado di tenente al grado di tenente colonnello (da 190 a 160 unità). L’organico totale, degli ecclesiastici preposti all’assistenza spirituale al personale maschile e femminile delle Forze armate, passerebbe da 204 a 162 unità, di cui un arcivescovo ordinario militare, un sacerdote vicario generale militare e 160 preti cappellani militari. L’età pensionabile dei sacerdoti cappellani militari si sposterebbe da 62 a 65 anni. Il risparmio economico, richiesto dalla situazione del paese, fatta salva l’assistenza spirituale da garantire, malgrado la sensibile riduzione numerica di ecclesiastici impegnati in tal senso, possiamo asserire che si aggirerà intorno al 35% rispetto alla spesa attuale, considerato che “un Tenente” costa all’amministrazione della Difesa tanto quanto “tre Colonnelli”».
Si può dire che è una riforma in linea con quello che chiede papa Francesco? In che senso?
«Possiamo dire, anzitutto, che la “Diocesi” Ordinariato militare assomiglia sempre di più a una diocesi ordinaria: c’è un arcivescovo ordinario militare, un sacerdote vicario generale militare e un presbiterio vario, esattamente come nelle altre diocesi.
La sensibile riduzione della spesa risponde anche agli appelli del Santo Padre Francesco che chiede ai sacerdoti di rinunciare a “eventuali privilegi”, qualora ce ne fossero!
Il nuovo assetto “eguaglia”, per similitudine, la situazione economica dei sacerdoti cappellani militari a quella dei loro confratelli che insegnano Religione cattolica nelle scuole pubbliche, con cattedra piena (18 ore di lezione settimanali più gli oneri previsti per tutti gli insegnanti).
Eventuali approfondimenti, circa quanto indicato da papa Francesco, si possono fare tenendo conto che essi valgono allo stesso modo per tutti i sacerdoti cattolici: teorizzare con insistenza una applicabilità specifica ai sacerdoti cappellani militari delle parole di papa Francesco mi pare eccessivo, se non addirittura ideologico! Il Papa parla a tutti i sacerdoti del mondo, comprendendo tutte le missioni pastorali a loro affidate».
Quanto conteranno carriera e denaro per i cappellani militari? Che tipo di preti saranno? Potranno essere pastori come chiede Papa Bergoglio?
«Prendendo a riferimento quanto sopra descritto, possiamo dire che ogni possibile velleità di carriera viene drasticamente azzerata, perché i sacerdoti cappellani militari transiteranno da una assimilazione a un’altra esclusivamente per anzianità di servizio: dieci anni assimilati di rango al grado di tenente; dieci anni assimilati di rango al grado di capitano; dieci anni assimilati di rango al grado di maggiore, passando alla assimilazione di rango al grado di tenente colonnello, rimanendoci, sino all’età pensionabile prevista per i 65 anni di età.
Nulla, quindi, per nessuno da rivendicare in termini di gradi e nulla da rivendicare in termini di denari, se non un onorario onesto e proporzionato al servizio svolto, rispetto alla struttura “di cui si fa parte” e rispetto alle altre strutture istituzionali ove altri sacerdoti svolgono il loro servizio pastorale.
Certamente i sacerdoti cappellani militari potranno, ancora di più di quanto abbiano già fatto finora, vivere il loro essere pastori con il cuore di Dio, come testimoniato, insegnato e richiesto insistentemente da papa Francesco.
Non dimentichiamo, però, che non sarà mai una struttura a garantire lo “stile sacerdotale” del cappellano militare: ciò che ha generato esempi di Sacerdoti cappellani militari come san Giovanni XXIII (1^ guerra mondiale) o come il beato don Carlo Gnocchi (2^ guerra mondiale), per esempio, non è stata una legge dello Stato italiano, ma la Grazia di Dio, operante in tutti coloro attraverso i quali Dio stesso serve l’umanità».
Cosa risponde a chi propone una smilitarizzazione dei cappellani militari?
«Credo che su questo punto ci sia una enorme confusione! La domanda, forse più pertinente, dovrebbe essere questa: “Come si fa a garantire la sicurezza delle popolazioni sul nostro pianeta? Chi deve farlo e con quali mezzi?”.
Noi veniamo da guerre ignobili, pensiamo solo al XX secolo! Come pensare che ci sia onore e orgoglio da parte di quei paesi, compresa l’Italia, che hanno favorito i due conflitti (1914-1915 e 1939-1945), cosiddetti, mondiali? Facendo un’epochè sui particolari, collettivi o individuali, relativi ai militari che vi hanno partecipato, “obbedendo agli ordini”, possiamo condividere senza indugio quanto Francesco ha detto nella sua omelia il giorno 13 settembre 2014 a Redipuglia: “La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere … sono motivi che spingono avanti la decisione bellica…”!
Ma le Forze armate italiane, dal 1948 a oggi, rispondono a criteri dettati dalla Costituzione della Repubblica italiana (1948) e al Diritto internazionale (con i suoi continui sviluppi): esse operano secondo indicazioni pubbliche e note, autorizzate del Parlamento italiano e senza mai agire a prescindere dalla sua autorità.
I sacerdoti cappellani militari hanno assistito spiritualmente il personale tutto delle Forze armate italiane, condividendone pienamente il destino, nel tempo in cui tutta l’Italia dovette obbedire a un re distaccato dal “suo” popolo (1^ guerra mondiale), che doveva guidare e proteggere, ancora di più nel tempo in cui l’Italia fu consegnata, dallo stesso re, alla ignobile dittatura fascista (dittatura e 2^ guerra mondiale).
Come possiamo pensare che la Chiesa abbandoni con disinvoltura gli uomini e le donne che servono il Paese nelle sue Forze armate, proprio oggi?
Quando l’Italia si fonda, avendola conquistata con il sacrificio della vita di molti suoi cittadini, sulla Carta costituzionale?
Servono, ancora oggi gli uomini e le donne delle Forze armate, a tutela di un popolo, delle sue istituzioni, della salvaguardia della pace e della sicurezza di tutto il mondo, in collaborazione con tutti i paesi che vivono sul pianeta e lavorano alla costruzione di un Diritto internazionale che ne regoli la convivenza civile!
Cosa c’è da smilitarizzare?
Quando supereremo, in Italia, la retorica e l’ideologia dell’antimilitarismo, inteso come ostilità tignosa e offensiva agli uomini e alle donne che operano nelle Forze armate a beneficio del nostro paese e di tutta la comunità internazionale?
Papa Francesco così, invece, li considera: “Le Forze dell’ordine – militari e polizia – hanno per missione di garantire un ambiente sicuro, affinché ogni cittadino possa vivere in pace e in serenità. Nelle vostre famiglie, nei vari ambiti in cui operate, siate strumenti di riconciliazione, costruttori di ponti e seminatori di pace. Siete infatti chiamati non solo a prevenire, gestire, o porre fine ai conflitti, ma anche a contribuire alla costruzione di un ordine fondato sulla verità, sulla giustizia, sull’amore e sulla libertà, secondo la definizione di pace di San Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in terris (nn. 18 ss)”.
Quali sono, allora, i veri motivi per i quali si vorrebbe che i sacerdoti cappellani militari non operassero con queste persone e in “condivisione militare” con esse?
L’insegnamento evangelico, la dottrina cristiana e l’etica cattolica vanno citati nella loro completezza e nella loro complessità, in questo modo si può superare adeguatamente la tentazione “ideologico-integralista cristiana” e il laicismo anticostituzionale di marca anticlericale (vedi i Principi fondamentali della Costituzione italiana, articoli 1-12, tra i quali c’è anche l’articolo 7!) gravemente dannosi a una vera democrazia, aprendosi alla bellezza della ricerca concreta e storicamente praticabile di una convivenza civile, permeata veramente dalla presenza del Dio biblico e ispirata dal Signore Gesù, quello dei Vangeli.
Il primo a riconoscere Gesù come Figlio di Dio è stato un Centurione (capo di una centuria, cioè di circa 100 soldati) dell’esercito invasore romano: “Davvero costui era Figlio di Dio!” (Matteo 27,54). “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!” (Marco 15,39).
Siamo consapevoli, cristiani e non, che la preghiera che pronunciamo tutti insieme, prima della Comunione durante la santa messa, l’ha inventata un Centurione, appunto, un militare?
“Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito” (Matteo 8,8). “Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito.” (Luca 7,6-7).
Gesù ha avuto rispetto dei militari e ha interagito con essi, annunciando anche a loro il Suo Vangelo!
Noi sacerdoti cappellani militari ci sentiamo onorati del compito che Dio ci ha affidato per mandato della Chiesa cattolica: ci sia rispetto e stima per i militari italiani e per i loro sacerdoti cappellani militari!».
Come sono i vostri rapporti con Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace?
«L’associazione Pax Christi, movimento cattolico internazionale, già dal titolo fa trasparire la sua bellezza e il suo fascino: persone che nel nome di Gesù desiderano promuovere la pace nel mondo, attraverso una testimonianza franca e sincera! Nello statuto di detta associazione, all’articolo 4 (“Oggetto, Scopi e Finalità dell’Associazione”) ci si ispira al n° 77 della costituzione pastorale su “La Chiesa nel mondo contemporaneo” (Gaudium et spes), cioè al Concilio Vaticano II.
Questo è singolare per due motivi: il Papa, dello sviluppo del Concilio Vaticano II, è Paolo VI, cioè Giambattista Montini (successore di papa san Giovanni XXIII, Angelo Roncalli, che morirà il 3 giugno del 1963 dopo avere iniziato il Concilio nel 1962), lo stesso che nel 1954 fu tra gli ispiratori e i fondatori di Pax Christi. Paolo VI, che promuoverà tutti i documenti del Concilio, quindi anche la Gaudium et spes, nello stesso capitolo V di questa Costituzione pastorale, di cui il numero 77, citato come motivo ispiratore e fondante per Pax Christi, ne è l’introduzione, promuoverà al numero 79 quanto segue: “Coloro poi che, dediti al servizio della patria, esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino anch’essi come ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli e, se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch’essi veramente alla stabilità della pace”.
Cioè, nel medesimo capitolo V della Gaudium et spes, che ha per titolo “La promozione della pace e la comunità dei popoli”, ai numeri 77 e 79, troviamo gli stessi motivi ispiratori possibili per Pax Christi e per i militari, cioè “Coloro… che … esercitano la loro professione nelle file dell’esercito, si considerino… ministri della sicurezza e della libertà… se rettamente adempiono… concorrono… alla stabilità della pace”.
Che dire? Viva Pax Christi, con la sua testimonianza! Viva gli uomini e le donne che operano nelle Forze armate con il loro servizio così inteso!
Auspichiamo, dunque, con il cuore, che il dialogo franco e veritiero, accompagnato da un approfondimento contenutistico adeguato, nonché, da un rapporto di vera fraternità cristiana, di reciproca conoscenza e di collaborazione crescano sempre di più nell’unico cammino di fede, tracciato dal capitolo V della Gaudium et spes, la promozione della pace vera tra i popoli del mondo.
L’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, monsignor Santo Marcianò, e l’Ordinariato militare tutto stimano e apprezzano la testimonianza dell’associazione Pax Christi e, avendo i medesimi motivi ispiratori e gli stessi fini evangelici, si augurano una maggior collaborazione reciproca e ogni bene nel Signore».