L’arcivescovo Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, ha presieduto le esequie del maresciallo Silvio Mirarchi stamattina a Marsala sottolinenando «l’oblatività, che sfiora l’eroismo», manifestata dal maresciallo ucciso per aver scoperto una coltivazione di marijuana da 4 milioni di euro. «Anch’io, che non l’ho conosciuto personalmente, quasi posso avvertire – ha detto – il fascio di luce, semplice ma intensa, che la sua vita di giustizia praticata e di dovere assunto con responsabilità, ha lasciato come traccia indelebile. Ed era proprio così il maresciallo Mirarchi: una purezza di cuore tradotta in integrità e fedeltà».
Secondo Marcianò, «Silvio è stato disposto a morire. Da una parte, a «morire per i giusti»; perché tanti giusti, tanti innocenti, soprattutto tanti giovani e ragazzi, fossero protetti dai lacci di quei mercanti di morte che si assicurano il guadagno seminando devastazione nei cervelli e nelle vite di tanti con il commercio delle droghe». «Era, quest’ultima missione, parte della sua identità profonda di carabiniere, ma anche del suo essere uomo giusto e padre. Ed è per questo – ha scandito il presule con le stellette – che, dall’altra parte, Silvio è stato pronto a farsi uccidere per assicurare questi mercanti di morte alla giustizia e, assieme, alla possibilità di recupero, di redenzione».
Quello di del maresciallo Mirarchi, dunque, «è un messaggio di pace nascosto tra le pieghe del servizio umile e forte, e non sempre riconosciuto, dei nostri cari carabinieri, dei nostri militari». Un servizio che vuole confermare l’Italia nella «vocazione alla pace» della quale il Presidente della Repubblica ha parlato qualche giorno fa, ricordando peraltro `i militari che hanno perso la vita, in Italia e all’estero´ per difenderla”.