«Le informazioni contenute nelle relazioni e nelle analisi di questa organizzazione per quanto riguarda l’impossibilità di creare un numero sufficiente di posti di lavoro dignitosi e stabili, è causa di grave preoccupazione». Per questo la comunità internazionale dovrebbe fare di più per creare nuovi posti di lavoro, nuova occupazione, soprattutto fra i giovani. È questo l’allarme lanciato dall’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, monsignor Ivan Jurkovič, nel corso della 105esima sessione della «Conferenza internazionale sul lavoro» promossa dall’Ilo (che si svolge in questi giorni), l’Organizzazione internazionale del Lavoro, cioè l’agenzia delle Nazioni Unite il cui scopo è contribuire a sviluppare l’occupazione a livello globale nel rispetto della dignità e dei diritti delle persone.
In particolare il rappresentante della Santa Sede ha voluto sollevare «il problema urgente della disoccupazione giovanile. Nonostante una lieve ripresa nel periodo 2012-2014, il tasso di disoccupazione giovanile rimane ben al di sopra il suo livello pre-crisi. Per milioni di giovani di tutto il mondo riuscire a trovare un lavoro dignitoso è ancora una dura e lunga lotta. Come ci ricorda papa Francesco “non possiamo rassegnarci a perdere un’intera generazione di giovani che non hanno la forte dignità del lavoro”».
Il riferimento di monsignor Jurkovic era al discorso tenuto dal Papa nel corso della visita alle diocesi di Campobasso e Isernia nel luglio 2014, quando Francesco inquadrò con precisione la questione della disoccupazione giovanile. Nell’occasione, infatti, il papa affermò fra le altre cose: «È triste trovare giovani “né-né”. Cosa significa, questo “né-né”? Né studiano, perché non possono, non hanno la possibilità, né lavorano. E questa è la sfida che comunitariamente tutti noi dobbiamo vincere. Dobbiamo andare avanti per vincere questa sfida! Non possiamo rassegnarci a perdere tutta una generazione di giovani che non hanno la forte dignità del lavoro! Il lavoro ci dà dignità, e tutti noi dobbiamo fare il possibile perché non si perda una generazione di giovani».
«Una generazione senza lavoro – aggiunse ancora Francesco – è una sconfitta futura per la patria e per l’umanità. Dobbiamo lottare contro questo. E aiutarci gli uni gli altri a trovare una via di soluzione, di aiuto, di solidarietà. I giovani sono coraggiosi, l’ho detto, i giovani hanno speranza e – terzo – i giovani hanno la capacità di essere solidali. E questa parola solidarietà è una parola che non piace sentire, al mondo d’oggi. Alcuni pensano che sia una parolaccia. No, non è una parolaccia, è una parola cristiana: andare avanti con il fratello per aiutare a superare i problemi. Coraggiosi, con speranza e con solidarietà».
A partire dunque dal magistero di Francesco, il nunzio apostolico presso le Nazioni Unite di Ginevra, ha chiesto alla comunità internazionale di porsi l’obiettivo di creare un alto numero di posti di lavoro facendo riferimento al principio della sussidiarietà «che permette a ogni individuo e ogni azienda di essere protagonista dello sviluppo della società nel suo insieme»; è questo, ha aggiunto Jurkovic, un obbligo morale. Naturalmente per raggiungere un simile obiettivo sono necessarie delle scelte, fra queste la Santa Sede indica la costruzione di modelli economici più inclusivi il cui fine non sia quello di servire gli interessi di pochi ma di fare il bene della gente comune e della società nel suo insieme. Si tratta di passare da un’economia speculativa a un’economia sociale «che investe sulle persone e sulla formazione».
In tale prospettiva, è necessario lavorare alla ricerca di soluzioni alternative che consentano di collegare la crescita economica al benessere e al lavoro. La stessa tecnologia deve essere posta al servizio «del bene comune» che include «un lavoro dignitoso per tutti». Per questo è pure urgente uscire dalla logica del puro consumo in cui alla fine anche gli esseri umani diventano «beni di consumo che possono essere utilizzati e poi gettati via».
Il lavoro, al contrario, deve essere decente, sostenibile per i lavoratori, i datori di lavoro, i governi le comunità e l’ambiente. Jurkovic ha anche parlato della globalizzazione dell’economia che ha comportato il diffondersi di sistemi di produzione e distribuzione sovranazionali, tali sistemi rischiano però di fare pressione su salari e orari di lavoro – in un rapporto asimmetrico fra datore di lavoro e lavoratore – pur di battere la concorrenza. In tale meccanismo orari e salari si trasformano nelle due variabili sulle quali i produttori fanno leva per restare sul mercato, il che non di rado comporta salari più bassi e orari di lavoro più lunghi. Per questo i salari non «devono essere lasciati ai capricci del mercato» ma essere regolati secondo giustizia ed equità. Infine il Rappresentante della Santa Sede, ha toccato il tema del «cambiamento climatico» e dei suoi effetti «che stanno avendo impatti negativi sullo sviluppo economico e sociale in senso generale e in particolare su imprese e lavoratori», poiché molte imprese e luoghi di lavoro vengono sconvolti dagli eventi naturali e si riducono le possibilità di avere un reddito.