«Ho sentito alcune volte commenti dei sacerdoti che dicono “ma questo Papa ci bastona troppo, ci rimprovera”…». Papa Francesco ha concluso a braccio l’ultima di tre meditazioni che ha pronunciato oggi per il Giubileo dei sacerdoti in tre basiliche papali assicurando si essere consapevole che «ci sono tanti preti bravi» e leggendo ad alta voce a sorpresa una lettera ricevuta da un parroco di montagna. Nella sua meditazione, il Papa ha messo in guardia dall’attaccamento al denaro, peccato che il popolo di Dio non perdona, e dando consigli sulla confessione, dall’attenzione al linguaggio dei gesti alla opportuna assenza di curiosità nei confronti della vita intima dei fedeli, che non è un «film».
«Ho sentito alcune volte commenti dei sacerdoti che dicono “ma questo Papa ci bastona troppo, ci rimprovero…», ha detto il Papa a conclusione della terza meditazione, pronunciata nel pomeriggio a San Paolo fuori le mura dopo quella mattutina a San Giovanni in Laterano e quella di mezzogiorno a Santa Maria Maggiore. «Eh – ha proseguito– qualche bastonata, qualche rimprovero c’è, ma devo dire che sono rimasto edificato da tanti sacerdoti, tanti preti bravi, che ad esempio quando non c’era la segreteria telefonica dormivano con il telefono sul comodino: nessuno moriva senza sacramenti, i fedeli chiamavano e a qualsiasi ora loro andavano. Ringrazio il Signore per questa grazia: tutti siamo peccatori, ma possiamo dire che ci sono tanti bravi e santi sacerdoti che lavorano in silenzio e nascosti: alle volte c’è uno scandalo, ma sappiamo che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce». Il Papa ha poi letto quasi interamente la lettera che gli ha inviato un parroco italiano di tre comunità montane, senza rivelarne l’identità, che lo ringraziava per gli stimoli del suo insegnamento, nonché qualche «tiratina d’orecchie», e gli confidava la difficoltà a non essere risucchiati dal «vortice» delle incombenze burocratiche, rischiando di non essere vicini ai fedeli. «Se a volte come pastore non ho l’odore delle pecore», ha scritto il sacerdote, «mi commuovo del mio gregge che non ha perso l’odore del pastore: le pecore non ci lasciano sole, hanno il termometro del nostro essere lì per loro e se il pastore esce dal sentiero e si smarrisce, loro lo afferrano e lo tengono per mano. Il signore sempre ci salva attraverso il suo gregge». Questo sacerdote, ha chiosato il Papa, «è un fratello nostro: ce ne sono tanti così», ha concluso, invitando i sacerdoti a non perdere la preghiera, lo zelo pastorale, la vicinanza al loro popolo, «e non perdere il senso dell’umorismo».
Nella terza e ultima meditazione incentrata sulle opere di misericordia, il Papa è partito dal «buon odore di Cristo» per esortare i sacerdoti a sentire «l’odore forte della miseria, in ospedali da campo, in treni e barconi pieni di gente, quell’odore che l’olio della misericordia non copre, ma che ungendolo fa sì che si risvegli una speranza».