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Le cascate, la sedia a rotelle e “Il ladro di ombre”. La vita “bizzarra” di Veronica

Young Argentinian writer Veronica Cantero Burroni

© Antoine Mekary / ALETEIA

Veronica Cantero Burroni © Antoine Mekary / ALETEIA

Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 01/06/16

La 14enne argentina vince il Premio Elsa Morante Ragazzi. L'incontro con il Papa: da te ho imparato a guardare e sognare

Che strane le ombre, con quella forma umana anche se non sono persone. Alcune di loro prendono vita in “Il ladro di ombre” (Edizioni Pagina), l’ultimo libro di Veronica Cantero Burroni, che ha vinto il Premio Elsa Morante Ragazzi 2016. La storia è quella di un gruppo di amici: uno di loro ruba le ombra per bisogno di soldi e gli altri lo aiuteranno in modo originale a non rubare più. Con un finale “animato” a sorpresa. Ma niente di troppo fantasioso, perché Veronica si lascia ispirare dalla realtà: “La realtà contiene al suo interno cose singolari, bizzarre”. In spagnolo “raro”, da cui il titolo di un suo libro precedente “Cuentos raritos”, racconti bizzarri. “Mi piace osservare profondamente la realtà, per scoprire le cose singolari che contiene”. Veronica ha regalato il suo libro a Papa Francesco, nel corso dell’udienza generale. Con una dedica molto sentita, sulla scorta dell’invito che il Papa aveva rivolto ai giovani di Cuba a usare “l’occhio di carne” per osservare la realtà e “l’occhio di vetro” per sognare: “Questo l’ho imparato da te” ha scritto Veronica a Francesco. “Mi hanno detto che sei una brava scrittrice!” le ha detto il Papa, si sono abbracciati e lei si è commossa.

Da tempo Veronica accarezzava il desiderio di poter vincere un premio con i suoi libri e anche di venire a Roma a vedere il Papa. Ma non pensava che potesse realizzarsi così. Un’altra “bizzarria” nella vita di questa quattordicenne argentina. “In effetti ho una vita molto particolare, molto intensa”. Veronica è argentina, vive a Campana, 75 chilometri da Buenos Aires, con la sua famiglia. È la sesta di sette figli, ed è nata insieme ai suoi due gemelli, Francisco e Lucia. In seguito ad alcune complicazioni alla nascita non può camminare, quindi si muove in sedia a rotelle e ha qualche problema nell’articolare i gesti delle mani. Ha 14 anni, cinque libri all’attivo, ed è semplicemente una adolescente. Così, qualche mese fa si era impuntata e aveva deciso di sospendere la fisioterapia. Per fortuna la vittoria del Premio “Elsa Morante” e il viaggio in Italia per ritirarlo l’hanno convinta a riprendere le cure. È arrivata in Italia con la mamma Cecilia Burroni e l’amico giornalista Alver Metalli, che l’ha incoraggiata e seguita nel suo percorso di scrittrice. Ha visitato Roma, Napoli, ha realizzato il suo sogno di salire sulla cupola di San Pietro.

Come molti suoi coetanei legge i libri di Alessandro D’Avenia: “Mi piace come descrive il mondo degli adolescenti. Non si ferma alla realtà esteriore, ma entra nella interiorità, nei sentimenti che i giovani provano”. Anche lei scrive per ragazzi e di ragazzi. È cresciuta insieme a Tomás, il protagonista dei suoi primi tre libri. Tutto è cominciato un po’ per caso e un po’ per scherzo durante una vacanza alle Cascate dell’Iguazù, in Brasile. Veronica ha visto per la prima volta i coatì, una specie di scoiattoli molto grandi. “Sono molto simpatici, saltavano. Un amico mi ha proposto di scrivere, perché ha visto che mi sorprendevo per questa situazione” ed è nato “Il sogno di Tomás”, un bambino di otto anni che desiderava portare a casa sua questi animaletti. Lui ci riesce, mentre Veronica ha dovuto lasciarli lì. Poi Tomás è cresciuto e Veronica con lui. Ed è cresciuta anche nella scrittura: “Leggendo imparo cose che non conoscevo e imparo a scrivere, a usare le parole”, a dare corpo, tempo e spazio ai suoi personaggi.

“Scrivo perché mi piace, è il mio modo di esprimermi e quando scrivo so di lasciare alle persone qualcosa di me stessa”. Nessuno dei personaggi che popolano i suoi libri è malato. Nonostante gli spunti autobiografici, questo aspetto non interferisce con le sue storie. “Il fatto che io possa scrivere è la dimostrazione che la limitazione fisica non è un impedimento” alla propria espressività e capacità, dice. “Voglio continuare a scrivere e ad esprimermi attraverso la scrittura. Con chi legge condividiamo qualcosa che abbiamo in comune: a loro dò qualcosa di me e io ricevo qualcosa di loro attraverso i loro commenti”. A Napoli, dove ha ricevuto il Premio, ha parlato con i suoi coetanei (i libri sono stati selezionati da un comitato scientifico presieduto da Dacia Maraini e da una giuria popolare di quasi 900 ragazzi delle scuole campane). Uno di loro le ha confidato che scrive canzoni e “l’ho incoraggiato ad andare avanti: continua a scrivere perché è una cosa importante. È la stessa cosa che hanno detto a me e che mi ha dato fiducia in questa capacità”.

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