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Quando il beneficio del dubbio è davvero un atto di fede

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Everett Collection/Shutterstock

Joanne McPortland - pubblicato il 30/05/16

C'è una profonda misericordia nel rifiutarsi di credere al peggio su qualcuno – soprattutto quando lo si crede su se stessi

24) Ricorda un periodo in cui ti è stato dato il beneficio del dubbio, e cerca di estenderlo a qualcun altro.

54 modi per essere misericordiosi durante l’Anno Giubilare della Misericordia

“Ti darò il beneficio del dubbio”. Ascolta – senti il tono forzato, la riluttanza soggiacente? Scommetto che la maggior parte di noi, quando pronuncia o sente questa frase, capisce che questo “dono” non è né offerto né accolto con favore. Potremmo invece sentire: “Guarda, sappiamo tutti che sei incorreggibile, ma [sigh] ti darò un’altra possibilità, che probabilmente comunque sprecherai”. O potremmo pensare: “Chi vuole ingannare? [Occhi alzati al cielo] Comprende il nobile sacrificio che sto compiendo sfidando ogni logica ed esperienza?”<

Dare a qualcuno il beneficio del dubbio (un’espressione che risale alla metà dell’Ottocento) significa dare il vantaggio alle prove positive nel caso in cui possano esistere anche quelle negative ma non hanno più peso delle prime. In una situazione in cui si conoscono alcune cose positive ed altre negative su una persona, offrire il beneficio del dubbio fa pendere la bilancia a favore della persona stessa.

Credo che il suggerimento di questa settimana su come praticare la misericordia nell’Anno Giubilare – Ricorda un periodo in cui ti è stato dato il beneficio del dubbio, e cerca di estenderlo a qualcun altro – ci chieda di andare oltre. Forse siamo chiamati a eliminare del tutto il mucchio di prove contrarie e a non dare semplicemente il beneficio del dubbio ma il beneficio della fede. Forse ci viene chiesto di credere il meglio su qualcuno, anche – o soprattutto – quando questa persona non è capace di crederlo su se stessa.

Vediamo una versione istituzionale di questa (assai difficile) pratica di misericordia nella giurisprudenza americana, in cui l’imputato in un processo criminale è presunto innocente ed è compito dell’accusa provare la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Conosciamo tutti questo concetto per via di decenni di processi televisivi, da Perry Mason a tutti i Law & Order e a O.J. Simpson, ma alla fin fine non ci crediamo. Non ci piace neanche tanto.

L’estate scorsa sono stato giurato in un processo per omicidio. Visto che lo Stato stava cercando di giudicare colpevoli i due accusati non per aver commesso l’omicidio in questione, ma per aver istigato l’attività delle bande di strada durante la quale la vittima (un amico e membro della stessa gang) era stata uccisa, il giudice ha convocato inizialmente un’ampia giuria. Credeva che i potenziali giurati potessero avere delle difficoltà con la base delle accuse. Qualcuno l’ha avuta, ed è stato congedato – ma la cosa che mi ha lasciato a bocca aperta è stato come molta gente abbia ammesso onestamente di non riuscire a presumere l’innocenza, in quel processo o in qualsiasi altro. “Dove c’è fumo c’è fuoco” era un assioma più potente di tutte le possibili istruzioni del giudice. L’opinione prevalente era che quei ragazzi non si sarebbero trovati in un tribunale sotto processo se non fossero stati colpevoli di qualcosa – se non di quel crimine specifico, di qualcosa di ugualmente orribile.

Capisco come possa accadere anche tra persone intelligenti, ponderate e pie. In qualche modo, siamo tutti programmati per lo scetticismo quando si parla delle motivazioni degli altri, e tendiamo a misurare il valore degli altri in base al nostro fallimento. Abbiamo una profonda paura di permettere alla gente di “scappare” con qualcosa. È quella paura, quando si parla del sistema di giustizia, che guida il nostro sentimento per cui i criminali se la cavano grazie a cavilli tecnici. È quella paura, quando si parla dell’insegnamento della Chiesa, che guida la nostra preoccupazione di una “misericordia eccessiva” da parte del papa.

Ma non siamo in tribunale. Non siamo l’angelo controllore che cammina ai confini del paradiso. Proviamo, in piccoli modi, a darci l’un l’altro il beneficio del dubbio, anche se una persona molto importante ha fallito una volta o cento nel darlo a noi. Anche a me è stato dato più volte il beneficio del dubbio, il beneficio della fede, immeritato, e quella misericordia mi ha salvato la vita. Un altro nome per indicarlo è grazia, e prego di avere la capacità di trasmetterlo agli altri, senza lamenti né occhi al cielo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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