«Vagliate tutto e trattenete il valore» (1Ts 5,21). Se San Paolo aveva ragione, in tutto può esserci un bene, un qualcosa da trattenere. Perfino nelle canzonette estive di due rapper italiani come Alessandro Aleotti (detto J-Ax) e Federico Leonardo Lucia (detto Fedez).
J-Ax e Fedez sono due perfetti testimoni del disorientamento sociale, due normali soubrette che a breve verranno inghiottite dall’implacabile dimenticatoio, ma che oggi raccolgono facili ascolti puntando sullo stile volontariamente orientato alla ricerca dello scandalo (copiato dai rapper americani), il quale collima perfettamente con l’esigenza di ribellione, di rabbia e di frustrazione in cui sono immersi gli uomini occidentali. Facendo presa sopratutto tra i più vulnerabili, gli adolescenti.
Si, ma liberi da cosa? Si domandava Vasco Rossi. Ribelli da cosa? Esibizionisti, perché? Cosa manca al cuore umano? Il teologo Cornelio Fabrorifletteva: «nonostante la scienza e la tecnologia abbia portato la specie umana al massimo delle sue potenzialità rispetto al dominio del mondo esterno, l’individuo umano non si sente realizzato, anzi si scopre perduto e impotente» (citato in C. Ferraro, Cornelio Fabro, Lateran University Press 2012, p.192). Ed è proprio così: piuttosto che placare la radicale insoddisfazione umana, la modernità l’ha semplicemente esasperata. Non è certo un caso che la battaglia sociale che accomuna i due rapper italiani è la liberalizzazione della droga, cioè l’inno all’evasione, alla fuga dalla realtà apparentemente incapace di soddisfare l’animo umano e che, anzi, amplifica la domanda esistenziale che ci portiamo tutti dentro.
Significativo, da questo punto di vista, leggere il testo dell’ultimo brano di J-Ax e Fedez, intitolato Vorrei ma non posto. Una (stranamente) intelligente riflessione sulla società e degli adolescenti (ma non solo!), schiavi dell’iPhone (che «ha preso il posto di una parte del corpo»), del papillon di Vuitton e dei vestiti di Armani, dello «sbattimento per far foto al tramonto, che poi sullo schermo piatto non vedi quanto è profondo». Senza riferimenti autentici poiché impossibilitati a prendere sul serio i genitori, con il papà ubriaco ad ogni weekend e la mamma che si spoglia ai concerti. E’ quindi lecito che dicano: «Lo sai, non c’è un senso a questo tempo, che non dà il giusto peso a quello che viviamo. Ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo. Vorrei ma non posto».
Indipendentemente dalle intenzioni degli autori del brano, noi la leggiamo come una lucida e disperata fotografia della società secolarizzata. I vizi sono completamente soddisfatti, abbiamo tutto, facciamo ciò vogliamo, eppure non c’è ancora quel senso della realtà che darebbe il giusto peso, che riempirebbe di sapore quel che confusamente viviamo e ansiosamente condividiamo sui nostri social network. «Colui che non abbiamo mai visto, che però aspettiamo con vera bramosia», ha scritto il non credente Franz Kafka (Il castello, Guaraldi 1995, pp. 297-298). Il passaggio è però fondamentale: dal “cosa” riempie di senso la vita, al “chi”, al “colui”. Anzi, al “Colui”.
«Tutto questo navigare senza trovare un porto», urlano J-Ax e Fedez nel ritornello del loro brano. Invece noi rispondiamo: il porto c’è e vi si può approdare, Lo si può incontrare, qui e ora. Dire questo è il vero scandalo, non i tatuaggi o le sparate mediatiche di Fedez. Questo è lo scandalo che i cristiani portano nel mondo come risposta alla disperazione, seppur ben nascosta, dei fratelli uomini. Lo disse Giovanni Paolo II ai giovani del 2000, ma vale ancora oggi: «In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna».