Una bambina chiede a Jorge Mario Bergoglio che cosa significhi per lui essere Pontefice: il «bene che io posso fare», è la risposta. Francesco esclama anche, con un gioco di parole: ma quale pericolo per gli altri, i migranti sono loro stessi in pericolo. Lo afferma durante l’incontro con i piccoli del «Treno dei bambini», nell’atrio dell’«aula Paolo VI» in Vaticano.
È un’iniziativa, giunta alla quarta edizione, promossa dal «Cortile dei gentili» del Pontificio Consiglio della Cultura, presieduto dal cardinale Gianfranco Ravasi; quest’anno viene dedicata ai piccoli migranti che hanno affrontato un viaggio in cerca di speranza e rivolta anche ai bambini che li hanno accolti nelle loro città, nelle loro scuole e nelle case. Il tema è «Portati dalle onde», come è successo a un giovane nigeriano che ha lasciato il suo paese con i genitori per fuggire dalla guerra. Ma nel viaggio ha perso papà e mamma in una delle tante tragedie del mare. Lui ce l’ha fatta e si è fermato a Lamezia dove, in una comunità per minori stranieri, ha trovato un’altra famiglia che lo ha accolto come un figlio.
Il «Frecciargento», messo a disposizione da Ferrovie dello Stato, è partito alle 6 di questa mattina da Vibo Valentia, e dopo una breve sosta a Roma Termini, dove è salita a bordo la presidente delle Ferrovie dello Stato Gioia Ghezzi, è giunto alla Stazione di Città del Vaticano. Ad attenderli, il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, e Ravasi.
Il Papa durante l’incontro con i 500 bimbi profughi giunti dalla Calabria con il «Treno dei bambini» porta con sé e mostra ai piccoli il giubbotto salvagente di una bambina profuga morta in mare; al Papa lo ha regalato da un volontario mercoledì scorso all’udienza generale. «Mi ha portato questo giubbetto – raccontato papa Francesco – e piangendo un po’ mi ha detto: “Padre, non ce l’ho fatta. C’era una bambina, sulle onde, ma non ce l’ho fatta a salvarla. Soltanto è rimasto il giubbetto”. Questo giubbetto è di quella bambina. Non voglio rattristarvi – dice ancora Bergoglio ai bambini – ma voi siete coraggiosi e conoscete la verità. Sono in pericolo: tanti ragazzi, bambini, bambine, uomini, donne, sono in pericolo. Pensiamo a questa bambina? Come si chiamava? Ma, non so: una bambina senza nome. Ognuno di voi le dia il nome che vuole, nel suo cuore. Lei è in cielo, lei ci guarda».
I migranti «non sono un pericolo, ma sono in pericolo». Così papa Francesco fotografa la situazione di chi è in fuga da guerre e persecuzioni.
L’incontro odierno è stato introdotto dalla lettura di una lettera, rivolta al mondo, dei bambini italiani che hanno accolto in Calabria bimbi migranti: «Abbiamo riflettuto su tutti quegli adulti e bambini che lasciano la loro terra a causa della guerra e delle persecuzioni. Molti non riescono nemmeno a raggiungere la meta a causa di quelle onde che dovrebbero garantire loro la salvezza e che, invece, li tradiscono e li portano alla morte. Pensiamo a loro e non riusciamo a capire come nel mondo possano esserci tante ingiustizie. Promettiamo di accogliere chiunque arriverà nel nostro Paese, senza considerare chi ha un colore di pelle diverso, chi parla una lingua differente o professa un’altra religione, un nemico pericoloso».
Una bimba, durante l’incontro del Papa con i 500 piccoli profughi del «Treno dei bambini», domanda a Bergoglio cosa vuole dire per lui essere Papa: il «bene che io posso fare» è stata la risposta di papa Francesco. «Ma io sento – aggiunge – che Gesù mi ha chiamato per questo. Gesù ha voluto che io fossi cristiano, e un cristiano deve fare questo. E anche Gesù ha voluto che io fossi sacerdote, vescovo e un sacerdote e un vescovo devono fare questo. Io sento che Gesù mi dice di fare questo: questo è quello che sento».
Le mani di tutti i bambini liberano in volo centinaia di palloncini bianchi, in ricordo di tutti quei bimbi migranti che mai sono arrivati.