E’ tornata la pace nel Convento dei Frati alle prime pendici della collina est di Trento (dal 1221): dopo la giornata convulsa di venerdì 20 maggio, giorno della notizia della nomina del nuovo Custode, quando i telefoni squillavano senza sosta per raggiungere fra Francesco Patton e ascoltare la sua voce quasi a voler cogliere qualche elemento di un programma di governo. Nulla di più lontano dal suo stile che, nonostante gli studi in scienze della comunicazione all’Ateneo salesiano di Roma (insieme a don Ivan Maffeis portavoce CEI), avrebbe preferito un passaggio al nuovo incarico decisamente «più in sordina», secondo il carattere trentino e lo spirito francescano.
Non ha mai cercato la prima pagina padre Francesco Patton – per gli amici effepi – ministro provinciale della provincia trentina di san Vigilio dal 2008 al 2016 (dal 16 maggio confluita insieme alle altre del Nord Italia nella nuova di Sant’Antonio): controvoglia il suo nome era apparso nel novembre scorso su un quotidiano locale come il primo degli «episcopabili» alla successione di monsignor Luigi Bressan, ma non era l’unica ipotesi in questi anni, anche all’interno dell’Ordine (estranea però ogni idea di «cordate» che potrebbero solleticare i gossip).
Non è passata inosservata la data dell’annuncio pubblico nel giorno della festa di san Bernardino da Siena, illustre figura di francescano protagonista della riforma dell’Ordine di cui nel 1438 venne eletto Ministro generale, rifiutando però per ben tre volte la nomina a vescovo. In circostanze ben diverse Patton invece ha pronunciato il suo «sì» rinnovando l’obbedienza promessa ai superiori esattamente trent’anni fa, il 4 ottobre festa di san Francesco.
Un frate che arriva a Gerusalemme «dall’esterno»? «Evidentemente l’Ordine ha pensato che nella Custodia potevo essere utile, anche se sono il primo ad essere consapevole dei miei limiti – spiega a Vatican Insider con una disarmante serenità – del resto la consuetudine di nominare un frate della Custodia era venuta in uso soltanto in epoca recentissima, a partire dagli anni ’70: a parte qualche rara eccezione, dal 1342 – anno della sua costituzione con bolla di papa Clemente VI – si era sempre trattato di un italiano, ma non esiste nessuna norma che lo preveda, anche se l’italiano resta la lingua ufficiale della custodia seguita dall’inglese».
A fra Patton (i Minori preferiscono di gran lunga chiamarsi così) preme sottolineare come esista una lunga tradizione che ha legato i frati di quella che fino all’altro ieri era la provincia trentina di san Vigilio e la Terra Santa: in epoca recente han vissuto là per oltre trent’anni fra Casimiro Frapporti e fra Virginio Ravanelli e due anni fa moriva a 62 anni fra Pietro Kaswalder allo Studium Biblicum Franciscanum dal ’79 prima come studente e poi come docente, illustre figura di ricercatore. Ma c’è un altro cuore trentino che batte a Gerusalemme: è quello di suor Mariachiara Bosco, 45 anni nativa di Rovereto, dal 19 febbraio scorso badessa del monastero di Santa Chiara appena fuori dalla porta di Jaffa sulla strada per Betlemme, una comunità di 12 sorelle clarisse – il secondo Ordine francescano – di cinque diverse nazionalità (Italia, Francia, Giordania, Brasile, Rwanda).
La sede della Custodia – composta da 259 frati provenienti da 40 nazioni e dislocati in conventi in 13 nazioni e commissariati in 5 continenti – è invece a San Salvatore. Il Consiglio è composto da frati di diversa nazionalità, quindi con una accentuata connotazione internazionale: uno degli elementi che possono aver contribuito a far cadere la scelta sul frate trentino, oltre al governo provinciale, è quello di aver ricoperto il ruolo di segretario in due capitoli generali, 2003 e 2009, quindi con una buona esperienza nel trattare differenti culture e sensibilità.
Se il compito dei commissariati è soprattutto quello di promuovere una sensibilità verso i cristiani di Terra Santa (che senza aiuti dall’esterno sarebbero in grave difficoltà), le attività della Custodia sono molteplici spiega Patton: «Al primo posto è la cura dei santuari, una settantina, alcuni dei quali (Santo Sepolcro, Betlemme) in comproprietà con greci, armeni e copti. I pellegrini vogliono visitare i luoghi di cui ci parla il Vangelo: visitare il Golgota e il Santo Sepolcro (la tomba vuota ci assicura che la morte è vinta), Betlemme, Nazareth, Cafarnao dove la casa di Pietro è diventata la chiesa della prima comunità cristiana … Paolo VI nel ’64 disse che la Terra Santa è il “5° Vangelo”.
Segue l’ambito pastorale all’interno delle parrocchie della chiesa locale dove si celebra perlopiù in arabo (in Israele, nei territori sotto l’autorità palestinese, in Siria, dove purtroppo i numeri si vanno sempre più riducendo). Poi l’attività legata a scuole e opere sociali: luoghi dove, attraverso la convivenza pacifica e la cultura condivisa tra cristiani, ebrei e musulmani, si pongono le basi della pace. Studiare l’uno accanto all’altro è un modo per abbattere i pregiudizi che non possono mai orientare le relazioni, come si vede anche da noi. Per questo motivo non si può dimenticare la dimensione ecumenica e interreligiosa della Custodia. Padre Pizzaballa, mio predecessore, amava ricordare che “la Terra Santa è l’unico luogo dove sono presenti tutte le confessioni cristiane”. E’ vero che talvolta esistono frizioni, ma questo accade in ogni famiglia tra fratelli si litiga, poi si fa pace.
E infine l’attività scientifica di ricerca: il Corso teologico a San Salvatore, il Biblicum (unico istituto al mondo che abbina esegesi e archeologia, non solo “storia della salvezza”, ma anche “geografia della salvezza” perché il Verbo ha le coordinate di tempo e spazio) e poi il Centro Studi interreligioso a Il Cairo, con rapporti di collaborazione con il Biblicum dei gesuiti a Roma, le cui “escursioni bibliche” erano curate da Kaswalder».
Come si coniuga oggi il carisma francescano con tutto questo? Fra Patton non ha dubbi: «I cristiani laggiù sono una minoranza e i cattolici ancora di più. Occorre imparare a stare “da minori”. Vivere gioiosamente quello che significa davvero la condizione di “minorità” che ci ha insegnato Francesco. “Custodia” è un tipico termine francescano (così come “guardiano” per il superiore di un convento) e chi ha il “servizio dell’autorità” ha il compito di favorire il bene dei frati prima che delle cose e questo comprende anche il bene dei pellegrini e delle popolazioni laggiù, pensiamo solo alla situazione in Siria».
Martedì 31 maggio Francesco Patton partirà alla volta di Roma, con una fermata lungo la strada per visitare la comunità di Montefalco (che fa parte della Custodia), e quindi Tel Aviv e Gerusalemme.
In un angolo c’è una piccola valigia nuova procurata dai suoi frati: per un montanaro che ha animato per anni decine di giovani partecipanti alla Marcia Francescana (il prossimo 2 agosto saranno gli 800 anni del Perdono d’Assisi) non è un problema limitarsi all’essenziale.
Idealmente cosa vorrebbe metterci dentro? «Tanta capacità di mettermi in ascolto della realtà che incontrerò, tanta fiducia per affrontare le inevitabili difficoltà di un microcosmo tanto complesso, ma soprattutto la capacità di cogliere e valorizzare il bene dovunque e in chiunque si manifesti, cosa che fa parte della genuina eredità Francescana».
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