«Un cattivo Concilio e una cattiva messa». Questo sarebbe il «vero» contenuto del terzo segreto di Fatima che il Vaticano avrebbe tenuto segreto. Ma Joseph Ratzinger, che l’ha custodito, pubblicato e commentato, bolla come «pure invenzioni» l’ennesima presunta «rivelazione» sul testo profetico più discusso e studiato.
Lo scoop di Pentecoste
La rivelazione sembrava essere di quelle pesanti. Il teologo tedesco padre Ingo Döllinger, amico personale di Benedetto XVI, avrebbe dato a Maike Hickson sul sito OnePeterFive un annuncio a dir poco clamoroso, raccontando di un dialogo a tu per tu con l’allora cardinale Ratzinger: «Non molto dopo la pubblicazione nel giugno 2000 del Terzo Segreto di Fatima da parte della Congregazione per la Dottrina delle Fede, il cardinale Joseph Ratzinger disse a padre Döllinger durante una conversazione a tu per tu che c’è una parte del Terzo segreto che non hanno ancora pubblicato! “C’è di più di quello che abbiamo pubblicato” aveva detto Ratzinger. Inoltre aveva detto a Döllinger che la parte pubblicata del segreto è autentica e che la parte inedita del Segreto parla di “un cattivo Concilio e di una cattiva Messa” che sarebbero arrivati in un futuro prossimo. Padre Döllinger mi ha dato il permesso di pubblicare questi fatti nella festa dello Spirito Santo e mi ha dato la sua benedizione». Dunque, una nuova presunta rivelazione sul presunto contenuto non rivelato. Fino ad oggi le supposizioni sul contenuto che non sarebbe stato pubblicato si sono divise tra quelle più catastrofiste (la Madonna avrebbe annunciato castighi terribili), e quelle più legate alla vita interna della Chiesa (in sostanza una messa in discussione del Concilio Ecumenico Vaticano II). Quest’ultima uscita s’iscrive in questo secondo filone.
Il Papa emerito parla
La smentita, inedita e secca, è arrivata il 21 maggio attraverso un comunicato della Sala Stampa vaticana dove sono riportati dei virgolettati di Benedetto XVI. «Alcuni articoli apparsi recentemente hanno riportato dichiarazioni attribuite al Prof. Ingo Döllinger, secondo cui il Card. Ratzinger, dopo la pubblicazione del Terzo Segreto di Fatima (avvenuta nel giugno 2000), gli avrebbe confidato che tale pubblicazione non è stata completa». «A tale proposito – continua il comunicato – il Papa emerito Benedetto XVI comunica “di non aver mai parlato col prof. Döllinger circa Fatima”, afferma chiaramente che le esternazioni attribuite al prof. Döllinger su questo tema “sono pure invenzioni, assolutamente non vere” e conferma decisamente: “la pubblicazione del Terzo Segreto di Fatima è completa”». La smentita dunque è triplice: Ratzinger afferma la non veridicità della circostanza (il dialogo con il teologo tedesco su Fatima); del contenuto (le parole negative di Maria sul Concilio e la messa scaturita dalla riforma liturgica) e pure del tormentone sul segreto non svelato.
Il mistero della visione
Il segreto di Fatima è contenuto in una visione che i tre pastorelli ricevono nel 1917. Le prime due parti, riguardanti la visione dell’inferno , la Seconda guerra mondiale e la consacrazione della Russia, vengono rivelate presto. Mentre la terza parte è destinata soltanto al Papa. Suor Lucia dos Santos scrive il terzo segreto nel gennaio 1944 e lo consegna al vescovo di Leiria-Fatima, José Alves Correia da Silva, nel giugno di quello stesso anno. Il vescovo lo invia in Vaticano, su richiesta della Santa Sede, nella primavera del 1957, nell’ultimo scorcio del pontificato di Pio XII. Si è sempre detto che sarebbe dovuto essere reso pubblico nel 1960, ma Giovanni XXIII, come pure Paolo VI, ritengono di non farlo. È Giovanni Paolo II, nel maggio 2000, a decidersi e a proporre un’interpretazione della visione – il martirio di un Papa, il «vescovo vestito di bianco», e di tanti cristiani – che lo vede protagonista con l’attentato subito nel 1981. L’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, avalla l’operazione e scrive un commento alla visione profetica, che viene presentata come qualcosa di appartenente ormai al passato. Successivamente, lo stesso Ratzinger, divenuto Papa, sembrerà meno propenso a considerare chiusa del tutto la profezia di Fatima, pensando al martirio dei cristiani che non si è certo concluso con la caduta del comunismo, e anche agli attacchi che la Chiesa subisce dal suo interno, dal peccato dei suoi membri.
Solo una visione. E le parole?
I dubbi che sono stati avanzati dopo la pubblicazione del testo del 2000 da parte della Congregazione per la dottrina della fede sono riconducibili a due problemi. Il primo riguarda una frase rimasta in sospeso nella quarta memoria scritta da suor Lucia, là dove lei attribuisce alla Madonna queste parole: «In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede, etc». Sembra evidente dal contesto che si tratta di parole dell’apparizione riferite alla visione del terzo segreto. La partecipazione dei pastorelli veggenti all’evento delle apparizioni non era sullo stesso livello per tutti e tre. Infatti, mentre suor Lucia vedeva la Madonna, ascoltava la sua voce e poteva parlarle, Giacinta Marto poteva vedere e ascoltare ma non parlare, mentre Francesco Marto poteva soltanto vedere ma non udiva nulla. Francesco, il cugino di Lucia, ha dunque sempre potuto vedere tutto, compresa la visione dell’inferno, ma non ha mai sentito niente delle parole dette dalla Madonna, che invece erano percepite dalla sorella e dalla cugina. Lo conferma la stessa suor Lucia nella sua quarta “memoria”, datata 1941. L’apparizione, parlando della terza parte del segreto, si sarebbe rivolta con queste parole a Lucia e Giacinta: «A Francesco sì, potete dirlo». Da questo particolare alcuni deducono che il terzo segreto non conteneva soltanto una visione – quella del martirio dei cristiani e del Papa – ma anche un insieme di parole che la accompagnavano e la interpretavano. Nell’interrogatorio di Lucia, durante il processo canonico del 1924, la veggente aveva dichiarato a proposito della terza parte del segreto: «Poi la Signora ci disse alcune brevi parole, raccomandandoci di non dirle ad alcuno, tranne che a Francesco soltanto».
Il doppio plico
Il secondo problema riguarda la storia del testo del segreto. Quando arriva in Vaticano, viene conservato in una cassetta di legno nell’appartamento di Papa Pio XII. E viene anche depositato presso l’allora Sant’Uffizio. Nel fascicolo pubblicato dalla Santa Sede nell’anno 2000, intitolato «Il Messaggio di Fatima», si afferma che Giovanni XXIII lesse il segreto, ma decise di non pubblicarlo. Quindi si dice che Paolo VI chiese il testo al Sant’Uffizio e lo lesse il 27 marzo 1965, quasi tre anni dopo l’elezione. Ma l’ex segretario di Papa Giovanni, Loris Capovilla, ha fatto affermazioni che non coincidono con questa ricostruzione. Capovilla, che dopo la morte di Papa Roncalli era rimasto a lavorare nell’anticamera del suo successore, ha raccontato che Montini chiese proprio a lui, giovedì 27 giugno 1963 – dunque appena sei giorni dopo essere diventato Papa e ancora prima della solenne cerimonia d’incoronazione, avvenuta il 29 – dove fosse nascosto il terzo segreto, perché non lo trovava. Capovilla disse che il plico con il segreto «sta nel cassetto della scrivania detta Barbarigo in stanza da letto». Lì i collaboratori di Paolo VI lo recuperarono. L’incongruenza tra la pubblicazione vaticana e le parole di Capovilla lascia intendere che in realtà possano esistere due testi: il primo era conservato nell’appartamento del Papa, il secondo negli archivi del Sant’Uffizio. Si tratterebbe, secondo un’ipotesi non provata, di due parti distinte del terzo segreto (il quale è a sua volta soltanto la terza parte di un’unica rivelazione). Il testo conservato negli archivi conterrebbe soltanto la visione – cioè quella rivelata dal Vaticano nel 2000 – mentre il plico che stava nell’appartamento papale conserverebbe la spiegazione di quella visione, le parole di commento pronunciate dalla Madonna.
Possibili spiegazioni
I «fatimisti» si dicono certi che l’unica spiegazione possibile a queste incongruenze è l’esistenza di due testi separati: la visione e l’interpretazione. Il secondo testo non sarebbe stato rivelato perché troppo catastrofico e apocalittico, o perché negativo nei confronti del Concilio e della riforma liturgica. Ipotesi quest’ultima che provoca la frenesia di quanti attribuiscono – ingenuamente dal punto di vista storico e interessatamente dal punto di vista delle battaglie infra-ecclesiali – al Vaticano II la crisi della fede, la secolarizzazione e quasi tutti i mali della Chiesa. Convinti che se tutto fosse rimasto cristallizzato come ai tempi di Pio XII non ci sarebbero state la secolarizzazione, la crisi delle vocazioni e della famiglia, etc. Resta però da spiegare perché mai Giovanni Paolo II avrebbe deciso di pubblicare solo una parte del terzo mistero, invece di continuare a mantenere tutto ancora sotto chiave. E non si può escludere, invece, che le incongruenze siano dovute, più semplicemente, all’esistenza non di due testi diversi ma di due copie distinte dello stesso segreto conservate in luoghi diversi. Un’altra possibile spiegazione è legata ai tanti scritti di suor Lucia, che ha continuato a ricevere visioni e messaggi, trasferendoli in Vaticano. È possibile che i Pontefici abbiano avuto dei dubbi e delle difficoltà nel distinguere l’autentico messaggio dell’apparizione dalle interpretazioni della veggente.
Le parole di Amato
Quanto affermato da Benedetto XVI, nella smentita che rappresenta una delle sue rarissime uscite da quando ha rinunciato al papato, era stato ribadito un anno fa anche dal cardinale Prefetto della Congregazione dei santi, Angelo Amato, che prima di approdare alla «fabbrica delle aureole» era stato il numero due della Congregazione per la dottrina della fede. «Dico subito che non c’è un quarto segreto» di Fatima «né ci sono altri segreti nascosti», aveva affermato nel maggio 2015. «Quando ero Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede – aveva scritto il cardinale – ho avuto il privilegio di avere in mano e di leggere i manoscritti originali riguardanti i segreti di Fatima e il loro messaggio. Li ho meditati a lungo perché gettano una luce di fede e di speranza sui tristissimi eventi del secolo scorso e non solo. Ricordiamo che il Novecento, pronosticato come tempo dominato dalla ragione e dalla fraternità tra i popoli, in realtà è stato un periodo tragico per il cristianesimo, perseguitato e oppresso in molte parti del mondo. Senza considerare le due guerre mondiali, le stazioni più tragiche di questa Via Crucis evangelica sono state in sequenza il genocidio armeno, la repressione messicana, la persecuzione spagnola, le stragi naziste, lo sterminio comunista, e, in questa prima parte del terzo millennio, la persecuzione islamista. Sono milioni le vittime di ideologie maligne, che hanno generato e generano ancora conflitti, odi e divisioni».