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Emmaus torna ad alzare la voce contro le ingiustizie del pianeta

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Vatican Insider - pubblicato il 18/05/16
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Sono quasi 10 anni che è morto l’Abbé Pierre, il carismatico prete francese fondatore del movimento Emmaus, ma la sua creatura è più viva che mai: 430 gruppi, diffusi in 35 Paesi del mondo (120 nella sola Francia). In Italia le comunità sono 17, cui si affiancano due gruppi di amici, per un totale di oltre 500 persone coinvolte. 

Da domani (18 aprile) a sabato, a Jesolo (Venezia), si tiene l’assemblea mondiale del movimento sul tema: «Emmaus: valori comuni, azioni per domani». Come quella del 2003 nella capitale del Burkina Faso, che si rivelò molto importante per la dimensione “politica” del movimento, anche questa si annuncia significativa, soprattutto perché eleggerà alla guida, per i prossimi 4 anni, il primo non europeo, con ogni probabilità un membro proveniente dall’Africa.  

E africana sarà la relatrice che aprirà i lavori: la sociologa Joséphine Ouedraogo, ex ministro e segretaria esecutiva di ENDA Terzo Mondo. Per dar voce all’Asia – a conferma della fisionomia sempre più globale di Emmaus – prenderà poi la parola l’indiana Medha Patkar, attivista nell’ambito sociale ed ecologico. Toccherà poi a Gustavo Dans, accademico uruguaiano, specialista in politiche sociali e del Mercosur, rappresentare le Americhe, dove pure – da qualche tempo – sono presenti Comunità Emmaus. Il relatore che porterà la voce dell’Europa sarà, infine, il comboniano Alex Zanotelli, molto noto per la sua lunga militanza giornalistica: dopo una intensa e feconda esperienza missionaria in Africa, da alcuni anni è attivo a Napoli, sia nell’animazione missionaria che nell’impegno per i diritti. 

Quali le sfide del futuro per Emmaus? Lo chiediamo a Renzo Fior, 69 anni, responsabile della Comunità di Villafranca (Verona), a capo di Emmaus internazionale per due mandati, dal 1999 al 2007), e, dal 2008 al 2014, leader di Emmaus Italia. «Le sfide di domani sono legate al momento storico concreto. La situazione, è sotto gli occhi di tutti, si sta deteriorando a tutti i livelli: la ricchezza è in mano a pochi, la miseria è diffusa, la finanza condiziona in maniera enorme la politica, le migrazioni rappresentano un fenomeno drammatico, l’accesso ai beni comuni (acqua e non solo) rimane un problema per tantissimi. In questo quadro Emmaus cercherà di capire come muoversi, tenendo conto soprattutto dell’emergenza ecologica, che il Papa indica con forza nella “Laudato si’”. Tra l’altro i cambiamenti climatici sono uno dei fattori all’origine delle migrazioni, un fenomeno epocale di cui Emmaus da anni si fa carico». 

L’assemblea mondiale di Jesolo si apre a pochi giorni dal convegno in Vaticano sulla “Centesimus Annus” in cui sono risuonate parole forti contro il modello capitalista ed emersi temi-chiave quali l’ingiustizia globale, la lotta alla povertà. Solo un caso? «Temi come quelli elencati fanno parte da sempre del patrimonio di Emmaus, così come parole che oggi vanno per la maggiore, da “periferie”a “Chiesa chiesa ospedale da campo”. Basta pensare ai due pilastri dell’esperienza di Emmaus. Il primo suona: servire per primo il più sofferente, il che significa attenzione alla persona concreta. È quel che fanno le Comunità Emmaus accogliendo persone disagiate e rifiutate dalla società. Il secondo pilastro: lavorare per eliminare le cause dell’ingiustizia. Non solo accogliere le persone, restituendo loro dignità, ma far sì che, a loro volta, esse diventino “salvatori” di altri. Non ci basta dare risposta ai bisogni materiali, vogliamo far capire, a chi viene con noi, che il gusto della vita passa per il rendersi utili in favore di altri che stanno peggio». 

È la storia stessa del movimento che partì in quel modo, quando nel novembre del 1949, a Parigi, l’Abbé Pierre incontrò Georges, un assassino, che stava per suicidarsi. A quell’uomo disperato, il sacerdote disse: «Non ho nulla da darti, ma tu, prima di ritentare il suicidio, non potresti aiutarmi a costruire case per i senza tetto di Parigi?». Di fronte alla proposta, così provocatoria, Georges cambiò idea; capì che, nonostante tutto, poteva ancora essere utile a qualcuno. Dal suo “sì” è nato Emmaus. 

In questi oltre 60 anni di vita del movimento, le forme in cui si è declinato il carisma iniziale si sono moltiplicate: se negli anni Cinquanta i gruppi Emmaus francesi erano principalmente cenciaioli che raccoglievano vestiti dismessi, col tempo sono decollate varie iniziative: si va dal microcredito alle scuole informali, dalla lotta per l’acqua alla mutua-salute che coinvolge migliaia di persone in Africa e in India, dando loro la possibilità di accedere alle cure di base, altrimenti negate.  

Cosa dobbiamo aspettarci, allora, alla fine dell’assemblea di Jesolo? «Sicuramente – conclude Fior – da questo raduno uscirà una denuncia dei poteri forti che mirano solo al proprio interesse, a scapito della collettività. Denunceremo il fatto che le migrazioni sono un effetto collaterale della tentazione di arricchirsi, tant’è che nei Paesi sprovvisti di risorse naturali non ci sono le guerre che causano profughi e sfollati. Soprattutto diremo, in positivo, che è possibile vivere diversamente, secondo una logica opposta a quella capitalista. Forti della nostra esperienza concreta, dove la diversità diventa ricchezza, diremo che un mondo tutto imperniato sulla competitività, dove impera la parola odio, dove lo straniero e il diverso sono messi da parte non è un mondo che ci piace, non è il nostro mondo». 

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