Una piazza a Parigi per i monaci di Tibhirine. Una piazza con un giardino verde, come i campi intorno al monastero trappista sulle montagne dell’Atlante, in Algeria, dove i sette religiosi vennero rapiti e poi uccisi vent’anni fa, divenendo uno dei volti più significativi del martirio del nostro tempo.
Con questo gesto il prossimo 30 maggio la capitale francese fisserà in un luogo ben preciso la memoria dei monaci di Tibhirine. La cerimonia avverrà alla presenza del sindaco Anne Hildalgo e dei familiari dei religiosi uccisi. E si terrà proprio nell’anniversario del giorno in cui nel 1996 si ebbe conferma della loro morte, con il macabro ritrovamento delle loro teste sgozzate, tuttora unica parte del loro corpo rinvenuta e sepolta nel piccolo cimitero del monastero in Algeria.
A rendere del tutto particolare la scelta di Parigi è però soprattutto un dettaglio: la piazza scelta per onorare i monaci di Tibhirine è quella davanti alla parrocchia di Saint Ambroise, che si trova nell’XI arrondissement; vale a dire proprio in uno dei due quartieri sfregiati lo scorso 13 novembre dagli attacchi jihadisti al cuore della Francia. Lo stesso Bataclan – il teatro diventato l’epicentro della tragedia – si trova a poco più di 500 metri di distanza da quello che tra pochi giorni diventerà il «Giardino dei monaci di Tibhirine». A sottolineare questa vicinanza è stato lo stesso sito internet del monastero che, anche dopo la morte dei monaci, è rimasto in questi anni un luogo frequentato dai cristiani d’Algeria. «Nonostante la guerra civile che insanguinava l’Algeria negli anni Novanta, questi uomini di Dio avevano compiuto la scelta di restare nel loro Paese d’adozione per la fraternità che li legava ai musulmani – vi si legge -. Ed è il motivo per cui hanno donato la loro vita, hanno incarnato l’amicizia, l’apertura e il dialogo come risposta ai drammi che vive oggi la nostra società».
La stessa amicizia che proprio in queste ore la Chiesa d’Algeria sta ricordando anche attraverso il volto di un altro suo martire: il vescovo di Orano Pierre Claverie, ucciso anche lui in quello stesso tragico 1996. Venne colpito il 1° agosto mentre rientrava nella sua abitazione dopo essere andato a incontrare il ministro degli Esteri francese per spiegare la sua scelta di restare in Algeria. Una bomba lo fece saltare in aria insieme al suo autista musulmano Mohamed Mouchikhi, arrivando a mescolare il loro sangue. Altro segno potente di un legame che lo stesso odio degli islamisti finì indirettamente per testimoniare. Ad Orano è in corso oggi e domani un simposio al quale, insieme all’attuale vescovo Jean Paul Vesco, sono presenti l’arcivescovo emerito di Algeri Henri Teissier (protagonista di quegli anni sofferti) e lo cheikh musulmano Khaled Bentounes. Inoltre verrà proposta anche ad Orano l’opera teatrale «Pierre et Mohamed», dedicata proprio all’amicizia tra il vescovo Claverie e il suo autista musulmano; un dialogo scenico che – proprio come il film Uomini di Dio – in Francia è divenuto un’opera simbolo con oltre 600 rappresentazioni in questi anni.
Il vescovo di Orano fu l’ultimo dei 19 martiri – religiosi e religiose – pianti dalla Chiesa di Algeria nel tragico biennio tra il 1994 e il 1996. Per tutti loro (monaci di Tibhirine compresi) è in corso un unico processo di beatificazione intitolato a «Pierre Claverie e i suoi 18 compagni». Aperto nel 2007 e concluso l’esame diocesano, l’indagine sul loro martirio si trova ora nella fase romana alla Congregazione delle Cause dei santi.