All’Ergife di Roma è in corso l’assemblea plenaria dell’Unione internazionale superiore generali (dal 9 al 13 maggio) che ha per titolo: «Tessere la solidarietà globale della vita». L’ultima volta le leader delle congregazioni femminili s’incontrarono tre anni fa, sempre nel grande centro congressi della Capitale, e furono poi ricevute da papa Francesco eletto solo da poche settimane. Fu un piccolo evento perché era molto tempo che un pontefice non dialogava direttamente con l’Uisg; ora le tensioni e le incomprensioni del passato con il Vaticano sono rientrate, spiega monsignor José Rodriguez Carballo, Segretario della Congregazione per la vita religiosa. «La preoccupazione principale – osserva – è per la qualità della nostra vita evangelica».
Monsignor Carballo, che momento sta attraversando la vita religiosa femminile nella Chiesa? In che condizione si trova?
«Prima di tutto io direi che la vita religiosa femminile è una parte importantissima nella vita e nella missione della Chiesa. Il Santo Padre lo ha ribadito molte volte: cosa sarebbe della Chiesa senza le suore? Perché, anche nella mia esperienza, le suore sono nelle periferie delle periferie, dove nessuno vuole andare o restare. Basta pensare, come esempio recente, le sorelle di madre Teresa che hanno perso la vita nello Yemen. Loro sapevano di rischiare seriamente e sono volute rimanere con i poveri e gli ultimi. Ci sono altre presenze femminili di questo tipo, e anche devo dire presenze maschili, per esempio in Siria o in Libia, però è vero che le donne in questo senso sono all’avanguardia».
Spesso, però, si sottolinea che c’è un calo costante di vocazioni e di presenza femminile…
«Riguardo al numero dobbiamo dire che è evidente la costate diminuzione delle religiose. Ciò naturalmente ci preoccupa, ma direi che la preoccupazione principale non è questa, bensì quella relativa alla qualità della nostra vita evangelica come consacrati. In questo senso l’anno della Vita consacrata ha aiutato tanto a riscoprire un nuovo spirito, un nuovo slancio e una nuova gioia, per continuare ad andare avanti con la nostra missione. Io personalmente credo che la vita consacrata abbia fatto un grossissimo sforzo di rinnovamento a partire dal Vaticano II seguendo sempre le indicazioni della Chiesa. Penso che la vita consacrata goda di buona salute anche se alcuni profeti di sventura dicono che è in declino. Certamente il numero diminuisce, e dipende da fattori molto complessi – il calo della natalità, i valori della società e tanti altri elementi – che portano a questo. Ma la salute è buona e questo non impedisce che ci si chieda come rispondere meglio a Cristo, alla Chiesa, al mondo e al proprio carisma».
Si discute spesso del ruolo e dei compiti delle donne nella Chiesa. Non c’è ancora un deficit da colmare in questo senso? Non sono poche le donne in posizioni di “governo’” anche in Vaticano?
«Ma io giudico dal mio dicastero dove c’è una sottosegretaria religiosa, quindi ha un ruolo importante. Ci sono tante religiose; certo bisogna andare avanti, questo è chiaro, bisogna pensare soprattutto che nella vita consacrata la componente femminile è molto più numerosa di quella maschile, quindi dobbiamo continuare: questo il Papa ce lo ricorda costantemente. Anche nella Chiesa dobbiamo dare più spazio alle donne, senza dubbio; il che non vuol dire che debbano fare le stesse cose che fanno gli uomini, perché molte volte l’uguaglianza si concepisce come uniformità. Io penso che l’uomo ha una responsabilità concreta e le donne devono avere la loro responsabilità come donne e non copiando gli uomini, perché forse questa non è la cosa più corretta».
In passato ci sono state tensioni fra gruppi di religiose e Vaticano, per esempio negli Stati Uniti o in America Latina; è possibile dire che oggi il clima è più sereno e vi sia una collaborazione maggiore?
«Sì, ma guardi, la visita apostolica che era cominciata anni fa presso le suore americane si è conclusa con un dialogo, una chiarezza, che prosegue con quegli istituti che presentano alcune difficoltà. Ma prima di tutto dobbiamo dire che non è la vita consacrata femminile, per esempio negli Stati Uniti, che ha difficoltà, no. Questa è un’affermazione così generale che alla fine non è vera. Allora, vediamo dove ci sono i problemi e lì tentiamo, dialogando, di venire incontro a questi problemi, di affrontarli. Oggi il clima è di dialogo, comprensione e comunione. E posso affermarlo a partire dalla mia esperienza».
Come dicastero state gestendo anche quei problemi che sono sorti nella vita consacrata in generale sul piano finanziario, della gestione dei beni?
«Stiamo lavorando con molta comunione sia con le congregazioni competenti che con la commissione pontificia per certe situazioni particolari, in campo sanitario. C’è una collaborazione molto forte. Per questo anche il dicastero sta per convocare il secondo simposio per gli economi generali che si terrà il prossimo novembre».