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Venezuela, la mediazione del Vaticano mentre la crisi precipita

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Vatican Insider - pubblicato il 11/05/16
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Il Vaticano prova a muovere le sue pedine nella difficile crisi venezuelana; il tentativo è quello di esercitare una mediazione fra governo e opposizione affinché la situazione non trascenda nel caos istituzionale e nella violenza. Con questo intento primario, sono avvenute alcune cose: intanto il Papa è intervenuto pubblicamente sul tema chiedendo «dialogo e collaborazione, giustizia e rispetto reciproco che soli possono garantire il benessere spirituale e materiale dei cittadini», quindi ha scritto al presidente Nicolas Maduro una lettera il cui contenuto si muove su questa stessa linea (d’altro canto la condizione di partenza per una mediazione della Santa Sede è la volontà delle parti di aprirsi al dialogo e all’ascolto, rompendo la logica del muro contro muro che va avanti da anni). È stato poi il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, a spiegare che «il Papa segue con molta attenzione e partecipazione le vicende del Venezuela e ha fatto avere recentemente una sua lettera personale al presidente Maduro con riferimento alla situazione del Paese». Ancora, nei giorni scorsi, è stato ricevuto in Vaticano sia dal Papa che dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, Leopoldo Lopez Gil, padre del leader dell’opposizione Leopoldo Lopez da tempo agli arresti. È in questo contesto, dunque, che il prossimo 24 maggio monsignor Paul Gallgher, segretario per i Rapporti con gli Stati del Vaticano, si recherà in Venezuela per quella che è giudicata un’impresa negoziale assai complessa.  

Ufficialmente, peraltro, la sua non sarà una visita diplomatica, Gallagher infatti andrà a Caracas per celebrare l’ordinazione episcopale del nuovo nunzio in Congo, il venezuelano Franscisco Esclante Molina. Tuttavia, ha detto padre Lombardi all’agenzia France Press, avrà contatti con le autorità. Si tratta quindi di una missione informale di alto livello, bisogna infatti tenere conto che l’attuale Segretario di Stato è stato in precedenza Nunzio apostolico proprio in Venezuela; si tratta dunque di una realtà che Oltretevere, fra l’esperienza del Papa latinoamericano e diplomazia vaticana, è ben conosciuta. Fra l’altro la Santa Sede ha ribadito la disponibilità dell’attuale nunzio, monsignor Aldo Giordano, a svolgere una mediazione fra governo e opposizione per risolvere la complicata crisi sociale e politica. Lo stesso Giordano nelle ultime ore, ha ribadito che un negoziato può partire «se tutti danno priorità al bene comune del popolo». 

La situazione del Paese è comunque difficile. Una gravissima crisi energetica colpisce il Venezuela che è uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo, provocando razionamenti elettrici e black out per diverse ore al giorno tutta la settimana. Un fatto dovuto anche al crollo dei prezzi del petrolio, secondo gli esperti, e al conseguente conflitto fra paesi produttori dell’oro nero. Allo stesso tempo mancano medicali, alimenti, generi di prima necessità, mentre l’inflazione è altissima e fuori controllo.  

A ciò si aggiunga che il Paese è teatro di escalation di violenza criminale senza precedenti, la presenza di organizzazioni legate al narcotraffico e di criminalità comune è particolarmente grave. Caracas, riferiva di recente L’Osservatore Romano, figura al primo posto della speciale classifica redatta dal «Consejo ciudadano para la seguridad pública y la justicia penal», istituzione messicana che ogni anno compila un rapporto sulle cinquanta metropoli più violente al mondo, con 119,87 omicidi ogni 100mila abitanti. Non c’è solo la capitale però in questa «black list» delle città più violente, al quinti posto troviamo infatti altri due centri venezuelani: Maturín (85,45 morti) e Valencia (settimo posto, 72,21 omicidi). Il quadro è insomma a dir poco problematico. Dentro la crisi sociale ed economica, poi, emerge quella politica del «chavismo»; Nicolas Maduro, il presidente che ha seguito le orme del predecessore Hugo Chavez, eletto con uno scarto non molto ampio, non controlla però il Parlamento dove prevalgono le opposizioni. Queste ultime stanno tentando di innescare un referendum per la revoca dell’incarico di Maduro, ovvero per la sua deposizione; le firme sono già state raccolte e convalidate, ma da parte del governo si riafferma che questa ipotesi non è sul tappeto. D’altro canto la presidenza ha cancellato la possibilità dell’assemblea parlamentare di rimuovere ministri del governo, approfittando in tal senso di un decreto del gennaio scorso che assegna allo stesso Maduro poteri speciali in virtù proprio della crisi economica. 

All’attuale esecutivo vengono mosse accuse pesanti di violazioni dei diritti politici fondamentali; intervistato da Tv2000 in occasione dell’incontro con il Papa, il padre di Lepoldo Lopez, ha affermato: «Mio figlio Leopoldo è in carcere dal febbraio 2014 e lo hanno condannato a 14 anni di prigione per i suoi discorsi. Non ci sono prove per la condanna, non gli hanno permesso di presentare testimoni, periti o prove. Ha solo la possibilità di essere visitato dai suoi parenti più stretti». D’altro canto i sostenitori di Maduro, ancora numerosi, affermano che dietro la crisi e il tentativo di destituire Maduro, c’è la volontà della Casa Bianca e di altre istituzioni americane di cambiare il governo del Paese con un atto di forza e un assedio economico. 

È dunque in tale contesto che gli stessi vescovi venezuelani hanno rivolto un appello alla Nazione affinché non ci si faccia «manipolare da chi offre un cambiamento della situazione attraverso la violenza sociale» e allo stesso tempo si cada nella tentazione della «rassegnazione» o del «silenzio per le minacce». «Non dobbiamo mai essere cittadini passivi e conformisti – spiegano i vescovi – ma soggetti della nostra realtà». Il che significa «soggetti pacifici, ma attivi», allo scopo di «agire come protagonisti delle trasformazioni della nostra storia e della nostra cultura». 

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