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Le reliquie, giusto o sbagliato venerarle? 4 errori comuni

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Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 11/05/16
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Nel Vangelo si narra che una donna con perdite ematiche accorse da Gesù e toccò il suo mantello, dicendosi: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”(Marco 5, 28). Lo fece e subito il sangue si fermò e sentì che il suo corpo guariva.

La donna non toccò il mantello per il suo valore intrinseco, ma per entrare in qualche modo in contatto con Gesù.

C’è anche il caso dei fazzoletti entrati in contatto con il corpo di San Paolo e che poi si mettevano sui malati, che guarivano (Atti 19, 12).

Allo stesso modo tocchiamo le reliquie, e le veneriamo non per se stesse ma per il santo che rendono presente, attraverso il quale è Dio ad agire.

Qui entriamo nel tema del contatto con le reliquie dei santi e/o della loro venerazione.

A questo proposito, la venerazione delle reliquie in sé non è affatto una cosa disapprovata dalla dottrina cattolica. Le reliquie godono anzi di alta stima nel corso di tutta la storia ecclesiale.

La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare” (Sacrosanctum Concilium, 111).

Il Magistero della Chiesa ci dice non solo che possiamo venerare le reliquie, come le immagini, ma anche che è lecito farlo perché ci rendono vicina la presenza dei santi, sempre che questa venerazione venga effettuata nel modo corretto, altrimenti si cade nella superstizione.

La superstizione è “la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2111).

In cosa consiste questa deviazione? Nel credere che le reliquie abbiano potere in sé; significa fondamentalmente attribuire un’efficacia magica alle pratiche del culto, con la persona che si scollega da Dio e dal giusto rapporto con Lui.

La superstizione consiste quindi nel venerare le immagini, le reliquie e i sacramentali (come uso di sale, oli, acqua benedetta) credendo che abbiano un potere, e che questo potere si radichi nella loro materialità e non nelle disposizioni interiori, e in ultima istanza in Dio stesso, che li rende davvero efficaci.

Se la venerazione di una reliquia non ci allontana da Dio e/o non impedisce un corretto rapporto con Lui, non è superstizione.

La persona superstiziosa pretende, con qualsiasi atto di devozione o di venerazione, di firmare un contratto di compravendita con il santo o con Dio: io faccio questo e tu farai quest’altro. Il superstizioso, in realtà, vuole che Dio sia al suo servizio.

Ciò vuol dire che il fedele che recita qualcosa toccando una reliquia, o praticando una devozione o compiendo un pellegrinaggio, ecc., sta agendo in modo superstizioso se crede che per il semplice fatto di farlo Dio sia obbligato a concedergli ciò che gli ha chiesto.

In fondo, il superstizioso non crede in Dio abbandonandosi alla sua volontà e ai suoi disegni, ma crede in se stesso, e riponendo la propria fiducia solo nelle sue azioni (anche se buone, come nel caso di entrare in contatto con qualche reliquia) lo fa con l’intenzione di obbligare Dio a concedergli ciò che gli chiede, sottoponendolo a una forma di ricatto.

Al contrario, il vero credente ripone la sua fiducia in Dio, e quando prega e chiede sa che Dio concede sempre ciò che conviene maggiormente in ogni momento.

Chi crede davvero e correttamente in Dio si fida di Lui e lo supplica con speranza, lasciandogli l’ultima parola, che sarà sempre accolta con rispetto, amore e fiducia.

Parte importante della vita ecclesiale è la religiosità popolare, nella quale la venerazione delle reliquie ha un ruolo privilegiato.

Ciò significa che “oltre che della liturgia dei sacramenti e dei sacramentali, la catechesi deve tener conto delle forme della pietà dei fedeli e della religiosità popolare. Il senso religioso del popolo cristiano, in ogni tempo, ha trovato la sua espressione nelle varie forme di pietà che accompagnano la vita sacramentale della Chiesa, quali la venerazione delle reliquie, le visite ai santuari, i pellegrinaggi, le processioni, la « via crucis », le danze religiose, il Rosario, le medaglie, ecc.” (Catechismo, n. 1674).

La venerazione delle reliquie dei santi fa quindi parte della religiosità o devozione popolare, e questo tema è così importante che va vigilato avendo ben chiare le cose.

È un grave errore anteporre nella vita di fede la religiosità popolare e concentrarsi solo su di essa a scapito della vita sacramentale o della vita di grazia attraverso l’azione liturgica.

È quello che dice il numero 1675 del Catechismo, in cui si spiega che la religiosità popolare è sì in relazione con la liturgia della Chiesa, ma senza sostituirla.

Anche il Direttorio pietà popolare e liturgia (2002) mostra quale sia la dottrina cattolica sulle reliquie, che, come sappiamo, sono state venerate fin dall’antichità e sono molto apprezzate dal Magistero della Chiesa.

Più concretamente, il Direttorio afferma che “le varie forme di devozione popolare alle reliquie dei Santi, quali sono il bacio delle reliquie, l’ornamento con luci e fiori, la benedizione impartita con esse, il portarle in processione, non esclusa la consuetudine di recarle presso gli infermi per confortarli e avvalorarne la richiesta di guarigione, devono essere compiute con grande dignità e per un genuino impulso di fede (n. 237).

Spesso le reliquie vengono portate ai malati per favorirne la guarigione. In questo caso, la reliquia ha il valore di sacramentale, ovvero di elemento esterno che accompagna la preghiera ufficiale della Chiesa che intercede per un malato.

Come si può osservare, non si tratta di praticare occultismo o cose simili, e men che meno di fare qualcosa contrario alla Scrittura quando la Chiesa venera le reliquie e vi ricorre.

È ovvio che un sacramentale non sostituisce il rapporto con i sacramenti, in particolare l’Unzione dei malati. È piuttosto qualcosa di complementare.

In precedenza si è menzionata la deviazione dal sentimento religioso che provoca la superstizione come uno degli errori dovuti al rapporto errato con le reliquie, ma non si tratta dell’unico errore.

Riguardo alle reliquie, ci sono altri errori da evitare:

1.Dubitare che Dio possa utilizzare le reliquie o altri strumenti per compiere i suoi miracoli, e quindi disprezzare queste reliquie e/o strumenti.

Dio, in base ai suoi disegni, si può avvalere di ciò che vuole. Ricordiamo solo un esempio: il caso del miracolo di Mosè che fece sgorgare l’acqua da una roccia (Num 20, 11).

Dio aveva forse bisogno di dare un bastone a Mosè per compiere questo miracolo? Assolutamente no, ma ha voluto comunque avvalersi di entrambi, Mosè e il suo bastone. Allo stesso modo, Dio ha voluto avvalersi dei suoi santi e delle loro reliquie.

2.Esagerare l’importanza delle reliquie. Le reliquie possono essere un aiuto alla fede, ma non sono la sua parte centrale.

3.Commerciare con le reliquie.

4.Falsificare le reliquie per sfruttare gli ingenui. Di conseguenza, venerare ciò che non è autentico.

Quanti tipi di reliquie ci sono?

Le reliquie si classificano in due tipi: “l’espressione ‘reliquie dei Santi’ indica anzitutto i corpi – o parti notevoli di essi – di quanti, vivendo ormai nella patria celeste, furono su questa terra, per la santità eroica della vita, membra insigni del Corpo mistico di Cristo e tempio vivo dello Spirito Santo (cf. 1 Cor 3, 16; 6, 19; 2 Cor 6, 16). Poi, oggetti che appartennero ai Santi, come suppellettili, vesti, e manoscritti, e oggetti che sono stati messi a contatto con i loro corpi o i loro sepolcri, quali olï, panni di lino (brandea), ed anche con immagini venerate” (Direttorio, n. 236).

All’interno di questo secondo gruppo di reliquie possiamo includere perfettamente i panni impregnati di oli trasudati dai corpi di alcuni santi.

Assai notevole è il caso di San Charbel. Per molti secoli i fedeli hanno utilizzato questi oli pregando per i malati, e si sono verificati molti miracoli. E il caso di San Charbel non è l’unico.

Possiamo dunque dire che senza smettere di vigilare su pericoli, deformazioni e usi indebiti delle reliquie, la Chiesa considera le parti del corpo dei santi o altri oggetti a loro direttamente collegati un aiuto per entrare in contatto con Dio.

I santi sono coloro che si sono lasciati trasformare dalla grazia e hanno così raggiunto il dono della salvezza in Cristo. Ora sono intercessori, e si uniscono alla preghiera di Cristo al Padre a favore di noi suoi fratelli, e più concretamente di quelli che soffrono.

È questo il senso corretto dell’uso e della venerazione delle reliquie, che aiutano il cuore cristiano a rinnovare la sua fede e permettono così una migliore comprensione del Vangelo e una partecipazione più consapevole e matura ai sacramenti, dai quali riceviamo la grazia e l’azione salvatrice di Cristo.

 

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]