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“The Good Lie” è un film da vedere

Catholic Link - pubblicato il 06/05/16

Dall'orrore della guerra fratricida in Sudan all'approdo al paese culla del consumismo: il film di Philippe Falardeau pone molti argomenti di riflessione per tutta la famiglia

di Ignacio Romero

Sono sempre meno i film di Hollywood con attori di primo piano che lasciano un qualche tipo di messaggio e che si possono gustare in famiglia. “The Good Lie” (La bugia buona), è una di quelle eccezioni che fornisce buoni argomenti di cui parlare.

Diretto da Philippe Falardeau (“Monsieur Lazhar“, “The Bleeder“) e interpretato dal premio Oscar Reese Witherspoon, il film racconta la storia di una famiglia di orfani sudanesi che vagano in cerca di una casa. Dopo una serie di sfortunati eventi ha vinto (insieme agli altri fratelli rimasti per strada, Jeremiah, Mamere, Paul e Abital) una lotteria per il trasferimento negli Stati Uniti. Il film è pieno di scene in cui la cultura americana influenza la vita e lo sviluppo dei personaggi e viceversa.

Penso che sia un film da vedere in famiglia per poi discutere insieme alcuni temi, che affronterò ora:


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1. Lo stupore per cose semplici

sorprenderse

Credo che a G.K. Chesterton sarebbe piaciuto tanto questo film. Tre immigrati sudanesi arrivano nel paese culla del consumismo e non fanno altro che essere sorpresi dalle cose che noi occidentali diamo per scontato. Da un pasto sotto “archi dorati” ad un semplice interruttore della luce. Lo stupore nelle cose della vita di tutti i giorni era quello che Chesterton ha chiamato “credere nelle fate”. Mamere, Jeremiah e Paul sono tre bambini che ancora credono nelle fate (e anche in Babbo Natale). Lasciarti sorprendere dalle cose è una pratica positiva che ti evita di cadere nella routine. Cerca le cose che sembrano ordinarie e lasciati stupire da esse! Provaci! Vedrai che è più facile di quanto sembri.


La storia vera che ha ispirato il film


2. Lavoro e morale: cosa viene prima?

THE GOOD LIE

Jeremiah ha una forte personalità, che si rivela nella sua lotta allo spreco alimentare. Davanti all’immoralità del suo capo, che lo costringe a buttare il cibo che non viene venduto, Jeremiah si è impuntato per poi essere licenziato. “Mi dispiace di averti disonorata”, dice a Carrie (personaggio interpretato da Witherspoon). “Ma non posso fare un lavoro che credo nel mio cuore che sia sbagliato”. “Lascia che ti spieghi una cosa”, dice Carrie. “Negli Stati Uniti esistono queste persone chiamate leaders, che hanno troppo potere per il loro cervello e che devono essere sopportate. Perché hai bisogno di soldi per vivere, mangiare e andare a scuola”. Questo dialogo solleva una questione che vale la pena discutere: questo bisogno giustifica la necessità di andare contro la morale? Qual è la priorità?

3. La cultura del piacere

good lie

Paul è il fratello che ci fa innervosire. L’aspetto della cultura “americana” che ha più impatto su questo immigrato sudanese è la droga, in particolare la marijuana. Questo tema ricorre più volte, per tutto il film. Lui cade, ma poi si rialza. Grazie all’aiuto che ha ricevuto dai suoi fratelli. Questa situazione ci può portare a pensare: quanto mi lascio andare alle cose del mondo? Subisco pressioni esterne? È una cosa sbagliata? Ho qualcuno a cui appoggiarmi se ho bisogno di aiuto?


4. I tempi e i piani di Dio sono diversi dai nostri

tiempos

Senza dubbio il personaggio di Carrie è quello che ricopre un particolare ruolo nel film. Lei, una ragazza disordinata e disorganizzata che fa tutto a metà, è l’incaricata a cercare e aiutare 3 uomini arrivati dal Sudan. Tutto inizia con un semplice “Li aiuto a trovare lavoro”, per poi protendersi fino alla fine del film. È lei quella che cambia di più. Gli immigrati le insegnano gli aspetti essenziali della vita, aprendole occhi e cuore al resto del mondo.

D’altro lato i ragazzi erano sicuri di andare a Kansas City con la sorella, Abitail; ma appena arrivati negli Stati Uniti hanno scoperto che erano stati pensati altri piani per lei: Boston. Molte volte ci può accadere di pensare che le cose sarebbero dovute andare “in questo o in quel modo”, dimenticandoci che Dio ha un piano per ciascuno di noi e non possiamo intestardirci per quello che vogliamo noi.


5. L’immigrazione e l’attualità

pelicula

È incredibile come nel secondo decennio del XXI secolo l’uomo abbia ancora bisogno di sistemi per aiutare i rifugiati. Ma ciò che è ancora più impressionante è l’atteggiamento quasi collettivo che si ha davanti a questa esigenza: “Non è un problema mio”. Davvero non lo è? Non potrebbe forse toccarti ricevere oggi, e domani essere ricevuto? Fino a che punto è responsabilità di ciascuno di noi ospitare lo straniero?

È molto forte l’immagine di queste presone traumatizzate dalla guerra. Vittime dell’odio della gente del nord del Paese, i “bambini perduti del Sudan” possono servire come icona di tutti coloro che, fino al giorno d’oggi, hanno bisogno di asilo nel resto del mondo perché il proprio paese è in guerra.

Il film è così ricco di spunti che mi sono limitato a suggerirne solo alcuni. Tu che ne pensi? Di cos’altro si può discutere partendo da questo film? Lascia il tuo commento!

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

Tags:
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