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Ucciso l’ultimo pediatra nella zona di Aleppo in mano ai ribelli

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Facebook/The Syria Campaign

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 03/05/16

Mohammed Wasin Moaz amava ripetere: «Non vado via da qui, altrimenti come fanno i miei bambini senza di me?»

Tra le macerie dell’ospedale al-Quds ad Aleppo, in Siria, gestito da Medici Senza Frontiere e bombardato alcuni giorni fa, sono stati rinvenuti anche i resti di Mohammed Wasin Moaz, l’ultimo medico specializzato in pediatria che operava nella parte della città controllata dai ribelli (Il Giornale, 29 aprile).

IL MEDICO DEI BAMBINI

«Era l’ultimo pediatra residente nei quartieri di Aleppo ancora controllati dalle brigate che si ribellano alla dittatura di Bashar Assad», dicono dalla città assediata. Al quartier generale di Medici Senza Frontiere a Gaziantep, in Turchia, ne ricordano la professionalità, la dedizione, il rifiuto di partire per non abbandonare le decine di migliaia di bambini che aveva in cura (Corriere della Sera, 29 aprile).

DEVOTO VERSO I PAZIENTI

La ONG Relief International descrive il dottor Wasim come «l’ultimo pediatra di Aleppo e un membro stimato del nostro team allargato. Siamo in lutto per lui e per gli altri colleghi che abbiamo perso». Il dottore era un eroe «rimasto nel luogo più pericoloso al mondo per devozione ai suoi pazienti» (FanPage.it, 29 aprile).

I MESSAGGI SU WHAT’S UP

Ahmed Leila, il medico legato al fronte delle milizie ribelli che dalla Turchia si occupa di coordinare gli aiuti sanitari con Nazioni Unite, Croce Rossa e organizzazioni umanitarie internazionali, racconta quello che Wasin gli confessava: «“Cosa farebbero senza di me tutti questi bambini? Chi si occuperebbe di loro?”, rispondeva via email e WhatsApp a tutti coloro che da inizio gennaio, quando i bombardamenti dei caccia russi e i famigerati “barili bomba” lanciati indiscriminatamente dagli elicotteri del regime di Damasco hanno intensificato lo scempio dei quartieri civili, lo invitavano a mettersi in salvo».

“E’ MORTO PER GLI ALTRI”

Continua Leila: «Mohammed è caduto da eroe. Non è propaganda. Non è retorica. Affatto. Il mio amico Mohammed è morto per aiutare gli altri. Noi gli avevamo detto che era giunto il momento di partire. Da sempre la soldataglia di Assad e gli agenti al suo servizio attaccano medici, infermieri, farmacisti. Tanti medici hanno lasciato Aleppo. Qualcuno opera ancora in cliniche e ricoveri di fortuna nei villaggi, nelle campagne del nord, stretti tra le zone curde, Isis e l’avanzata dei filo-regime».

I 50 MEDICI-EROI

La maggioranza dei medici, infatti è emigrata in Turchia, o addirittura in Europa. Ne sono rimasti una cinquantina ancora attivi in otto ospedali nelle zone libere a occuparsi dei circa 300.000 civili. Tra loro almeno 150.000 tra infanti, bambini e ragazzi giovani. «A loro – conclude Leila – pensava il mio amico Mohammed. Soprattutto a loro. Per questo motivo rifiutava persino di trattare il tema della sua eventuale partenza. Era fuori discussione».

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