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Di fronte al male del mondo, sei uno di quelli che si indignano solo su Twitter?

Familia Cristiana - pubblicato il 21/04/16

Dalla vicenda di Aylan Kurdi, ogni giorno due bambini muoiono affogati nel Mediterraneo. Molta indignazione, ma è cambiato qualcosa?

Il momento che viviamo non è facile, ma i problemi non si risolvono con l’indignazione. Bisogna anche impegnarsi. Possiamo dare tutti i consigli che ci vengono in mente, offrire i migliori insegnamenti come lezione, ma non serviranno a niente se non ci si impegna davvero a cambiare.

Cosa succede quando si educa tardi o male? Quando anziché educare si indottrina? Si risveglia un oceano di problemi. Per l’essere umano non c’è oceano più grande della stupidità e dell’odio per i suoi simili. Sappiamo che gli atti di terrorismo, di qualsiasi tipo e ovunque avvengano, sono sempre inaccettabili, ma facciamo ben poco per far sì che nella società regnino sicurezza e concordia. A volte pensiamo che tutto si risolva con le condanne a livello penale, ma la realtà è ben diversa, perché in questo modo si rinfocolano vendette e odi difficili da guarire.

L’elemento fondamentale, a mio avviso, è placare la nostra indignazione, del resto molto umana, e approfondire il motivo di queste condotte. Niente avviene “perché sì” e basta. L’assassino non conosce l’amore, disprezza ogni vita e rifiuta anche se stesso. Potremmo dire lo stesso del corrotto, che non conosce fraternità o amicizia ma solo complicità e inimicizia. Per questo è importante che la società, nel suo insieme, si impegni a livello educativo, riorientando questi comportamenti verso il reinserimento sociale.

Indignarci o impegnarci

Le notizie che riguardano i più indifesi sono davvero allarmanti. Ricevo un messaggio di posta elettronica in cui mi viene detto che centinaia di minori scontano una pena nelle carceri egiziane e sono stati giudicati come adulti. Riconosco che la rabbia mi assale. Bisogna pensare che quello che si dà oggi ai bambini sarà quello che un domani loro daranno alla società.

Ha ben poco senso, quindi, parlare di progressismo o di progresso finché ci sono bambini infelici. Dalla morte Aylan Kurdi, il bambino siriano la cui immagine che lo ritraeva morto su una spiaggia ha fatto rabbrividire tutto il mondo, più di 340 bambini sono morti nella zona orientale del Mediterraneo. Circa due bambini affogano ogni giorno, e il mondo si indigna ma non fa niente, o fa ben poco, per metterli in salvo.

L’ira che tutto questo può suscitarci deve portarci a un impegno ben maggiore, quantomeno ad accettare la responsabilità di modificare i nostri atteggiamenti specifici. Dobbiamo mostrare un atteggiamento di fedeltà, dedizione e costanza per migliorare la vita di tutti e di ciascuno, ovunque si trovino.

Dobbiamo restituire la speranza agli esclusi, a quanti camminano privati della dignità, con un impegno che sia testimonianza della nostra coerenza civica. Le persone adulte, dal canto loro, sono quelle che partendo dai propri errori possono offrire insegnamenti indimenticabili al resto della società.

Scegliere l’unione

Ma attenzione a non lasciarci accecare dall’indignazione e a non permettere che altri si approfittino di noi in modo falso. Molti dei partiti populisti che hanno appena preso il potere cercano prede facili. Vogliono conquistarci solo per ottenere i nostri voti. In genere dicono quello che vogliamo sentirci dire.

A questi populisti interessati importa solo dividerci, farci scontrare. Il loro obiettivo è ben chiaro: separano e buttano sul tavolo sempre le stesse argomentazioni – ricchi contro poveri, gente semplice (o umile) contro la classe (la casta). Sono i nuovi monarchi della politica.

Abbondano in qualsiasi Paese. In genere indicano come nemici, in base alla situazione e al momento, il gruppetto degli oligarchi, i mercati finanziari o lo Stato stesso, di cui vogliono approfittare dichiarandosi difensori di nessuno, visto che usano assurde manipolazioni e avanzano proposte difficili da mantenere.

Alla base di tutte queste politiche di “non verità” c’è una concezione costante di gioco perverso della violenza, attaccando con il linguaggio della protesta la causa democratica. Rappresentano davvero la contrarietà, il pensiero retrogrado e oppressivo, segno del fatto che non amano il proprio popolo e non fanno altro che chiacchierare, anziché impegnarsi con le mani tese per aprirsi al mondo.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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