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Ti senti insicuro? Sii più docile

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© Christian Scheja / Flickr / CC

padre Carlos Padilla - pubblicato il 18/04/16

Terrorismo, insicurezza politica, crisi economica, corruzione, disillusione... In chi si può credere e confidare oggi?

So che le pecore si consegnano docilmente alla volontà del pastore. Lo seguono, e cercano con lui i pascoli migliori. La docilità delle pecore mi sorprende sempre, e mi dà addirittura fastidio.

Quando Gesù mi paragona a una pecora non mi sento sempre a mio agio. Non mi piace essere troppo docile. Non mi appassiona neanche quel Gesù che è l’agnello mansueto condotto al macello. Mi sconcerta.

A volte mi attira di più il Gesù che predica dalla montagna. Quello che compie miracoli. Quello che ha sempre parole di vita eterna. Quello che riesce a mettere a tacere con le sue risposte chi cerca la sua perdizione.

A volte mi attirano di più le sue vittorie e le sue decisioni salde che la docilità dell’agnello. Mi sembra perfino una mancanza di personalità. Un segno di debolezza. Come se Gesù non sapesse chiaramente cosa vuole.

Per questo mi costa anche sentire che sono una pecora docile condotta da Gesù. È come se non sapessi fare le cose senza dover obbedire a un altro. Quanto costa obbedire! Credo che la docilità si scontri con l’orgoglio.

Dovrei mettere da parte l’orgoglio e i miei progetti personali per essere docile e seguire il cammino che un altro mi indica. Accettare la vita com’è senza pretendere di cambiarla. Che sia un altro a decidere e non io. Accettare il pascolo del posto in cui mi trovo, senza anelare a pascoli migliori.

“Docilità” è una parola sacra. È un cammino. Una forma di vita. Oggi Gesù me lo ricorda: “Le mie pecore ascoltano la mia voce”. Ascoltare e fidarmi del Buon Pastore, fidarmi di quell’amore immenso di Gesù, del suo abbraccio, della sua pace. Mi promette prati verdi se mi fido. E mi invita a riposare in Lui.

Nell’uomo oggi ci sono tante insicurezze. La paura del terrorismo, l’insicurezza politica, la crisi economica, lo scontento di fronte alla corruzione, la disillusione, l’amarezza. In chi si può credere e confidare?

Dio mi conduce per valli oscure. Non temo nulla. A volte me ne dimentico. Egli mi sostiene. Vorrei essere più docile ai suoi desideri.

Diceva padre Josef Kentenich: “Dobbiamo metterci docilmente a sua disposizione. Anche se non sappiamo cosa possa fare con noi, sappiamo che ciò che farà sarà per il nostro bene”.

Se sono docile potrò riposare in Lui senza ribellarmi continuamente a quello che non controllo. Egli sa meglio di me ciò che mi rende felice. Può colmare il mio cuore se glielo permetto. E io posso cercare in Lui le mie sicurezze anziché vagare per la vita cercando di legarla a cose effimere, caduche, che passano.

Una persona mi diceva giorni fa che il motivo della sua infedeltà è stato il voler cercare al di fuori di ciò che aveva la novità, la freschezza. Forse nella routine non si sentiva felice. La stabilità che aveva non gli dava la pace desiderata.

E allora ha preso la decisione sbagliata. Pensando che fosse quella giusta. E ha perso tutto. Ha perso la freschezza e la sicurezza. L’avventura e la routine. E si è sentita perduta. La sua storia mi ha colpito. Volendo essere più felici, cerchiamo fuori dalla nostra vita qualcosa di nuovo, qualcosa che ci dia gioia, una novità che ci motivi. E possiamo perderci in menzogne e oscurità.

Oggi Gesù mi chiede di essere più docile. Di imparare ad amare la vita che ho. Di non impegnarmi a voler stare dove non sono. E mi dice di essere docile, di essere umile, di tacere di più, di non essere precipitoso.

Ma so che per essere docile devo ascoltare con pazienza, nel silenzio della mia anima, la voce di Dio. Dove mi parla oggi? Cosa mi chiede?

La sua voce mi commuove quando la riconosco. Le pecore conoscono la voce del pastore e lo seguono. Lo dice Gesù: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”.

Le pecore lo seguono perché lo conoscono. Perché si fidano di quello che conoscono. Non cercano la novità di altri pastori, di voci sconosciute, nuove, fresche. Seguono Colui che le ama. Così è Gesù con me. Ma io non distinguo la sua voce.

Diceva papa Francesco: “Sappiamo che nei piedi si può vedere come va tutto il nostro corpo. Nel modo di seguire il Signore si manifesta come va il nostro cuore. Le piaghe dei piedi, le slogature e la stanchezza, sono segno di come lo abbiamo seguito, di quali strade abbiamo fatto”.

Le pecore hanno conosciuto la voce del pastore e sanno di essere amate. Lo hanno seguito. Si sono stancate seguendo la sua voce e le sue orme. Sono state docili. Si sono spese. Sono rimaste ferite seguendo i suoi passi.

Mi piacerebbe essere così. Conoscere Dio sulla base dell’amore. Comprendere che Egli mi ama per come sono. Per questo lo seguo.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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