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Papa Francesco e la bimba in lacrime ai suoi piedi

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 17/04/16

Il Papa, Bartolomeo e Ieronymos incontrano i rifugiati nel campo di Mòria

È arrivato a bordo di un pulmino bianco, insieme al Patriarca Bartolomeo e all’arcivescovo Ieronymos: Papa Francesco ha visitato il campo profughi di Mòria a Lesbo, uno dei cinque hotspot europei nelle isole greche dove sono ammassate 2500 persone.Francesco ha stretto la mano a 150 ragazzi sistemati lungo una transenna. Molti di loro hanno perso i genitori e sono soli al mondo. Nei loro volti arsi dal sole si legge il dolore. Sono i protagonisti di quella che il Papa ha definito «la più grande catastrofe umanitaria dopo la Seconda Guerra mondiale». Francesco, accompagnato dai «fratelli» Bartolomeo e Ieronymos, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli e l’arcivescovo ortodosso di Atene, ha accarezzato i volti dei più piccoli ha salutato madri di famiglia.

Ha preso in braccio un neonato, dopo che lo stesso aveva fatto Bartolomeo.Qualche volta il Papa si abbassava, quasi scomparendo dalla visuale delle telecamere, per toccare le mani tese da bambini che s’intrufolavano alla base delle transenne.

«Abbiamo viaggiato fin qui per guardar nei vostri occhi, sentire le vostre voci e tenere le vostre mani nelle nostre. Abbiamo viaggiato fin qui per dirvi che ci preoccupiamo di voi. Abbiamo viaggiato fin qui perché il mondo non vi ha dimenticato».

«Abbiamo pianto mentre vedevamo il Mediterraneo diventare una tomba per i vostri cari. Abbiamo pianto vedendo la simpatia e la sensibilità del popolo di Lesbo e delle altre isole. Ma abbiamo pianto anche quando abbiamo visto la durezza dei cuori dei nostri fratelli e sorelle – i vostri fratelli e sorelle – chiudere le frontiere e voltare le spalle». Il mondo, ha concluso «sarà giudicato dal modo in cui vi ha trattato. E saremo tutti responsabili per il modo in cui rispondiamo alla crisi e al conflitto nelle vostre regioni di origine».

Infine c’è il saluto di Francesco. «Oggi ho voluto stare con voi. Voglio dirvi che non siete soli. Sono venuto qui insieme ai miei fratelli Bartolomeo e Ieronymos semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità».

«Dio ha creato il genere umano – ha detto ancora Francesco – perché formi una sola famiglia; quando qualche nostro fratello o sorella soffre, tutti noi ne siamo toccati. Tutti sappiamo per esperienza quanto è facile per alcune persone ignorare le sofferenze degli altri e persino sfruttarne la vulnerabilità. Ma sappiamo anche che queste crisi possono far emergere il meglio di noi. Lo avete visto in voi stessi e nel popolo greco, che ha generosamente risposto ai vostri bisogni pur in mezzo alle sue stesse difficoltà».

«Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi – ha concluso il Papa – non perdete la speranza! Il più grande dono che possiamo offrirci a vicenda è l’amore». Francesco, Bartolomeo e Ieronymos hanno firmato una dichiarazione comune, contenente un forte appello alla comunità internazionale.

«Ci siamo incontrati sull’isola greca di Lesbo – scrivono i tre leader religiosi – per manifestare la nostra profonda preoccupazione per la tragica situazione dei numerosi rifugiati, migranti e individui in cerca di asilo, che sono giunti in Europa fuggendo da situazioni di conflitto e, in molti casi, da minacce quotidiane alla loro sopravvivenza».

«L’opinione mondiale non può ignorare la colossale crisi umanitaria – affermano Francesco, Bartolomeo e Ieronymos – che ha avuto origine a causa della diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case, in violazione della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo».

«La tragedia della migrazione e del dislocamento forzati – si legge ancora nella dichiarazione congiunta – si ripercuote su milioni di persone ed è fondamentalmente una crisi di umanità, che richiede una risposta di solidarietà, compassione, generosità e un immediato ed effettivo impegno di risorse. Da Lesbo facciamo appello alla comunità internazionale perché risponda con coraggio, affrontando questa enorme crisi umanitaria e le cause ad essa soggiacenti, mediante iniziative diplomatiche, politiche e caritative e attraverso sforzi congiunti, sia in Medio Oriente sia in Europa».

I tre leader riconoscono «gli sforzi già compiuti per fornire aiuto e assistenza ai rifugiati, ai migranti e a quanti cercano asilo» e si appellano «a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza».

«Sono urgentemente necessari – scrivono Francesco, Bartolomeo e Ieronymos – un più ampio consenso internazionale e un programma di assistenza per affermare lo stato di diritto, difendere i diritti umani fondamentali in questa situazione divenuta insostenibile, proteggere le minoranze, combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani, eliminare le rotte di viaggio pericolose che attraversano l’Egeo e tutto il Mediterraneo, e provvedere procedure sicure di reinsediamento. In questo modo si potrà essere in grado di assistere quei Paesi direttamente impegnati nell’andare incontro alle necessità di così tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono. In particolare, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo greco che, nonostante le proprie difficoltà economiche, ha risposto con generosità a questa crisi».

Nella dichiarazione si implora «solennemente la fine della guerra e della violenza in Medio Oriente, una pace giusta e duratura e un ritorno onorevole per coloro che sono stati costretti ad abbandonare le loro case». Si chiede alle comunità religiose di «aumentare gli sforzi per accogliere, assistere e proteggere i rifugiati di tutte le fedi», e si esortano «tutti i Paesi, finché perdura la situazione di precarietà, a estendere l’asilo temporaneo, a concedere lo status di rifugiato a quanti ne sono idonei, ad ampliare gli sforzi per portare soccorso e ad adoperarsi insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà per una fine sollecita dei conflitti in corso».

«L’Europa oggi si trova di fronte a una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per affrontare questa grave sfida – scrivono i tre leader cristiani – facciamo appello a tutti i discepoli di Cristo», riecheggiando le parole di Gesù: avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere. «Decidiamo con fermezza e in modo accorato di intensificare i nostri sforzi per promuovere la piena unità di tutti i cristiani».

Significativo il finale, nel quale si riafferma «con convinzione che riconciliazione per i cristiani significa promuovere la giustizia sociale all’interno di un popolo e tra tutti i popoli. Vogliamo contribuire insieme affinché venga concessa un’accoglienza umana e dignitosa a donne e uomini migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa».

«Esortiamo la comunità internazionale – è l’appello finale – a fare della protezione delle vite umane una priorità e a sostenere, ad ogni livello, politiche inclusive che si estendano a tutte le comunità religiose. La terribile situazione di tutti coloro che sono colpiti dall’attuale crisi umanitaria, compresi tantissimi nostri fratelli e sorelle cristiani, richiede la nostra costante preghiera».

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