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“Ho giurato di dare la vita al Papa”

Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 15/04/16

Davide è una Guardia Svizzera. Così racconta la vita nell'esercito più piccolo del mondo. Ai Musei Vaticani anche una mostra fotografica

Divisa giallo-blu dal sapore rinascimentale, basco e sorriso. Davide viene dal Canton Ticino, ha 23 anni e da tre presta servizio come Guardia Svizzera in Vaticano. Attraverso i suoi occhi e le sue parole ci immergiamo nella vita e nelle giornate di questi 110 ragazzi e uomini – l’esercito più piccolo del mondo. L’occasione è la presenza, ai Musei Vaticani, della mostra fotografica “The life of a Swiss Guard”, in cui il fotografo Fabio Mantegna racconta in 86 scatti una storia nobile e antica, ma anche la bella giovinezza di un gruppo di ragazzi al servizio del Papa, orgogliosi e onorati del ruolo che rappresentano e del servizio al quale sono chiamati. “Ho deciso di venire perché cercavo una esperienza militare.In più, mi ha aiutato nella mia la scelta il fatto di avere un posto nella comunità ecclesiale, di difendere la Chiesa di Roma e una grande persona come Papa Francesco”. Davide è capo-posto, il gradino più alto tra gli alabardieri, e ha uno o due guardie sotto di lui da istruire nel loro servizio.

Quando è arrivato a Roma, Davide ha cominciato il suo servizio come sentinella all’Arco delle Campane o al Portone di Bronzo, posti in cui l’afflusso di persone è minore e in cui i turni sono più brevi (una o due ore). Mano a mano che si acquisisce esperienza si presta servizio anche al Palazzo Apostolico e agli ingressi con un grande afflusso di persone, come quello di Porta Sant’Anna. Si comincia anche a fare i turni di notte. Le Guardie prestano servizio 24 ore su 24: “A volte dobbiamo alzarci alle 4.30 per essere in servizio alle 6 del mattino. Il turno di notte comincia a mezzanotte e termina alle 6”. Il servizio può comportare “tante ore in piedi, anche di nove ore di fila”, probabilmente la parte del lavoro più difficile. “Questo comporta un certo livello di fatica interiore”. Una sfida per cui serve disciplina, una virtù che viene consolidata dalla vita militare: “Siamo un esercito, bisogna avere disciplina, attenersi alle regole, agli ordini degli ufficiali”.

E mai dimenticare il giuramento, il cuore pulsante da cui si dipana e a cui ritorna tutto l’impegno e il servizio di una Guardia Svizzera. “Prestiamo il giuramento al Santo Padre, di dare la vita al Santo Padre. Dare la vita non vuol dire solo mettersi davanti per proteggerlo, ma dare la vita e il tempo. Il nostro servizio prevede molte ore di lavoro, anche questo vuol dire ‘dare la vita’ al Papa. Poi prestiamo giuramento agli ufficiali e questo vuol dire avere una disciplina. Un ordine di un ufficiale è regola”. Ogni anno, il 6 maggio, anniversario del sacco di Roma del 1527, ogni guardia presta il suo giuramento. “Questo è molto profondo perché posso rinnovare, riconfermare ogni anno di prestare il mio servizio presso la comunità cristiana, il santo padre, gli ufficiali e l’intero corpo della guardia”.

Nella vita quotidiana di una Guardia Svizzera si intrecciano fede e servizio, obbedienza e lavoro, allenamenti e “palestra” spirituale. “Abitiamo in una caserma, che vuol dire vedere 110 persone tutti i giorni. Tra noi, ormai, non siamo più colleghi ma camerati: ognuno si può sostenere con un altro”. All’interno della caserma c’è una sala fitness, una palestra, c’è anche l’FC Guardia, la squadra di calcio degli Svizzeri, che prende parte a un torneo interno al Vaticano. Si può fare anche attività di volontariato, alcuni di questi giovani vanno a servire alla mensa dei poveri alla stazione Termini. “In questi anni ho acquisito molte competenze professionali e ho vissuto eventi importanti, da ultimo il Giubileo della Misericordia, e in me è cresciuto sia il livello professionale che quello spirituale e umano”. Ciò è stato possibile “stando vicino al Santo Padre, assistendo a grandi celebrazioni”, ma anche nel contatto quotidiano con i turisti: “Arrivano persone da tutto il mondo, credenti e non, questo fa maturare”. Del resto quando il turista arriva in Vaticano “il primo impatto siamo noi guardie, siamo il biglietto da visita del Santo Padre”.

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