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13 consigli per essere apostoli in un ambiente difficile

complicado

Catholic Link - pubblicato il 15/04/16

di Sebastian Campos

Dedico una parte non trascurabile del mio tempo a visitare comunità, gruppi, movimenti e parrocchie. In genere è per pronunciarequalche discorso su un tema collegato alla vita giovanile e all’esperienza cristiana, ma non gioco sempre “in casa”.

Un numero non inferiore delle mie esperienze consiste nel pronunciare conferenze in università, istituti e altre organizzazioni con giovani e adulti non cattolici, a volte neanche cristiani. Stanno seduti lì solo perché sono stati costretti a venire e perché l’organizzatore dell’attività nutre la speranza che quel discorso tocchi il loro cuore. Non è quasi mai facile e non è quasi mai comodo, ma succede sempre qualcosa e Dio è sempre lì che agisce.

È di questo che vorrei parlare. Sicuramente dovete affrontare varie volte all’anno un pubblico che non è interessato ai temi “Dio”, “fede”, “religione”, “catechesi”, “valori” o qualsiasi altra cosa che a voi interessa e che è il motivo per il quale state lì pronti a entusiasmare e a motivare a un’esperienza di fede o ad approfondire qualche esperienza cristiana.

Vorrei offrirvi qualche idea (non solo per uscire senza che vi siano state tirate addosso le uova) perché quello che volete trasmettere sia ben accolto dalle persone a cui vi rivolgete e perché sia Dio ad arrivare ai cuori, più che il vostro messaggio. Queste idee non sono leggi, né metodi infallibili; sono solo alcune strategie e principi che ho scoperto nella misura in cui le cose non sono andate bene e ho dovuto ripensare a tutta la questione, non per comunicare bene, ma perché Dio non restasse a metà strada e fosse Lui a parlare attraverso di me. Non si applicano solo ai momenti in cui dovete pronunciare degli interventi, ma anche a quelli in cui dovete parlare di qualche tema vicino alla vostra fede, nella vostra classe universitaria, al lavoro, con un gruppo di amici, con la vostra famiglia…

“La pastorale giovanile, così come eravamo abituati a svilupparla, ha sofferto l’urto dei cambiamenti sociali. I giovani, nelle strutture abituali, spesso non trovano risposte alle loro inquietudini, necessità, problematiche e ferite” (Evangelii Gaudium 105).

1. Non disperate

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Iniziare a sudare, parlare più rapidamente e con voce più alta e perfino esasperarsi è una reazione naturale. Non disperate e non entrate nel panico. Non fate capire a nessuno che state soffrendo cercando di fare qualcosa che non dovrebbe essere scomodo (anche se lo è). Ricordate chi vi ha messo lì, qual è la vostra motivazione. Non si tratta di dire tutto e andare via correndo, ma di trasmettere un messaggio che vivete. Significa comunicare qualcosa di realmente importante che può cambiare la vita delle persone.


2. Con un pubblico numeroso: siate vicino

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È difficile riuscire a far sì che un gran numero di persone sia completamente attento a quello che state cercando di condividere e comunicare. Evitate di iniziare dalle informazioni nude e crude, come date, dati statistici, citazioni testuali ecc., perché tutto questo fa sì che la gente si distragga. Quando il pubblico è numeroso è più facile arrivare al cuore che alla testa. Iniziate da lì. Interpretate le cose più che con contenuti concreti con esperienze e idee che abbiano senso per chi vi ascolta. Fatelo emozionare come siete emozionati voi.

3. Con un pubblico ristretto: rivolgetevi alle persone come vi rivolgereste a un amico

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Non aspettatevi che le persone si commuovano fino alle lacrime quando raccontate loro una storia, o che ridano in modo sfrenato. I pubblici ristretti sono una buona occasione per essere concreti, perché è più facile riuscire a mantenere la loro attenzione, guardare le persone negli occhi e chiamarle per nome, come si fa con gli amici. I pubblici ristretti vanno bene per offrire numeri, date, liste di cose, dati storici e qualsiasi tipo di contenuto teorico sia più vicino al messaggio, il tutto accompagnato dalla vostra esperienza personale.


4. Trasmettete un’esperienza, non offrite un’informazione

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“L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, – dicevamo lo scorso anno a un gruppo di laici – o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (Evangelii nuntiandi, n. 41).

Per questo, prendendo le parole di papa Paolo VI, anche se il messaggio che condividete ha contenuti e dottrina, l’elemento che manterrà attento il vostro pubblico è la vostra testimonianza di vita e il vostro essere cristiano nella vita reale più che sui libri. Ma non dimenticate che il contenuto è fondamentale. Non restate attaccati agli aneddoti, perché servono anche una struttura e una base solida.


5. Andate al punto!

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“Quello che succede è che quello che voglio dirti te lo vorrei dire ma non sono sicuro di potertelo dire perché dicendolo la verità è che non te lo sto dicendo…” Non fate giri di parole. Se quello che dovete condividere è breve, allora siate brevi. Non è necessario dilungarsi più di quanto serve, senza essere concreti. Di tanto in tanto date un’occhiata ai tweet di papa Francesco, che in meno di 140 caratteri ci offre messaggi straordinari.


6. L’umorismo è un ottimo ingrediente

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Non dovete preparare una routine di “stand up comedy” né avere una lista di scherzi scritti da tirar fuori quando vedete che tutti si distraggono.

È un dato di fatto che alcuni santi avevano una notevole vena umoristica, che hanno saputo utilizzare anche per trasmettere il proprio carisma. È il caso, ad esempio, di San Giovanni Bosco, che doveva perfino fare il mago e l’equilibrista, o di Santa Teresa d’Avila, che aveva un grande senso dell’umorismo ma che nei momenti difficili e di grande prova ha detto a Dio nella preghiera: “Se è questo il modo in cui tratti i tuoi amici, non c’è da stupirsi che tu ne abbia così pochi!” Dovete essere voi stessi, spontanei, allegri e naturali – ovviamente facendo attenzione alla solennità se l’occasione lo richiede. Usate l’umorismo a vostro favore, fate ridere il vostro pubblico, ridete con lui ma non ridete mai di lui.

7. I santi sono un esempio eccellente. Conosceteli e fateli conoscere

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Conoscere le storie dei santi è importante, non solo perché ispirano la nostra vita e sono un modello a livello di sequela di Cristo, ma anche perché rappresentano una fonte inesauribile di aneddoti, storie di intrattenimento e testimonianze della fragilità umana ma anche di lotta e santità, e vi aiuteranno sicuramente a esemplificare qualsiasi cosa vogliate comunicare.

Ogni volta che potete, studiate la vita di qualche santo. Vi aiuterà non solo a tirar fuori una buona storia quando serve, ma anche a far sì che sia la Chiesa stessa a unirsi a voi per parlare di Dio.


8. Preparatevi non solo a livello teorico

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Studiare e prepararvi va benissimo, e sarebbe irresponsabile se non lo faceste. Dominare ciò che state condividendo è fondamentale quando il pubblico nicchia. È anche importante preparare del buon materiale, siano diapositive o un testo che desiderate consegnare a tutti i presenti. Avere un buon supporto da condividere facilita sempre le cose. La cosa più importante, però, è che preghiate per quelle persone, per voi per la vostra conversione, per essere apostoli migliori. Non vuol dire che se le cose non vanno come speravate avete pregato male o poco. Dio non si vendica. La preghiera parte dal nostro apostolato, ed è attraverso la preghiera che incontriamo Dio per poterlo trasmettere.


9. Non fermatevi agli stereotipi, conoscete il vostro pubblico

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Non giudicate chi avete di fronte e non fermatevi alle apparenze. Spesso ci lasciamo influenzare dagli stereotipi, soprattutto nei confronti dei giovani e degli anziani. Non generalizzate; ciascuno è un essere unico, e quindi dategli l’opportunità di sorprendervi. La sfida è essere costantemente aggiornati per sapere cosa fa nel suo tempo libero, cosa vede in televisione e su Internet, come spende il suo denaro e le sue energie. Allo stesso tempo, pensate a come siete voi quando fate parte di un pubblico. Io mi sono scoperto seduto ad ascoltare i migliori interventi della mia vita ma mentre ero buttato sulla sedia, con le braccia incrociate, guardando il soffitto, molto serio e apparentemente distratto, ma il mio cuore era completamente lì. Considerate la possibilità che chi sembra tanto apatico seduto lì davanti a voi sia invece toccato non solo dal vostro messaggio ma da Dio, anche se non trapela dal suo volto.


10. Ricordatevi che non è una dissertazione, è la vostra vita!

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Anche se vi trovate in un’aula scolastica o in una riunione di catechesi, la questione di fondo è che state parlando di qualcosa che vi scuote nel profondo. Questo non deve smettere mai di accadervi. Avere l’opportunità di poter insegnare, formare e accompagnare altri nella fede è un dono, e in quanto apostoli dovreste vibrare di passione per il fatto di essere lì. Visto che state condividendo qualcosa che dà senso alla vostra vita, pensate di farlo con passione, di dare tutto, anche se è una riunione per tre o quattro persone.

“Questa passione non mancherà di suscitare nella Chiesa una nuova missionarietà, che non potrà essere demandata ad una porzione di ‘specialisti’, ma dovrà coinvolgere la responsabilità di tutti i membri del Popolo di Dio. Chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo. Occorre un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani” (Novo millennio ineunte, n. 40).

11. Evitate il linguaggio complicato

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Ci sono occasioni in cui il linguaggio può creare una barriera di comunicazione, prestandosi a scherno, cattive interpretazioni o a far sì che gli altri non capiscano nulla di quello che volete dire. Immaginate di trovarvi in un’attività di evangelizzazione e che una delle vostre diapositive inviti i presenti ad essere apostoli e diciate: “Siate pescatori di uomini”. Noi che siamo sulla stessa barca vi capiamo, ma sicuramente qualcuno interpreterà male questa frase. Ci sono concetti teologici e filosofici con cui la maggior parte della gente non ha familiarità. Un evangelizzatore è un traduttore che spiega gli insegnamenti della Chiesa in un linguaggio accessibile a tutti.


12. A volte bisogna semplicemente tacere

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Anche se è accaduto poche volte, mi è capitato che le persone di fronte a me fossero non solo apatiche o distratte, ma anche aggressive, polemiche e perfino violente nel modo di esprimersi. Non auguro a nessuno di trovarsi in una situazione del genere, perché mette molto a disagio. Dobbiamo imparare che ci sono occasioni in cui è meglio rimanere in silenzio. Non è cedere, ma discernere che ci sono occasioni in cui non vale la pena di mettersi a discutere perché non ha senso. Nella mia esperienza, quando qualcuno desidera attaccare la fede, la Chiesa e Dio, è questo quello che vuole: attaccare, e qualsiasi cosa diciamo non cambierà opinione. L’unica cosa che otterremo è che radicalizzi ancor di più il suo atteggiamento e noi il nostro, rimanendo sempre più distanti l’uno dall’altro. Questa discussione serve a qualcosa?


13. Scrivi qui il tuo consiglio…

L’idea è lasciare questo spazio vuoto perché possiate aggiungere un altro punto che credete manchi in questa galleria, potendo aiutare così altri in base alla vostra esperienza.

Coraggio! Continuate a perseverare, cercate nuove strategie e non arrendetevi! Anche se chi avete di fronte sembra non essere interessato a quello che state condividendo.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

Tags:
apostolato
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