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Il martirio della Chiesa sotto il comunismo

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 14/04/16
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Intervista al professor Jan Mikrut, sacerdote e storico che ha coordinato uno dei più ampi studi mai condotti sulla storia della Chiesa nel ‘900Sono passati più di 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, un tempo lungo, una generazione intera è nata e cresciuta senza capire cosa significasse il totalitarismo comunista nel proprio paese. Si ascoltano i racconti di genitori e nonni, ma tutto appare come lontano. La memoria depurata dal sentimento fine a sé stesso, nel lavoro dello storico, aiuta a comprendere, a ricostruire biografie e scelte, ma anche le linee guida della nostra contemporaneità e perché no, del futuro…
Raggiungiamo telefonicamente il professor Jan Mikrut, storico presso la Pontificia Università Gregoriana, coordinatore del lavoro di dozzine di studiosi che hanno portato a compimento una opera storiografica di grande interesse sul rapporto tra la Chiesa e il Comunismo in Europa orientale e in Unione Sovietica. Un’opera monumentale, la cui genesi ci viene illustrata dallo stesso Mikrut, che racconta di come sia nato questo progetto dal titolo: “La Chiesa Cattolica e il comunismo in Europa centro-orientale e in Unione Sovietica(Gabrielli Editore)
Professor Jan Mikrut: Eravamo con un altro professore in Romania per una giornata di studi sul comunismo e dopo questa giornata nacque una riflessione sull’assenza di un’opera sulla storia del rapporto tra Chiesa e comunismo nell’Europa centro-orientale come per esempio in lingua italiana. L’idea iniziale era di scrivere un solo volume, poi la complessità del tema e il numero dei contributi in continua crescita, ci ha indotto a dividere prima in due e infine in tre parti la nostra opera di approfondimento e divulgazione. In questo primo volume si tratta solo dei territori dei nuovi Stati nati dopo il crollo dell’Unione Sovietica, senza l’attuale territorio della Russia, che invece occuperà l’intero terzo volume (in uscita prima della prossima Pasqua nel 2017, NdA). Il secondo volume – in programma per ottobre – ha come scopo quello di presentare le storie delle vittime, ma soprattutto il destino degli eroi della fede cattolica in quei paesi, con un’importante prefazione del Cardinal Schönborn.
Noi consideriamo questo primo volume come un “manuale di storia della Chiesa nell’Europa centro-orientale”. Lo studente che si trovasse in mano questo libro avrebbe a disposizione un’ampia documentazione di molteplici autori e una bibliografia vasta e internazionale.

La persecuzione della Chiesa cattolica nell’Est Europa e nell’Unione Sovietica è stata una lotta contro la religione o contro un “potere alternativo” a quello del Regime?
Mikrut: Karl Marx (1818 – 1883) diceva che la religione cristiana è l’oppio dei popoli. Con la rivoluzione dei bolscevichi questa visione della società si diffuse notevolmente. Da questa teoria si intuisce che la fede viene vista come un pericolo dai marxisti. Il leninismo percepiva il pericolo della religione come tradizione valoriale alternativa al comunismo. Per questo fin da subito sono messi sotto attacco vescovi, monaci e sacerdoti. Cattolici e ortodossi hanno subito un’enorme pressione e hanno risposto spesso in maniera encomiabile. Gli ortodossi, in particolare, hanno subito anche l’accanimento nei confronti delle mogli e dei figli dei sacerdoti, minacciati affinché si piegassero.

Dal vostro lavoro emergono differenze nel trattamento della Chiesa nei vari paesi sottoposti al Regime comunista?
Mikrut: Nel 1945, quando i Sovietici presero il potere nei paesi dell’Europa orientale, capirono immediatamente che l’organizzazione della Chiesa cattolica era forte e capillare. Comprendeva ospedali, giornali, scuole: sistematicamente si smantellarono e si avocarono allo Stato questi beni e queste attività, per minare le fondamenta della Chiesa.
In alcuni paesi, come in Albania e nella Repubblica Ceca, ci fu un particolare accanimento contro la Chiesa. La Repubblica Ceca in particolare, aveva già vissuto annose vicende, come quella di Jan Hus, per i Cechi un eroe nazionale e positivo, e la guerra dei Trent’anni, iniziata a Praga (1618), dove gli elementi politici e religiosi si mescolano fortemente. Era qui già presente un sentimento anticattolico a differenza della Slovacchia, che prima del 1918 faceva parte del Regno d’Ungheria.
In Slovacchia, tra il 1939 e il 1945 il Presidente, Jozef Tiso, era addirittura un sacerdote e il suo Partito Popolare era molto forte e diffuso soprattutto nelle piccole città e nelle aree rurali. La reazione dei comunisti fu particolarmente virulenta quando presero il potere dopo la seconda guerra mondiale .

La Germania Est vide una crescita della presenza cattolica a causa dell’arrivo di molti profughi, sebbene il paese fosse a maggioranza luterana.
Il ben collaudato modello sovietico viene introdotto in tutti i paesi e poi adattato alle diverse realtà locali.

In Polonia si cercò di distruggere la solidarietà interna, ma una popolazione numerosa, 40 milioni, e unitaria per lingua e tradizione religiosa, permise alla Chiesa polacca di sopravvivere, con successo, rispetto a paesi con piccole minoranze di cattolici e pluralismo. Tra il 1772 e il 1795 la Polonia aveva perso l’indipendenza ed era stata divisa tra Russia, Prussia e Austria: le conseguenti invasioni crearono un sentimento nazionale che identificava l’altro, ortodosso, come russo invasore, generando così una forte identità cattolica del popolo polacco.

Tanta Chiesa ortodossa, anzi quasi tutta, subì il regime sovietico. L’oppressione comunista attaccò in modo diverso Cattolici e ortodossi? Papa Francesco richiama spesso il tema dell’ “ecumenismo del sangue”, della testimonianza: le chiese di allora tentarono una collaborazione?
Mikrut: In alcuni paesi a maggioranza ortodossa, come per esempio la Romania, dove c’era una comunità greco-cattolica, i rapporti tra le gerarchie furono sporadici, ma tra il clero parrocchiale i rapporti di aiuto reciproco furono più diffusi.
Tuttavia non bisogna dimenticare l’azione sistematica di rimozione dell’esperienza legata alla Chiesa greco-cattolica, letteralmente epurata e annessa alla Chiesa Ortodossa in paesi come la Slovacchia e altrove.

Il comunismo da un lato e dall’altro della “Cortina di Ferro” hanno significati molto diversi per gli europei: ad Est ha significato quasi esclusivamente la privazione della libertà, nell’Ovest il ruolo è più ambiguo a causa del ruolo positivo contro il nazifascismo e – in Italia – la lunga dialettica democratica. Che cosa comporta nella valutazione “pubblica” di questo nodo fondamentale della storia contemporanea?
Mikrut: Il comunismo in Italia e Francia non aveva un carattere spiccatamente antireligioso perché i comunisti non avevano il potere politico. In secondo luogo in Occidente non si conoscevano a fondo gli sviluppi delle persecuzioni messe in atto in Europa orientale. Nel 1956 non a caso si verificò un momento di riflessione traumatico nei comunisti italiani dopo i fatti di Budapest.
C’è’ diversa sensibilità per gli studiosi italiani e francesi – rispetto a quelli dell’Europa centro-orientale – nel parlare del comunismo: questi ultimi hanno un’esperienza e una memoria viva, con una valutazione diversa della storia e un conseguente peso anche nella scrittura storiografica.
Ora sono passati 25 anni dalla fine del comunismo in Europa, è un buon tempo, sufficiente per una prima valutazione serena.

Nelle società ex-sovietiche che ruolo svolge oggi la Chiesa, al comunismo si è sostituito il consumismo: chi è il più pericoloso per la fede?
Mikrut: Nella prima tappa (1989-90) c’era una grande euforia, finalmente i cattolici si potevano incontrare e si celebrava liberamente. Poi il Papa Giovanni Paolo II, come slavo, comprese bene le condizioni delle Chiese in Europa orientale, aiutandole concretamente. Le persecuzioni della Chiesa possono mostrare come non la quantità di credenti ma la qualità della fede fece la differenza durante le persecuzioni.
Dopo il 1990 la Chiesa, oltre l’entusiasmo, ha dovuto fare i conti con i giovani, affascinati dal materialismo e dai mass media. Naturalmente tutto questo ha causato una certa crisi negli anni.
Cambiò pure la Ost Politik della Chiesa durante il pontificato di Wojtyła: nel 1979 la visita del Papa in Polonia diede slancio a Solidarność. L’importante visione dell’Europa a “due polmoni”, con la mano tesa verso l’ortodossia, fu anche un momento di differenziazione.

 

QUI UNA SCHEDA SUL LIBRO

 

Il volume verrà presentato a Roma, presso la Gregoriana giovedì 21 Aprile.