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Tutti i sacramenti portano all’Eucaristia

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Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 13/04/16

Il sacerdote e teologo Nicola Bux riflette sul fondamento misterico e salvifico dei sacramenti

Mercoledì scorso, 6 aprile, si è tenuta a Roma la presentazione del libro “Con i sacramenti non si scherza” di Nicola Bux (Cantagalli Editore). Nel testo l’autore presenta e approfondisce i sette sacramenti: quelli dell’iniziazione cristiana (battesimo, confermazione, eucaristia), della guarigione (riconciliazione, unzione degli infermi), del servizio della comunione (matrimonio e ordine), e l’area estesa dei sacramentali.

Secondo il teologo, “la svolta antropocentrica” nel culto ha generato “molta presenza dell’uomo, ma poca presenza di Dio”, invece – come ha scritto Papa Benedetto XVI – nella liturgia “non si tratta di noi, ma di Dio” e “la dimenticanza di Dio è il pericolo più imminente del nostro tempo”.

Nella sua introduzione l’autore afferma che oggi il problema principale che la Chiesa deve affrontare relativamente all’essenza della liturgia si può sintetizzare con questo interrogativo: la liturgia è «opera di Dio, in cui egli ha competenza esclusiva e ha i suoi diritti, oppure intrattenimento umano dove far ciò che si vuole?». Risponde Bux che di fronte alle «derive e gli sbandamenti dovuti alla bramosia di innovazione, si evidenzia che la miglior novità è sempre la tradizione, opportunamente valorizzata e vissuta». Secondo il teologo la liturgia «è sacra, cioè appartiene a Dio ed egli vi è presente e opera».

Il giornalista Vittorio Messori che ha curato la prefazione al testo, afferma che «(…) della fede, i sacramenti sono l’espressione, il frutto, il dono più alto e prezioso» sottolineando l’importanza di incontrare sacerdoti dediti al loro magistero, che amministrino i sacramenti più che svolgere il ruolo di comunicatori più o meno generici in ambito laicale:

«Quanto ai sacramenti in particolare, da laico sarei tentato di lanciare una sorta di monito ai sacerdoti. Attenti! – mi verrebbe da dire – non sappiamo che farcene (ne abbiamo già troppi) di sociologi, sindacalisti, politologi, psicologi, ecologi, sessuologi e, in genere, di tuttologi! Attenti, perché non c’è bisogno di preti, frati, monaci che esercitino i mestieri che dicevo, per giunta spesso da improbabili orecchianti. Non si dimentichi mai che quella che soltanto il consacrato può esercitare, quella dove non ha e non può avere “concorrenza” è la funzione di tramite, di legame, tra l’uomo e Dio. Nell’amministrazione, appunto, dei sacramenti. È il “santificare” il munus che – per ridurci all’essenziale – ne giustifica l’esistenza e la presenza. Ottimo, se ben condotto, l’impegno clericale nel sociale, nella cultura, in ogni campo dell’attività umana. Ottimo ma non indispensabile. (…) solo un uomo cui sono state imposte le mani scandendo sul suo capo le parole alte e terribili «tu es sacerdos in Aeternum», solo un uomo così può assicurarci il perdono di quel Cristo di cui è tramite; e può trasformare, nella fede, il vino e il pane nel sangue e nella carne del Redentore. Lui solo. Nessun altro al mondo».

Spesso anche gli stessi fedeliche ricevono i sacramenti o partecipano alle relative cerimonie, li vivono come semplici riti, ripetizioni vuote e monotone, prive di valore e potere sulla vita dei credenti, senza la presenza di Cristo. Invece:

«Tutti i sacramenti sono conseguenza dell’incarnazione del Verbo in Gesù: se egli non si fosse fatto carne, non ci sarebbe la sua presenza e non sarebbero possibili i suoi atti, le sue azioni (…) Egli è presente con i suoi misteri nei sacramenti e, quando questi si celebrano, si ripropongono gli avvenimenti di Gesù così come sono accaduti e, nel mistero, sono riproposti oggi, qui e ora, per la nostra salvezza. È questo il senso, l’essenza dei sacramenti. Essi sono certamente azioni di Cristo e della Chiesa, ma non sarebbero queste azioni efficaci se Egli non fosse presente».

Ma i sacramenti da dove attingono la loro forza trasformatrice?

«I sacramenti non sono simboli vuoti che rinviano all’invisibile, ma realtà – da res, cosa – visibile dell’invisibile, in quanto essi contengono ciò che significano: contengono la virtus, cioè la potenza efficace che viene dalla persona divino-umana di Gesù Cristo; anzi, il sacramento eucaristico contiene la realtà della persona di Gesù in corpo, sangue, anima e divinità. La potenza viene dalla sua presenza. Eppure, si crede così poco nella loro efficacia, si crede poco nel loro potere di trasformazione! Evidentemente anche per essi vi è oggi un reclamato bisogno di capirli; pertanto, nasce il bisogno di spiegarli di nuovo, a causa delle deformazioni che i sacramenti subiscono per ignoranza da parte, innanzitutto, dei sacerdoti; di conseguenza i fedeli finiscono per non comprenderli».

I sacramenti vanno “spiegati” per coinvolgere e rendere partecipi i fedeli, o vissuti con immediatezza, data la loro natura “misterica”, senza l’uso di troppe parole?

«Capita infatti di assistere a sacramenti trasformati in lunghe didascalie, dove il sacerdote – ad esempio durante la celebrazione di un battesimo – esordisce così: “Adesso vi spiegherò cosa faremo”; oppure “in questo momento prendiamo l’olio; ora diamo la veste candida; questo significa che…”. Tutto ciò è segno della sfiducia nell’efficacia del rito: poiché temiamo che le persone non capiscano, sostituiamo, con le nostre parole, le parole della sacra liturgia, le parole di Cristo, delle formule sacramentali. Dimentichiamo che c’è una dimensione invisibile del mistero – come dice sant’Ambrogio – che penetra nel cuore di sorpresa, cioè senza preparazione, nel senso naturale o mondano della parola. La verità è che non crediamo più all’efficacia dei sacramenti. Ecco perché i sacramenti oggi sono trattati o come istruzioni didascaliche, oppure come riti simbolici, utili solo ad evocare quello che significano, ma senza contenerlo: non hanno efficacia né potenza salvifica. Questo spiega perché la catechesi sia diventata sterile: senza i sacramenti, essa è come una dottrina gnostica, adatta per i sapienti e gli intelligenti. Con i sacramenti tocchiamo Cristo, ascoltiamo Cristo, ci nutriamo di Cristo, gustiamo Cristo (…) I sacramenti vanno ricompresi così, non come un insieme di simboli da decifrare, da spiegare. Quando una persona entra in chiesa dopo tanti anni e si trova dinanzi ad una celebrazione, secondo il rito della Chiesa, viene impressionata e comprende più che se avesse ricevuto prima un’istruzione. La ragione risiede nel fatto che nei misteri-sacramenti c’è la potenza divina, che è più importante delle parole umane».

In che modo l’infinito mistero dei sacramenti deriva dall’Eucaristia? E quale rapporto li lega?

«(…)Una persona prima è presente e poi agisce. Se non si crede, dunque, prima alla presenza, come si può credere all’azione? I sacramenti sono le azioni di Colui che è presente; ma se non si crede a Colui che è presente, non si crede nemmeno alle sue azioni. Ecco allora che bisogna, prima di tutto, affermare che nei sacramenti il Signore Gesù è presente; in secondo luogo, che nei sacramenti il Signore Gesù agisce, con tutti i suoi misteri, dall’incarnazione all’ascensione; ma se non ci fosse la presenza, non ci sarebbe neppure l’azione. A questo punto comprendiamo perché tutti i sacramenti dipendono dal grande sacramento dell’eucaristia, che è il sacramento della presenza. Tutti i sacramenti sono quindi collegati: conducono o riconducono all’eucaristia. (…) Tutti i sacramenti hanno come fine l’eucaristia, lo afferma san Tommaso d’Aquino. Il battesimo serve a riceverla; la confermazione a perfezionarci per non rimanerne privi; la penitenza e l’unzione degli infermi ci preparano a riceverla degnamente; l’ordine conferisce il potere di celebrarla, e il matrimonio a esprimere l’unione tra Gesù e la Chiesa che si attua appunto nell’eucaristia. Dall’eucaristia i sacramenti attingono la grazia che donano; infatti, solo l’eucaristia ha la virtù o potenza di conferire la grazia».

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