Secondo una recente indagine scientifica, chi frequenta regolarmente la Chiesa è più soddisfatto della sua vita amorosa e sessuale, rispetto a chi non lo fa. Il beneficio dell’attivo coinvolgimento religioso con la positività della personale vita affettiva e sessuale, hanno scritto i ricercatori, «è in linea con precedenti studi che associano l’impegno religioso ad una migliore salute mentale, una maggiore soddisfazione di vita e migliori relazioni sessuali in generale». Abbiamo raccolto la maggior parte di queste ricerche in uno specifico dossier.
Il nuovo studio è stato pubblicato sulla rivista Applied Research in Quality of Life, ed è stata realizzata da due psicologi dell’Università di Porto, in Portogallo, Félix Neto e Maria da Conceição Pinto. Nell’ottobre 2013 avevamo informato di un’altra ricerca, questa volta americana, in cui si rilevava un tasso di sessualità più piacevole e più frequente tra le persone sposate che frequentano la chiesa almeno una volta a settimana, perché per avere un rapporto sessuale soddisfacente è necessario coinvolgere tutto noi stessi: fisicità, dimensione relazionale e spiritualità.
Riteniamo siano dati importanti, sopratutto perché riguardano una tematica di cui la modernità è ossessionata, cioè la sessualità. Queste indagini mostrano che non è affatto lo spirito libertino, come molti erroneamente credono, a portare una vera soddisfazione sessuale, anzi forse contribuisce ad esasperare gli istinti. Secondo uno studio pubblicato negli atti della “National Academy of Sciences”, di cui abbiamo parlato nel 2014, il benessere psico-fisico è infatti posto all’opposto dell’immediato piacere egoistico ed edonistico, il quale invece deriva dal «condividere attivamente i valori legati alla famiglia, alla cultura, e alla moralità». Chi beneficia davvero della sessualità è chi concepisce che il sesso non è soltanto sesso, ma è un dono, uno dei tanti strumenti dell’espressione amorosa della coppia.
I migliori amanti, ci dicono le ricerche, sono coloro che prendono sul serio la sessualità, che non giocano con il proprio corpo e con quello altrui, non usano i corpi e i genitali come meri oggetti di piacere. La Chiesa insegna che il sesso tra coniugi è un dono di Dio ed ha una finalità unitiva, non necessariamente legata a quella procreativa. Ovvero, è falsa la leggenda anticlericale che i cattolici facciano sesso solo per riprodursi. A tutti i fidanzati che frequentano i corsi prematrimoniali nelle parrocchie, viene infatti insegnato l’utilizzo dei metodi naturali per la regolamentazione della fertilità, che non vanno affatto definiti metodi contraccettivi (qui le differenze). Nel 1968, Paolo VI scriveva nell’enciclica Humanae Vitae: «La Chiesa è coerente con se stessa sia quando ritiene lecito il ricorso ai periodi infecondi, sia quando condanna come sempre illecito l’uso dei mezzi direttamente contrari alla fecondazione». Dietro la denigrazione mediatica di tali metodi, ci sono anche le multinazionali della contraccezione, come è stato suggerito. In realtà sono metodi, oltre che leciti per la morale cattolica, anche assolutamente efficaci come abbiamo già dimostrato, altri studi sono stati citati dalla dott.ssa Paola Pellicanò. Addirittura nel 2012 la Georgetown University ha inventato il Standard Days Method, dimostratosi efficace al 95%.
Nella relazione finale del Sinodo sulla Famiglia del 2015, si legge: «Per amore alla dignità della persona, la Chiesa rigetta con tutte le sue forze gli interventi coercitivi dello Stato a favore di contraccezione, sterilizzazione o addirittura aborto. Il ricorso ai metodi fondati sui ritmi naturali di fecondità andrà incoraggiato. Si metterà in luce che questi metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica».