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La misericordia di dare a una madre del tempo per se stessa

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Maria Garbis Davis - pubblicato il 06/04/16

La più grande realizzazione: essere mamma significa abbandonare per sempre la solitudine
15) Offriti di fare il babysitter per una mamma indaffarata perché possa prendersi un paio d’ore per sé — “54 modi per essere misericordiosi durante l’Anno Giubilare della Misericordia”

Ho sempre voluto essere una mamma. Sempre. Sono certa di aver terrorizzato molti potenziali spasimanti ammettendo apertamente di desiderare lo schiamazzo di tanti ragazzini. O perlomeno il numero minimo per formare una squadra di baseball competitiva.

Il mio primo figlio è nato alla tarda età di 30 anni ed ero entusiasta. Finalmente mi sentivo con uno scop0 nella vita. Finalmente ho potuto prendere il mio posto con le altre mamme al cortile di gioco e unirmi al loro scherzare sul dentino perso di Johnny e sulle prime parole di Janey. Da babysitter provetta nella mia giovinezza, avevo fiducia nelle mie capacità di tranquillizzare anche il bambino più difficile ed ero certa che sarebbe stato naturale per me educare i figli.

Ma poi è finita la carta igienica.

Sapevo che avrei dovuto comprarne un po’, ma sapevo anche che avrebbe significato portare questo piccolo fagotto nel mondo, per la prima, da sola. Totalmente sola. Ho guardato al sedile della macchina e poi al bambino. Al bambino, e poi di nuovo al sedile. Mi sono seduta pensando intensamente a quali oggetti di uso domestico quotidiano avrebbero potuto sostituire la carta igienica. Mi sono venute in mente alcune opzioni creative, ma sapeva che l’inevitabile non poteva essere evitato. Era iniziato quindi il lungo viaggio verso Target, a cinque isolati da lì.

Quasi subito mio figlio ha iniziato a piagnucolare. Il piagnucolio è poi diventato pianto. Che si è subito e inesorabilmente trasformato in un piagnisteo isterico. Sentivo un livello di ansia pazzesco. Ogni minuto mi sembrava un’eternità. Non riuscivo a sostenere le urla insistente. E quando il viaggio-tortura di sei minuti  è finito mi sono trovata a reggere tra le braccia un bambino che urlava, mentre io imprecavo nel parcheggio pienissimo. Ero sopraffatta dalla consapevolezza che la mia situazione era permanente: dovunque andassi, qualsiasi cosa facessi, avrei avuto questo bambino con me. Per sempre. Erano finiti i miei giorni spensierati in cui vagavo da un negozio all’altro a mio piacimento, i miei giorni in cui potevo cambiare i piani per un capriccio e senza preavviso. Non sarei più stata sola.

Mi ricordo bene la prima volta in cui una volta un’amica si è offerta di prendersi cura di mio figlio. C’è voluta un po’ di insistenza, ma alla fine ho ceduto, ho lasciato il mio prezioso fagotto e mi sono avventurata per il mondo. Sebbene fossi stata ancora un po’ insicura nel momento in cui ho preso la macchina, mi sono poi sentita subito rinvigorita; ho messo “Free Fallin’” alla radio, ho comprato un caffè e ho vagato senza meta. Sentirmi di nuovo me stessa è stata una doccia rinvigorente. E quando l’ora è passata, ero dolcemente sorpresa di quanto fossi entusiasta di poter riabbracciare il mio piccolo e di poter tornare ad essere tutto per lui.

Dieci anni sono volati ed eccoci qui ad altri tre figli. Sì, l’amore si è piacevolmente moltiplicato ma con esso anche le esigenze di tempo ed attenzione. E sebbene occasionalmente mi prenda delle ore libere dalla ciurma, assumo regolarmente delle babysitter per necessità, visti gli impegni di scuola o di lavoro. Ma quelle poche volte in cui sono stata benedetta da un’amica che si offerta di permettere a questa madre “in panne” di prendersi del tempo per se stessa, ci sono stati effetti duraturi nel mio comportamento e aspetto. E tutta la mia famiglia ha percepito il beneficio di questi momenti. Aiutare una madre a ricaricare le sue batteria emotive è un dono in qualche modo torna sempre indietro.

In questo Anno della Misericordia, dare a una madre impegnata del tempo fuori programma per se stessa è davvero un dono a tutta la sua famiglia. Non permetterle di rifiutare e non aspettare che sia lei a chiederlo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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