È stata la pornografia? O forse la droga? Cos'è che ci ha fatto perdere nostro figlio, immerso nel suo mondo isolato?
Quando nostro figlio di 16 anni si è ritirato nella sua camera, appena dopo cena, rinchiudendosi nella totale oscurità con la luce del suo computer come unica compagnia, mio marito ha scosso la testa chiedendosi: “Pornografia?”
Quando i suoi voti sono scesi e ha iniziato a non fare i compiti e a snobbare i suoi amici, ho guardato mio marito e gli ho detto: “Sono forse le droghe?”
Abbiamo perquisito la sua stanza e analizzato la cronologia del suo computer: l’unica cosa che abbiamo trovato è stato un panino mezzo mangiato sotto al letto (pensiamo sia tacchino), l’unica cosa che abbiamo scoperto è stato che ascoltava molto il cantautore Weird Al su YouTube.
Gli abbiamo chiesto cosa stesse succedendo. Ha scrollato le spalle guardando il pavimento e ha mormorato: “Niente…”
Poche settimane dopo ha iniziato a sgattaiolare dalla porta d’ingresso per andare al torrente in fondo alla strada. Lo abbiamo quindi seguito per vedere cosa stesse succedendo, e lo abbiamo visto accovacciarsi nella boscaglia e camminare furtivamente di albero in albero. Suo padre ha scosso la testa, facendo segno di andare via, e ha detto: “Tuo figlio è proprio fuori di testa”.
Non abbiamo più visto i suoi amici aggirarsi intorno a casa nostra. I suoi professori ci hanno mandato continuamente e-mail per avvisarci dei compiti non fatti. Gli esami di algebra erano andati malissimo e lui stava per essere bocciato in chimica. Il cammino intrapreso lo avrebbe portato verso la bocciatura e verso la delinquenza giovanile. Io e mio marito brancolavamo nel buio, senza alcuna soluzione al mistero di cosa fosse successo a nostro figlio.
La scorsa notte c’è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ero in cucina, con in mano il risultato disastroso dell’ultimo compito in classe. Gliene ho dette quattro. Ho permesso alla mia frustrazione di avere la meglio e gliel’ho sbattuta in faccia. Lui è rimasto in piedi di fronte a me, con la testa chinata, mordendosi le labbra e scaricando tutto il peso del corpo su una sola gamba.
“Sei un buono a nulla!”, ho urlato. “Cosa diamine hai da fare di più importante che provare a superare il secondo anno di liceo?”
Senza guardarmi neanche, ha sussurrato: “Ho scritto un libro”.
L’ho guardato, interdetta. “Cosa?”
“Ho scritto un libro. Lo scorso autunno”.
L’ho guardato intensamente. La rabbia ha lasciato il posto alla più completa confusione. “Un libro? Quanto lungo?”