Ora mi rendo conto di come le mie scelte abbiano portato a più sofferenza, di come l’effetto domino scateni un crollo generaleAvete mai pensato a cosa deve aver provocato la morte di Abele nel cuore di Eva? A come deve aver guardato a bocca aperta il figlio morto sapendo che la sua morte è stata alla fin fine la conseguenza della propria scelta?
Non ho mai pensato al fatto che le mie scelte sarebbero state la causa del dolore dei miei figli. Ero io a dover vivere la mia vita, giusto? Nessuno poteva dirmi quello che dovevo fare. Cercavo la felicità in qualsiasi modo la potessi trovare, senza alcuna considerazione del danno che potevo arrecare ai miei figli – come se non sarebbero mai diventati adolescenti o adulti che avrebbero compiuto delle scelte basate sul dolore come avevo fatto io.
Ora mi rendo conto che le mie scelte hanno portato a più sofferenza, come un domino a cui si dà un colpetto scatenando un effetto devastante.
Sono un’adulta cresciuta senza padre. Non l’ho mai incontrato. Conosco a malapena il suo nome e non ho mai visto una sua fotografia né ho ascoltato storie su di lui raccontate da mia madre o da chiunque altro lo abbia conosciuto. So che mio nonno gli voleva bene, che era amico del mio padrino e della mia madrina – il che è il motivo per il quale sono il mio padrino e la mia madrina – e che aveva una sorella che è stata stuprata da una gang di bianchi i cui membri l’hanno fatta franca. Oh, so anche che sapeva di me e che aveva promesso di tornare per me e per mia madre, ma non l’ha mai fatto. Da bambina sedevo per ore sognando ad occhi aperti le avventure che doveva vivere, che gli impedivano di tornare da noi. Mi raccontavo quelle storie e poi iniziavo a riferirle a scuola in ogni occasione in cui era ovvio che fossi senza padre.
Sono grata per la mia vita e so che mia madre ha fatto il meglio che poteva per allevarmi, ma niente può sostituire mio padre. I “predatori” individuavano la mia ferita a un chilometro di distanza, e se ne sono approfittati un’infinità di volte. Ma il dolore più grande che ha provocato questa ferita è quello che provano i miei figli.
Il fatto di cercare un padre mi ha portato a inserire gran parte della mia “disfunzione” nei miei rapporti. Ho avuto liti accanite con praticamente chiunque nella mia vita, e spesso quegli scontri sono avvenuti davanti ai bambini. I miei figli mi hanno vista nei momenti di massima rabbia e mi hanno sentita dire cose malvagie alle persone che dico di amare e da cui sono ricambiata.
Il mio ex marito mi picchiava, ma non era l’unico colpevole del nostro rapporto. È responsabile delle sue azioni e delle sue scelte, ma anch’io sono responsabile delle mie. In tutti i nostri litigi, arrivavamo sempre al punto in cui dicevo cose che sapevo lo avrebbero ferito. Non ero abbastanza forte da infliggergli del dolore a livello fisico, ma lo facevo verbalmente. E i nostri figli avevano un posto in prima fila. Iniziavamo a discutere e svegliavamo i figli con le nostre grida. Li tiravo fuori dal letto e dicevo che me ne sarei andata per sempre, finendo poi per tornare con lui pochi giorni – se non poche ore – dopo. Non riesco a immaginare quanto potesse confondere dei piccoli esseri umani o cos’abbia insegnato loro. So che adesso sembrano sconcertati dalla stabilità perché per loro è normale uno stato di agitazione.
Quando sono diventata cattolica e mi sono unita in matrimonio a livello sacramentale con un altro uomo, ho pensato che tutto sarebbe andato magicamente bene, ma non avevo affrontato i traumi della mia infanzia o assunto la responsabilità delle mie azioni. Incolpavo chiunque altro, le circostanze della vita, le persone bianche, la povertà e una serie infinita di altre cose, e poi pensavo che Gesù avrebbe preso su di sé tutto questo e che da quel momento in poi sarei vissuta felice per sempre.
Dio è buono, è vero, ma dobbiamo lavorare sulle nostre ferite. La conversione non è un pass gratuito che distrugge i modelli di comportamento sbagliato. L’ho capito quando il mio nuovo marito ed io abbiamo iniziato a litigare e ho cominciato ad agire con lui come facevo con il mio ex. Era come se riuscissi a mettermi al di fuori della situazione e a vedere tutto dall’esterno.
Sono andata a cercare aiuto da una terapeuta cattolica, che non solo mi ha guidata nell’affrontare le cose che facevano sì che agissi con quella rabbia, ma ha anche aiutato i miei tre figli più piccoli a guarire da anni di disfunzione. Mio figlio maggiore non è stato così fortunato. Quando ho iniziato ad andare in terapia aveva 21 anni e se ne era andato di casa per costruirsi la propria famiglia, cercando di spezzare il cerchio da sé.
Ho imparato molto sulla prospettiva dei miei figli. Non è stato facile ascoltare i più piccoli mentre parlavano in terapia, o leggere gli scritti del mio figlio maggiore sulle interpretazioni di ciò che accadeva quando erano piccoli. Guardando indietro sulla base della mia guarigione, vedo tutti i momenti in cui ho fallito nell’essere la madre, moglie e matrigna migliore e come questo ha influito sulla vita di questi sette bambini e ora influisce su quella dei loro figli.
Dobbiamo assumerci la responsabilità e spezzare il cerchio – smettere di dare un colpetto alla prima tessera del domino. Non farlo ci rende responsabili del dolore dei nostri figli man mano che diventano anche loro adulti e genitori.
Dio è buono. Visto che questo è vero, c’è un aiuto lì fuori che ci aspetta.
Leticia Ochoa Adams contribuisce regolarmente al Jennifer Fulwiler Show su The Catholic Channel di Sirius XM. Scrive su http://www.letiadams.com e ha un blog su patheos.com.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]